Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14268 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 08/07/2020), n.14268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15718/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), in persona del curatore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Moroni, con

domicilio eletto presso l’Avv. Angelo Molinaro, con studio in Roma,

via Ludovisi n. 16;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 46/50/2012, pronunciata il 30 marzo 2012 e depositata

il 24 aprile 2012;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 ottobre 2019

dal Consigliere Dott. Antezza Fabio;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 51/13/2010 della CTP di Varese. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di cartella di pagamento e di avviso di sospensione del rimborso IVA.

2. Dagli atti di parte nonchè dalla sentenza impugnata emerge quanto segue circa i fatti di causa.

2.1. La contribuente presentò istanza di rimborso IVA producendo la relativa documentazione dalla quale emersero errori materiali nella compilazione di taluni righi del mod. 770 del 2005 (per l’esercizio 2004), consistenti nell’indicazione di ritenute operate ai dipendenti nel corso del 2004 ma in realtà insussistenti a cagione del mancato pagamento degli stipendi (così esponendo debiti invece inesistenti).

L’Amministrazione, quindi, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis, iscrisse a ruolo i maggiori tributi da recuperare (oltre sanzioni, interessi e diritti di riscossione) ed emise provvedimento di sospensione del richiesto rimborso IVA. Il contribuente, invece, presentò (nel 2007) dichiarazione integrativa (a proprio favore) al fine di emendare gli errori materiali di cui innanzi, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ex art. 2, commi 8 ed 8 bis, ed impugnò innanzi al Giudice tributario entrambi i citati provvedimenti.

3. La CTP, con statuizione confermata in appello, accolse il ricorso ritenendo provato in giudizio che trattavasi di errore materiale, consistito nell’indicazione, come effettuate, di ritenute non operate in ragione della mancata corresponsione degli stipendi in favore dei lavoratori, circostanza peraltro non contraddetta ed anzi esplicitamente ritenuta pacifica non solo dalle sentenze di merito ma anche dalla stessa Amministrazione ricorrente (oltre che dal controricorrente).

4. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, rigettò l’appello dell’Amministrazione fondato sulla decadenza del contribuente dalla presentazione della dichiarazione integrativa (a suo favore) di quella presentata nel 2005 (periodo d’imposta 2004) in quanto presentata (nel 2007) oltre il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis (coincidente con il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo).

In particolare, la Commissione regionale, contrariamente a quanto sostenuto dall’A.E., ritenne non decorso il termine di cui innanzi in quanto per le dichiarazioni integrative, tanto a favore (come nella specie) quanto a sfavore del contribuente, avrebbe dovuto operare il

più ampio termine coincidente con quello attribuito

all’Amministrazione per l’accertamento (di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43). Il termine (per la proposizione della dichiarazione integrativa a favore del contribuente), coincidente con il termine della presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, a detta della CTR, avrebbe avuto rilievo solo al fine dell’utilizzo in compensazione del credito relativo al periodo d’imposta di cui alla dichiarazione integrativa (del citato art. 2, ex comma 8 bis).

Il Giudice d’appello, comunque, face esplicita applicazione del “principio di emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione” anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria (pag. 3 sent. impugnata).

5. Contro la sentenza d’appello I’A.E. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, il contribuente si difende con controricorso sostenuto da memoria (instando per l’inammissibilità della doglianza ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, e, comunque, per il rigetto), mentre la Procura Generale presenta conclusioni scritte in termini di rigetto dell’impugnazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, commi 8 ed 8 bis, del D.P.R. n. 322 del 1998.

In sostanza, il ricorrente evidenzia che, nella specie, come peraltro accertato nel giudizio di primo grado, trattavasi di dichiarazione integrativa in favore del contribuente (del 2007) volta ad emendare l’errore materiale presente nella dichiarazione del 2005 (per l’esercizio 2004), consistito nell’indicazione, come effettuate, di ritenute non operate in ragione della mancata corresponsione degli stipendi in favore dei lavoratori.

Premesso ciò, con la censura si critica la sentenza della CTR per aver ritenuto non decorso il termine di decadenza per la presentazione della dichiarazione integrativa in quanto, tanto per le dichiarazioni integrative a favore del contribuente quanto per quelle integrative a suo sfavore, avrebbe dovuto operare il più ampio termine coincidente con quello attribuito all’Amministrazione per l’accertamento (di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43).

2.1. Il motivo non è fondato, avendo comunque la CTR applicato esplicitamente il “principio di emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione” in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria (pag. 3 sent. impugnata). Come pacificamente ammesso anche dallo stesso ricorrente oltre che evidenziato dalla CTP, con statuizione sul punto non sindacata, e dalla CTR, il contribuente ha provato in giudizio che trattavasi di errore materiale, presente nella dichiarazione del 2005 (per l’esercizio 2004), consistito nell’indicazione, come effettuate, di ritenute non operate in ragione della mancata corresponsione degli stipendi in favore dei lavoratori.

Devono quindi applicarsi i principi di cui a Cass. Sez. U., 30/06/2016, n. 13378, Rv. 640206-01, intervenuta per risolvere un conflitto in seno a questa Corte, dai quali non vi è motivo per discostarsi.

La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è invece esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.

Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 è infine esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis.

Il contribuente, però, proseguono le citate Sezioni Unite, ed è quanto maggiormente rileva nella specie, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sul’obbligazione tributaria (cfr., Cass. Sez. U., 30/06/2016, n. 13378, Rv. 640206-01, e successive conformi, tra le quali: Cass. sez. 5, 11/05/2018, n. 11507, Rv. 648025-01; Cass. sez. 5, 30/10/2018, n. 27583, Rv. 650962-01; Cass. sez. 5, 28/11/2018, n. 30786, Rv. 651567-01).

3. In conclusione, il ricorso è rigettato, con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità, in ragione di quanto evidenziato circa il consolidarsi dell’attuale orientamento di questa Corte (circostanza che, peraltro, esclude la dedotta inammissibilità del motivo di ricorso ex art. 360 bis c.p.c., n. 1).

L’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione, trattandosi di Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esente dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (ex plurimis: Cass. sez. Cass. sez. 6-4, 29/01/2016, n. 1778, Rv. 638714-01; Cass. sez. 6-4, 05/11/2014, n. 23514, Rv. 633209-01; Cass. sez. 3, 14/03/2014, n. 5955, Rv. 630550-01).

PQM

rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 8 luglio 2020

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