Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14267 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. III, 25/05/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 25/05/2021), n.14267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32180-2018 proposto da:

F.A., F.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato

LEOPOLDO DI BONITO, rappresentati e difesi dall’avvocato EDOARDO

SABBATINO;

– ricorrenti –

e contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, a mezzo della BUSINESS PARTNER ITALIA

SOCIETA’ CONSORTILE PER AZIONI, rappresentata e difesa dall’avv.

Aldo Corvino;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4342/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/9/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27/9/2018 la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento del gravame interposto dalla società BNL s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Napoli n. 13927/2011, ha accolto (anche) la domanda di declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. originariamente proposta nei confronti dei sigg. F.A. e F. di declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. del contratto di compravendita del 13/10/2006 con il quale il primo aveva a quest’ultimo alienato la quota della metà di immobile sito in Napoli, di cui era comproprietario con la moglie C.G..

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i F. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso la società BNL s.p.a., che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 2901 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunziano “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti pongono a suo fondamento atti o documenti del giudizio di merito (in particolare, al contratto di “vendita intercorsa tra F.A. e F.F. con rogito notaio M. di Napoli datato (OMISSIS)”, alla “domanda proposta dall’Istituto di Credito”, ai “fatti che la Banca Nazionale del Lavoro ha posto a fondamento dell’azione intrapresa”, al “conto corrente n. 11545 regolato dalle relative clausole contrattuali”, ai “convenuti tassi di interessi creditori e debitori anche nella previsione di eventuale apertura di credito”, alla “fideiussione per la Max Moda s.a.s. di F.G…. rilasciata il 13 aprile 2006”, ai “cinque rapporti” intercorsi nell’anno 2007 “tra la Maxmoda s.a.s. di F.G. e la Banca Nazionale del Lavoro”, alla dichiarazione della Banca “in data 21 aprile 2008… di recedere da tutti i rapporti che esponevano un saldo passivo”, all'”atto di citazione notificato il 3 settembre 2008″) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove in tutto o in parte riprodotti (es., parte della sentenza di 1 grado, la “memoria di replica redatta in secondo grado”), fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua, non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare e intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 3/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Orbene, non sono sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono invero dall’odierna ricorrente non idoneamente censurati.

Non può per altro verso sottacersi nemmeno che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il requisito della sommaria esposizione dei fatti di causa non risulta infatti soddisfatto allorquando come nella specie vengano nel ricorso pedissequamente riprodotti (in tutto o in parte) atti e documenti del giudizio di merito (nel caso, la sentenza di 1 grado), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità (cfr. Cass., 8/5/2012, n. 6909), con l’eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 13/9/2019, n. 22856; Cass., 10/4/2019, n. 9989. E già Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), sicchè il ricorrente è al riguardo tenuto a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede l’intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698) il che distingue il ricorso di legittimità dalle impugnazioni di merito (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180).

La soluzione di fare rinvio per la sommaria esposizione del fatto alla sentenza impugnata, ovvero come nella specie a quella del giudice di prime cure in ogni caso non esime i ricorrenti dall’osservanza del requisito a pena di inammissibilità richiesto ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (v., da ultimo, Cass., 5/5/2021, n. 11717; Cass., 13/9/2019, n. 22856; Cass., 10/4/2019, n. 9989) nel caso – come detto – non osservato.

Va infine sottolineato che di là della formale intestazione dei motivi i ricorrenti deducono in realtà doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie vizi di motivazione o l’omesso e a fortiori l’erroneo esame di determinate emergenze processuali (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società BNL s.p.a., seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.400,00, di cui Euro 5.200,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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