Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14266 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. III, 25/05/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 25/05/2021), n.14266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10990-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato NICOLA SABATO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.S.;

– intimato –

Nonchè da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CRATI 20,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI SABATINI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente incidentale –

e contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE,

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 19100/2017 del Tribunale di ROMA, depositata

il 11/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato in data 9/4/2018, Roma Capitale (già Comune di Roma) chiede la cassazione della sentenza del Tribunale Civile di Roma n. 19100/2017, depositata in data 11/10/2017, pronunciata nel giudizio avviato da C.S. della medesima e nei confronti di Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. (già Equitalia Sud S.p.A.) e Agenzia delle Entrate – Riscossione (subentrata ex lege a Equitalia Servizi di riscossione S.p.A.). Il ricorso è affidato un motivo illustrato da memoria. Il sig. C. resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato alla decisione notificato in data 18/5/2018, illustrato da memoria. L’intimata Agenzia non ha notificato difese. Con conclusioni scritte del 10/2/2020 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato, ad eccezione del 2 motivo di cui chiede il rigetto.

1. Per quanto ancora d’interesse in questa sede, con ricorso dinanzi al Giudice di Pace di Roma, il sig. C. ha impugnato due cartelle esattoriali – di importo pari, rispettivamente, ad Euro 6.210,22 e Euro 18.839,76 – emesse dalla Società Equitalia Sud S.p.A. (poi Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., alla quale è succeduta l’Agenzia delle Entrate – Riscossione) in qualità di soggetto concessionario del servizio di riscossione per conto di Roma Capitale. Gli importi iscritti a ruolo ed incorporati nelle suddette cartelle esattoriali traevano origine da varie infrazioni al C.d.S.. L’attore assumeva che le cartelle non gli fossero mai state notificate, ma solo spedite a un indirizzo errato e così anche i provvedimenti presupposti delle cartelle – i sottostanti verbali di accertamento di violazioni al Codice della Strada -. Peraltro, adduceva di essere munito di regolare permesso di transito, qualora il motivo delle sanzioni fosse ricollegabile alla pretesa violazione di zone a traffico limitato. All’udienza di prima comparizione si costituiva Roma Capitale per contestare quanto ex adverso dedotto e contestualmente depositava documentazione in punto di notificazione dei verbali. Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 50545/14 ha rigettato l’opposizione, per aver il Comune convenuto prodotto in giudizio i verbali sottesi alle cartelle e le relate di notifica, ritenendo per altro verso che gli altri vizi dedotti fossero inammissibili in quanto deducibili solo come motivi di opposizione all’esecuzione ex art. 617 c.p.c..

2. Avverso la sentenza di prime cure, il sig. C. ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Roma, adducendo l’errata ammissione nel giudizio dei documenti prodotti da Roma Capitale, in violazione del termine decadenziale per la costituzione di 10 giorni prima dell’udienza di prima comparizione, previsto dal rito del lavoro applicabile al giudizio de quo. Si costituiva Roma Capitale rilevando, inter alia, i) la carenza di legittimazione passiva quanto alle domande dell’appellante rivolte contro le cartelle esattoriali emesse dalla concessionaria Equitalia, nonchè ii) l’inapplicabilità del rito del lavoro alla controversia de qua. Anche Equitalia, nel costituirsi, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva.

3. Il Tribunale di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha ritenuto l’appello fondato in quanto “il giudizio era stato instaurato ai sensi della L. n. 689 del 1981, trovando quindi applicazione il rito del lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 e dovendosi quindi ritenere tardiva la produzione documentale allegata alla costituzione avvenuta il giorno della prima udienza di comparizione delle parti”. Dunque, sull’assunto di una tempestiva produzione della prova della notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni, ha ritenuto gli illeciti estinti per violazione dei termini di cui all’art. 201 C.d.S.. Pertanto, in accoglimento dell’appello ha annullato le cartelle esattoriali di cui è causa e ha condannato gli appellati, in solido, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, ritenendoli entrambi passivamente legittimati, in ciò richiamando vari precedenti di questa Corte, tra cui Cass. n. 6411/2016.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. Con un unico motivo diversamente argomentato si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e ss., del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7 e dell’art. 416 c.p.c.. Secondo l’ente ricorrente, il Tribunale sarebbe incorso in un evidente errore interpretativo delle disposizioni normative che regolano l’opposizione alle cartelle esattoriali, in particolare per avere ritenuto che l’azione esperita fosse interamente disciplinata dal rito dettato dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e ss. non vertendosi – infatti – in materia di opposizione a ordinanze-ingiunzioni adottate dall’Ente creditore Roma Capitale, ma di cartelle esattoriali emesse dalla società concessionaria Equitalia, citando alcuni precedenti di questa Corte (Cass. 8704/2011, 4139/2010, 9894/2009, 4814/2008). In particolare, deduce che l’attore avrebbe dovuto esperire il rimedio previsto per l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. per quanto concerne le censure relative ai vizi formali e/o di notifica delle impugnate cartelle esattoriali e il rimedio previsto per l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. per quanto concerne le censure relative alla legittimità dell’iscrizione a ruolo per mancanza e/o invalidità dei titoli legittimanti la stessa. Pertanto, non potendo trovare applicazione la disciplina di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e ss. il richiamo del Tribunale alla disciplina D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6 e alla normativa sul rito del lavoro previsto in detta norma, sarebbe erroneo, atteso che l’opponente non avrebbe preventivamente impugnato i verbali di accertamento adottati da Roma Capitale, bensì le cartelle esattoriali emesse dal concessionario del servizio di riscossione. Rileva che, pur volendo ritenersi applicabile al caso di specie l’art. 7 menzionato, il Tribunale avrebbe comunque errato nel riferirsi a tutte le preclusioni e decadenze previste dal rito del lavoro, così ignorando la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Invoca, in particolare, la sentenza Cass., Sez. 6, Sentenza n. 16853 del 9/8/2016, secondo cui il termine di 10 giorni prima dell’udienza indicato per la PA per il deposito documentale al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 7, avrebbe natura ordinatoria e non perentoria (citando anche Cass., Sez. VI, 24/3/2015 n. 5828). In conclusione, secondo l’ente ricorrente, anche a voler ritenere correttamente effettuato dal Tribunale di Roma il richiamo alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e ss. e al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 ciononostante il Giudice di merito avrebbe palesemente errato nel ritenere applicabile alla fattispecie in contestazione le decadenze comminate dall’art. 416 c.p.c., alla luce della giurisprudenza di questa Corte in materia.

3. In via incidentale condizionata il controricorrente propone tre motivi di censura. Con il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992 e successive modificazioni, art. 201 per difetto di notificazione dei verbali di accertamento e conseguente decadenza dalle pretese sanzionatorie/impositive. Il ricorrente in via incidentale condizionata rileva che, ove si ritenessero tempestivi gli atti di costituzione ed il deposito documentale operato da Roma Capitale, le cartelle esattoriali impugnate dovrebbero parimenti essere annullate perchè nessun verbale fu ritualmente notificato nelle forme previste per la irreperibilità del destinatario, rientrante nella previsione dell’art. 143 c.p.c., per la cui applicabilità deve ricorrere l’impossibilità di individuare i detti luoghi, nonostante l’espletamento – a cura del soggetto che promuove la notificazione – delle indagini necessarie secondo l’ordinaria diligenza. In conclusione, la notifica avrebbe dovuto essere fatta ai sensi dell’art. 143 c.p.c. e non ex art. 140 c.p.c., dunque, poichè non precedute da valida notificazione dei relativi verbali di violazione al Codice della Strada, le cartelle dovrebbero essere annullate in applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201 nonchè in virtù dei giudicati formatisi tra le parti con nove sentenze precedenti. Con il secondo motivo denuncia la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 1, e dell’art. 416 c.p.c., nonchè la violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 Cost. e del diritto di difesa del ricorrente ex art. 25 Cost., ovvero l’erronea gestione del processo da parte del Giudice di Pace con la sentenza successivamente annullata dal Tribunale in funzione di giudice dell’appello. In particolare, rileva le seguenti violazioni in rito: in primo luogo, il GdP non avrebbe rilevato la tardività della costituzione del Comune impositore D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6, comma 1, così compromettendo il diritto di difesa dell’opponente avendo immediatamente trattenuto, nella stessa prima udienza, la causa in decisione senza neppure dare un termine per note e senza invitare le parti a precisare le conclusioni o a discutere la causa; in secondo luogo, il GdP avrebbe fondato la sentenza su documenti inammissibili perchè tardivi, ed avrebbe ascritto all’opponente una mancata contestazione degli stessi senza, tuttavia, concedergli il tempo tecnico per effettuare tale contestazione, avendo per l’appunto – trattenuto la causa in decisione alla stessa udienza nella quale il Comune aveva tardivamente prodotto la copiosissima (125 verbali) documentazione. Tale gestione del processo sarebbe, in tesi del ricorrente, in aperta violazione dei principi a tutela del contraddittorio ex artt. 25 e 101 Cost., nonchè del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 1, e art. 416 c.p.c.. Con il terzo motivo censura la violazione dell’art. 115 c.p.c. rilevando che il GdP non avrebbe dato la possibilità all’attuale ricorrente incidentale di leggere la massa di atti depositati dal Comune la stessa mattina dell’udienza e, dunque, ha ritenuto che lo stesso non avesse specificamente contestato le relate di notificazione. Deduce di non aver avuto la possibilità di contestarle specificamente proprio a causa della tardività della produzione della documentazione da parte di Roma Capitale. Così, senza invitare le parti a precisare le conclusioni o a discutere la causa, quindi pregiudicando irrimediabilmente il contraddittorio, il GdP avrebbe trattenuto la causa in decisione sulla base di una inesistente non contestazione che non aveva dato modo di effettuare. Dunque, in violazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., u.c.. Infine, ritiene che il GdP non avrebbe neppure letto le relate in parola in quanto nessuna delle stesse avrebbe costituito valida notificazione e, quindi, in definitiva avrebbe deciso contro alligata et probata.

4. Il motivo di ricorso principale è infondato, quanto al primo punto della censura relativo al rito applicabile alla fattispecie de qua, là dove il Tribunale ha ritenuto che l’azione di opposizione alle cartelle esattoriali in materia di sanzioni pecuniarie per violazioni al C.d.S. debba essere regolata dal rito del lavoro allorchè dall’opponente venga eccepita l’estinzione della sanzione per vizio di mancata notifica della violazione amministrativa, incorporata nella cartella esattoriale. Ciò in forza del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 (il richiamo all’art. 6 fatto dal giudice deve essere in tali termini corretto perchè più generalmente riferito alle opposizioni alle sanzioni amministrative di cui alla L. n. 689 del 1981), il quale prevede che “Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del C.d.S. di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204-bis sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo”.

5. Il motivo è fondato là dove il giudice di merito ha ritenuto tardiva la produzione documentale effettuata dall’ente impositore alla prima udienza di comparizione, non tenendo conto della disciplina speciale applicabile al caso di specie.

5.1. Quanto al rito previsto per regolare la fattispecie in esame, il giudice a quo ha applicato un principio confermato dalle Sezioni Unite di questa Corte là dove in sede di opposizione all’esecuzione sia sostanzialmente in discussione la mancata notifica delle sanzioni applicate e racchiuse nelle cartelle esattoriali, l’opposizione delle quali resta disciplinata dal rito previsto per l’opposizione alle sanzioni amministrative, avendo per oggetto l’avvenuta estinzione della pretesa amministrativa. Non rilevano, dunque, le altre questioni correlate all’opposizione agli atti esecutivi dichiarata inammissibile, non oggetto della presente impugnazione.

5.2. E invero, sulla questione qui in esame le Sezioni Unite di questa Corte, in epoca coeva alla pronunciata sentenza qui impugnata, risolvendo un contrasto giurisprudenziale sul punto, hanno enunciato un principio di diritto in base al quale: “L’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria, comminata per violazione del C.d.S., ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata, in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione, deve essere proposta ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 e non nelle forme dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., e, pertanto, entro trenta giorni dalla notificazione della cartella” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 22080 del 22/9/2017; successivamente, Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 26843 del 23/10/2018).

5.3. Si è così inteso risolvere un contrasto formatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità proprio in ordine al rimedio esperibile a fronte della notifica della cartella esattoriale per il pagamento di sanzioni amministrative relative a violazioni del C.d.S., per l’ipotesi nella quale l’interessato deduca che il verbale di accertamento dell’infrazione non gli sia stato notificato o sia stato notificato tardivamente ovvero oltre il termine di legge, provocando l’estinzione della violazione amministrativa. In via definitiva, dunque, si è confermato il precedente orientamento (v. Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 16282 del 4/8/2016; Sez. 3, Sentenza n. 1985 del 29/1/2014; Sez. 2, Sentenza n. 5871 del 13/3/2007) per cui il rimedio esperibile, in tali casi, è la opposizione cd. “recuperatoria” in senso ampio regolata dalla L. n. 689 del 1981, art. 22 – rectius, attualmente, dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 -, atteso che le contestazioni contro la formazione del titolo basate su fatti impeditivi alla formazione dello stesso, devono essere fatte valere con lo strumento predisposto dall’ordinamento per impedire la formazione del titolo, ove il soggetto passivo deduca di non avere avuto conoscenza del relativo procedimento di formazione, in modo da poter opporsi al verbale di accertamento o all’ordinanza-ingiunzione di pagamento. (Cfr. anche, Cass., Sez. 3 -, n. 16282 del 4/8/2016).

5.4. Quanto alla tempestività delle allegazioni della parte resistente, il motivo è invece fondato là dove l’ente impositore, rimasto soccombente nel secondo grado per motivi di rito attinenti alla rilevata tardività della sua costituzione nel giudizio di primo grado, adduce che il deposito della produzione documentale da parte dell’Amministrazione opposta, effettuato il giorno stesso della prima udienza di comparizione, non avrebbe dovuto considerarsi tardivo, come invece ritenuto dal giudice a quo intendendo in ciò impropriamente applicare le preclusioni previste tout court dal rito del lavoro, all’art. 416 c.p.c..

5.5. E invero, il giudice di merito ha mancato di confrontarsi con la disciplina relativa alla opposizione alla sanzione amministrativa, applicabile anche alla azione recuperatoria.

5.6. Sul punto, secondo il costante orientamento di questa Corte, si ritiene che “Il termine di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 7, per il deposito della documentazione strettamente connessa all’impugnazione non è, in difetto di espressa previsione, perentorio, a differenza di quello previsto dall’art. 416 c.p.c., che si applica, in virtù del richiamo operato dal comma 1 del medesimo art. 7, agli altri documenti depositati dall’Amministrazione” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15887 del 13/6/2019; Cass., 6 – 2, Sentenza n. 16853 del 9/8/2016; Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5828 del 24/3/2015; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 15324 del 5/7/2006).

5.7. Conseguentemente, la giurisprudenza ha ritenuto non tardivo il deposito da parte dell’Amministrazione della copia del rapporto, degli atti relativi all’accertamento nonchè alla contestazione o alla notificazione della violazione (Cfr., Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9545 del 18/4/2018).

5.8. Pertanto, in difetto di un espresso rinvio della normativa speciale in esame alla comminatoria decadenziale prevista dal rito del lavoro, previsto come applicabile “ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo”, la natura ordinatoria e non perentoria del termine di 10 giorni, previsto per il deposito dei documenti che la PA è comunque tenuta a depositare, deve intendersi riferita relativamente al deposito della produzione documentale strettamente connessa all’impugnazione, a differenza di quello previsto dall’art. 416 c.p.c. che invece si applica, in virtù del richiamo operato dal medesimo art. 7, comma 1 agli altri documenti depositati dall’Amministrazione, ove risulti che essa si sia tardivamente costituita rispetto a detto termine (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15887 del 13/6/2019).

5.9. La sentenza, pertanto, va cassata in relazione alla statuizione di inammissibilità dei documenti prodotti dalla parte opposta ai fini di verifica della procedura amministrativa intrapresa dall’ente impositore.

6. I tre motivi proposti in sede di ricorso incidentale condizionato vanno dichiarati assorbiti.

6.1. Difatti, i motivi attengono al merito della difesa dell’ente impositore che, per quanto vagliata dal giudice di primo grado, non è stata scrutinata da parte del giudice dell’appello, avendo egli ritenuto tardiva la costituzione dell’ente impositore e la produzione probatoria posta a fondamento della sua difesa. Su queste questioni, assorbite per effetto della pronuncia di inammissibilità delle prove addotte, in questa sede annullata, il giudice del rinvio sarà pertanto tenuto a pronunciarsi nel merito (cfr. SU 14382/2002).

7. Conclusivamente, il ricorso principale va per quanto di ragione accolto, assorbito il ricorso incidentale condizionato, con conseguente cassazione in relazione della sentenza impugnata e rinvio ad altro giudice del Tribunale di Roma per l’esame nel merito dell’impugnazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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