Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14266 del 14/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 14/06/2010, (ud. 20/10/2009, dep. 14/06/2010), n.14266
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
FRATELLI SPADAVECCHIA S.N.C. DI GIOVANNI SPADAVECCHIA & C.,
in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, Via Poggio Bustone n. 19, presso lo studio della
Dott.ssa Petronilla D’Aversa, rappresentata e difesa dall’avv.
MASTROPASQUA Nicolò;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Puglia, sez. 3, n. 19, depositata il 13.3.2007.
Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere Relatore Dott.
Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis
c.p.c., comma 3.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Premesso:
che la società contribuente propose ricorsi avverso avvisi di rettifica Iva, per gli anni 1994, 1995 e 1996, emessi dall’Agenzia, sulla scorta delle risultanze di p.v.c. della G.d.F., da cui emergevano cessioni di beni, regolarmente fatturate, non assoggettate ad Iva a norma del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, in quanto realizzate nei confronti di operatori Intracomunitari (Ditta Fogliarini, (OMISSIS); Ditta Harold, (OMISSIS); Ditta Patrick, (OMISSIS)), ritenuti, tuttavia, inesistenti poichè sconosciuti al sistema “Vies” ovvero identificati con partite Iva non conferenti o cessate;
che l’adita commissione tributaria, riuniti i ricorsi, li respinse, con decisione che, in esito all’appello della società contribuente, fu, tuttavia riformata dalla commissione regionale;
– che la decisione reca la motivazione che segue: “Così come e emerso dal verbale di constatazione della G.d.F., la società F.lli Spadavecchia s.n.c. ha emesso regolari fatture – sìa pure con alcune indicazioni errate – alle quali hanno fatto seguito regolari bonifici bancari per saldare le transazioni di compravendita. Non sussistono, pertanto, le violazioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, paventate dall’Ufficio. Nè vi e stato alcun intento fraudolento, così come è emerso anche dal processo penale nei confronti dei soci sigg. S.G. e A., per i quali il Giudice della Udienza Preliminare del Tribunale di Trani ha emesso la sentenza di non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste. Si e trattato semplicemente di errata indicazione dei codici identificativi delle aziende per mera negligenza da parte del loro rappresentante francese. Nè, per tale motivo, possono essere irrogate le sanzioni di cui agli avvisi di rettifica in oggetto, poichè per le mere violazioni formali, senza che consegua alcun debito d’imposta, come statuito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, non e dato comminarle”;
rilevato:
– che avverso la decisione di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione, in tre motivi, deducendo, con il primo, vizio di ultrapetizione e, con gli altri, vizi di motivazione.
che la società contribuente ha resistito con controricorso, deducendo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in diversa prospettiva;
osservato:
che il ricorso è ammissibile, posto: che il ricorso reca idonea identificazione della decisione impugnata attraverso l’esatta indicazione delle date di relative pronunzia e di deposito e la compiuta esposizione dell’oggetto del contendere; che, in presenza di rituale sottoscrizione dell’originale del ricorso, la mancata sottoscrizione della copia notificata non produce effetti invalidanti; che, in tema di impugnazione, per lo stretto collegamento intercorrente tra la norma dell’art. 327 c.p.c. e quella dell’art. 330 c.p.c., l’atto di impugnazione deve essere notificato in uno dei luoghi dai cui all’art. 330 c.p.c., comma 1, e non già personalmente alla parte, tutte le volte che trovi applicazione il termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c.,comma 1, mentre alla notifica alla parte personalmente deve farsi luogo dopo l’anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, nella ricorrenza della diversa situazione disciplinata dall’ultimo comma dello stesso art. 327 c.p.c. (cfr. Cass. 14756/07, 27713/05, 18572/04, 21514/03, 7278/95, SS.UU. 12593/93);
osservato inoltre:
– che i motivi di ricorso appaiono manifestamente fondati;
– che, quanto al primo, deve, invero, rilevarsi che l’esame degli atti e, in particolare, del ricorso introduttivo (imposto dalla natura della censura), rivela inequivocamente, che la società ricorrente non ha svolto alcuna impugnativa in merito alla contestazione relativa alle cessioni intervenute con la Ditta Harold di (OMISSIS), cosicchè la sentenza impugnata appare essere, in ogni caso, incorsa nella denunziata violazione nella parte in cui ha disposto l’integrale annullamento degli avvisi di rettifica impugnati;
– che, quanto agli ulteriori motivi, deve, invece, rilevarsi che il convincimento dei giudici del gravame, secondo cui tutto andrebbe ricondotto a mero errore nell’indicazione dei codici identificativi delle imprese cessionarie causato dalla negligenza del loro rappresentante francese, risulta affermato, nella sentenza impugnata, in termini di assoluta apoditticità, che, privi di qualsiasi riferimento ad elementi di concreto riscontro dell’assunto – ad eccezione di un rinvio meramente adesivo ed acritico, e perciò inidoneo (v. Cass. 2268/06, 24580/05, 11488/04, 2196/03, 18.296/02, 3066/02, 4510/00), alla motivazione della pronunzia del giudice penale (non vincolante in questa sede) – non offrono alcuna possibilità identificare e controllare la ratio della decisione;
ritenuto:
che, pertanto, il ricorso va accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria regionale della Puglia.
PQM
per tale motivo
irrogate le sanzioni di cui agli avvisi di rettifica in oggetto, poichè per le mere violazioni formali, senza che consegua alcun debito d’imposta, come statuito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, non e dato comminarle”;
rilevato:
– che avverso la decisione di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione, in tre motivi, deducendo, con il primo, vizio di ultrapetizione e, con gli altri, vizi di motivazione.
che la società contribuente ha resistito con controricorso, deducendo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in diversa prospettiva;
osservato:
che il ricorso è ammissibile, posto: che il ricorso reca idonea identificazione della decisione impugnata attraverso l’esatta indicazione delle date di relative pronunzia e di deposito e la compiuta esposizione dell’oggetto del contendere; che, in presenza di rituale sottoscrizione dell’originale del ricorso, la mancata sottoscrizione della copia notificata non produce effetti invalidanti; che, in tema di impugnazione, per lo stretto collegamento intercorrente tra la norma dell’art. 327 c.p.c. e quella dell’art. 330 c.p.c., l’atto di impugnazione deve essere notificato in uno dei luoghi dai cui all’art. 330 c.p.c., comma 1, e non già personalmente alla parte, tutte le volte che trovi applicazione il termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c.,comma 1, mentre alla notifica alla parte personalmente deve farsi luogo dopo l’anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, nella ricorrenza della diversa situazione disciplinata dall’ultimo comma dello stesso art. 327 c.p.c. (cfr. Cass. 14756/07, 27713/05, 18572/04, 21514/03, 7278/95, SS.UU. 12593/93);
osservato inoltre:
– che i motivi di ricorso appaiono manifestamente fondati;
– che, quanto al primo, deve, invero, rilevarsi che l’esame degli atti e, in particolare, del ricorso introduttivo (imposto dalla natura della censura), rivela inequivocamente, che la società ricorrente non ha svolto alcuna impugnativa in merito alla contestazione relativa alle cessioni intervenute con la Ditta Harold di (OMISSIS), cosicchè la sentenza impugnata appare essere, in ogni caso, incorsa nella denunziata violazione nella parte in cui ha disposto l’integrale annullamento degli avvisi di rettifica impugnati;
– che, quanto agli ulteriori motivi, deve, invece, rilevarsi che il convincimento dei giudici del gravame, secondo cui tutto andrebbe ricondotto a mero errore nell’indicazione dei codici identificativi delle imprese cessionarie causato dalla negligenza del loro rappresentante francese, risulta affermato, nella sentenza impugnata, in termini di assoluta apoditticità, che, privi di qualsiasi riferimento ad elementi di concreto riscontro dell’assunto – ad eccezione di un rinvio meramente adesivo ed acritico, e perciò inidoneo (v. Cass. 2268/06, 24580/05, 11488/04, 2196/03, 18.296/02, 3066/02, 4510/00), alla motivazione della pronunzia del giudice penale (non vincolante in questa sede) – non offrono alcuna possibilità identificare e controllare la ratio della decisione;
ritenuto:
che, pertanto, il ricorso va accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria regionale della Puglia.
P.Q.M. la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria regionale della Puglia.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2010