Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14261 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 25/05/2021), n.14261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15421-2020 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della COR I E. di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 1147/2020 CRONOL. del TRIBUNALE di

BRESCIA, depositato il 04/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con decreto n. 1147/2020 depositato il 4-3-20 e comunicato il 14-320 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di T.S., cittadino della Costa d’Avorio, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito il rigetto della relativa domanda da parte della competente Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale avanti alla Commissione Territoriale dichiarava di essere figlio di una donna affetta da malattia mentale e di essere fuggito dal suo Paese per timore di essere ucciso dalla nonna, che praticava la magia nera, mentre forniva una versione del tutto differente, circa le ragioni di fuga, in sede di audizione avanti al Collegio. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Costa d’Avorio, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,6,7, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avuto riguardo alla condizione delle persone affette da patologia mentale ed ai loro familiari nella Costa d’Avorio”; “2. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2”. Con il primo motivo deduce che il giudizio di non credibilità era stato espresso dal Tribunale senza esercitare il dovere di cooperazione istruttoria in ordine alla condizione sociale dei familiari di persone affette da disturbi mentali, a prescindere dalla manifestazione di condotte dissociative o disturbi della personalità, atteso che nel suo Paese l’insorgenza di disturbi mentali è ricondotta il più delle volte a spiriti maligni, gli ammalati e i loro parenti sono assoggettati a pratiche di “purificazione dell’anima” di natura gravemente discriminatoria, sì da giustificare il riconoscimento, ai soggetti appartenenti al suddetto gruppo di persone, dello status di rifugiato. Con il secondo motivo si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, lamentando la mancata considerazione da parte del Tribunale della sua giovane età e dell’assenza di una rete familiare di sostegno nel Paese di origine. Richiama la normativa di riferimento e la pronuncia di questa Corte n. 4455/2018, nonchè deduce che il Tribunale non ha effettuato il giudizio di bilanciamento considerando il grado di inserimento conseguito in Italia e documentato.

4. In via pregiudiziale, va dichiarata la tempestività dell’odierno ricorso, benchè notificato (il 7 giugno 2020) oltre il termine di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, rispetto alla data di comunicazione del decreto impugnato (14-3-2020), attese le misure adottate dal legislatore per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19, in particolare quanto disposto dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2020), che ha sospeso, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, successivamente allungato fino all’11 maggio 2020 dal D.L. n. 23 del 2020, art. 36 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 40 del 2020), il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.

5. Il primo motivo è inammissibile.

5.1. Le censure per un verso non hanno specifica attinenza al decisum e per altro verso sollecitano un riesame dei fatti allegati dal ricorrente. Il Tribunale ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente a cagione della sua fuga dal Paese, riferita in due versioni diverse e discordanti avanti alla Commissione Territoriale e in sede di audizione avanti al Collegio. In particolare il ricorrente, avanti alla Commissione Territoriale, dichiarava di essere figlio di una donna affetta da malattia mentale e di essere fuggito dal suo Paese, dopo essersi anch’egli ammalato, per timore di essere ucciso dalla nonna, che praticava la magia nera. Nel corso dell’audizione avanti al Tribunale riferiva di essere fuggito a causa delle minacce subite dal Sindaco del suo villaggio, il quale intendeva appropriarsi con la forza del fondo agricolo che rappresentava la sua fonte di sostentamento (così pag. 3 ricorso).

Tanto precisato, il ricorrente si duole del mancato esercizio di poteri istruttori ufficiosi in ordine alla condizione, nel suo Paese, delle persone affette da malattia mentale e dei familiari di dette persone. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine (tra le tante Cass. n. 16925/2020) e, nella specie, il ricorrente non svolge specifica censura m ordine alla violazione dei parametri legali suindicati, sollecitando, peraltro, inammissibilmente un riesame della vicenda fattuale.

6. Anche il secondo motivo è inammissibile.

6.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

6.2. Ciò posto, il ricorrente, nel censurare sub specie del vizio di violazione di legge la statuizione di diniego della protezione umanitaria, svolge deduzioni generiche, con riferimento alla situazione del suo Paese, che assume non adeguatamente valutata, e prive di concreti riferimenti alla sua personale condizione, anche riguardo al livello di integrazione in Italia, che assume essere documentato senza altro precisare. Il ricorrente non esprime specifiche critiche al percorso argomentativo del Tribunale, che ha esaminato i fatti allegati a supporto della richiesta di protezione umanitaria, anche in ordine al percorso di integrazione ed alla situazione della Costa d’Avorio, ed ha ritenuto insussistente ogni profilo di vulnerabilità. La situazione del Paese di origine prospettata in termini generali ed astratti, come nel caso di specie, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018) e la censura si risolve, sotto altro profilo di inammissibilità, in una sostanziale richiesta di riesame del merito. 7. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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