Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14261 del 13/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 13/07/2016, (ud. 03/02/2016, dep. 13/07/2016), n.14261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9642/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.E., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ORAZIO 31,

presso lo studio dell’avvocato COSTANTINO TONELLI CONTI, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 72/2009 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 18/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito per il controricorrente l’Avvocato TONELLI CONTI che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso affidato a tre motivi, l’Agenzia delle entrate impugna la sentenza n. 72/1/09 del 18.2.2009 con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello principale della contribuente e rigettato quello incidentale dell’amministrazione finanziaria contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva parzialmente annullato – limitatamente all’Irap, ritenendo insussistente il relativo presupposto impositivo per difetto di autonoma organizzazione nella professione di avvocato esercitata dalla contribuente F.E. – la cartella esattoriale emessa a seguito di controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, per omessi versamenti di Irap, Irpef, Iva e Addizionale regionale, disattendendo invece la censura formale relativa alla mancanza della prescritta comunicazione di irregolarita’ di cui al terzo comma dello stesso art. 36-bis cit., anche ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5.

Il giudice d’appello, rilevato il difetto di prova dell’asserito invio della suddetta comunicazione all’intermediario della contribuente, ne ha fatto discendere l’illegittimita’ della cartella, trattandosi di adempimento essenziale ed imprescindibile perche’ diretto, in ossequio ai principi di buona fede e correttezza fissati nello Statuto dei diritti del contribuente, a portare quest’ultimo a conoscenza degli errori commessi.

Nel merito, l’insussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, richiesta ai fini Irap dal D.Lgs. n. 447 del 1997, art. 2, e’ stata affermata sia in concreto – perche’ l’attivita’ di avvocato era svolta dalla contribuente senza “mezzi strumentali di entita’ elevata e senza l’ausilio di personale dipendente” – sia in astratto, risultando essenziale ai fini dell’attivita’ del professionista intellettuale la sua presenza personale.

La contribuente intimata ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo denunzia “violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” ad opera della sentenza impugnata, laddove e’ stata ritenuta affetta da nullita’ la cartella non preceduta dalla comunicazione di cui al terzo comma del citato art. 36-bis, la quale e’ invece richiesta “solo nel caso in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, che rendano, come tali, necessario instaurare il contraddittorio con il contribuente, al fine di acquisire necessari chiarimenti, rimanendo altrimenti frustrati i principi di correttezza e buona fede”.

1.1. Il motivo e’ fondato.

1.2. Invero, nella giurisprudenza di questa Corte e’ consolidato il principio secondo cui la notifica della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato e’ legittima anche se non e’ stata preventivamente inoltrata la comunicazione preventiva, ogni qual volta la pretesa derivi – come nel caso di specie – dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente, ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo e’ necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarita’ dichiarativa non vi e’ alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, se non “sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (ex multis, Cass., sez. 6-5, nn. 3154/15 e 42/14; Cass. sez. 5, nn. 17396/10, 26316/10, 795/11, 7536/11, 2024/14, 15312/14, 3153/15, 8154/15, 15640/15, 565/16, 12778/16).

2. Il secondo mezzo denunzia “violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per avere la C.T.R. ritenuto in via di principio che l’Irap non sia applicabile nel caso di professioni intellettuali.

2.1. Il motivo e’ inammissibile perche’ trascura l’ulteriore ratio decidendi della pronuncia, in base alla quale il giudice d’appello ha ritenuto insussistente in concreto il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, ai fini Irap. 3. Il terzo motivo censura infine la “insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, per avere la C.T.R. “omesso ogni valutazione” sull’incidenza che le “spese relative agli immobili” ed i “compensi corrisposti a terzi” avevano sull’attivita’ lavorativa della contribuente.

3.1. La censura merita accoglimento, in quanto l’insussistenza, in concreto, del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione ai fini Irap risulta genericamente motivata solo sulla base dell’affermazione per cui “nel caso a quo l’attivita’ viene svolta con l’utilizzo di beni strumentali assai modesti e senza l’ausilio di alcun collaboratore”, meritando invece una piu’ compiuta disamina degli elementi di fatto sottoposti al vaglio giudiziale dall’amministrazione finanziaria, come riepilogati alle pagine 8 e 9 del ricorso.

4. In conclusione, il ricorso va accolto con rimessione della causa al giudice d’appello, in diversa composizione, che provvedera’ anche a regolare e spese processuali del giudizio di legittimita’.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2016

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