Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14260 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. III, 28/06/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 28/06/2011), n.14260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15757/2006 proposto da:

RANUCCI MARIO S.R.L. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore sig. C.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo studio

dell’avvocato SPADARO SALVATORE, rappresentata e difesa dall’avvocato

PELLICCIA RICCARDO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.L.;

– intimato –

sul ricorso 19634/2006 proposto da:

A.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato RIZZO CARLA, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZUCCACCIA NERIO,

ZUCCACCIA GIANCARLO giusta delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente –

e contro

RANUCCI MARIO S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 10/11/2005, depositata il 18/01/2 006 R.G.N. 17 4/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato PELLICCIA RICCARDO;

udito l’Avvocato TOSTI RENZO (per delega dell’Avv. RIZZO CARLA);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso con il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ca.Pi. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo col quale, a istanza di Ranucci Mario s.r.l. gli era stato, ingiunta la riconsegna di una trattrice da lui acquistata con patto di riservato dominio.

Nella contumacia dell’ingiungente, il giudice adito, in accoglimento del mezzo, revocò il provvedimento monitorio, condannando altresì l’opposta al risarcimento dei danni, liquidati in L. 20.000.000.

Con citazione del 26 aprile 1995 Ranucci Mario s.r.l. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Perugia l’avvocato A.L., per ivi sentirlo condannare – accertato l’avvenuto conferimento al professionista dell’incarico di assistere la società in tutte le iniziative giudiziarie intraprese dal Ca. – a ristorarla dei pregiudizi da essa subiti per effetto del mancato adempimento dell’incarico.

Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestò l’avversa pretesa.

Con sentenza del 23 settembre 2003 il giudice adito rigettò la domanda.

Proposto dal soccombente gravame, la Corte d’appello lo ha respinto in data 18 gennaio 2006.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione Ranucci Mario s.r.l..

Resiste con controricorso l’avvocato A.L., che propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato a un unico mezzo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi proposti da Ranucci Mario s.r.l. e da A. L. avverso la stessa sentenza.

2.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione dell’art. 2729 c.c.. Le critiche si appuntano contro l’assunto del giudice di merito secondo cui gli indizi in tesi ricavatali dalle deposizioni dell’avvocato Bellini e della signora M. in ordine al conferimento dell’incarico, da parte di Ranucci Mario s.r.l.

all’avvocato A.L. di costituirsi nel giudizio di opposizione proposto dal Ca., non avevano i caratteri della gravità, precisione e concordanza, atti a farli assurgere a livello di prova. Secondo l’esponente la Corte territoriale avrebbe fatto malgoverno dell’istruttoria espletata, e segnatamente delle dichiarazioni dei due testimoni innanzi citati, che invece, correttamente interpretate, dimostravano tout court, e non già in via meramente presuntiva, il fatto costitutivo della pretesa azionata.

2.2 Col secondo mezzo la società denuncia illogicità della motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Oggetto della censura è la valutazione data dal decidente alla lettera dell’avvocato A. in data 5 giugno 1986, la cui capacità dimostrativa dell’avvenuto conferimento dell’incarico di resistere alla opposizione era stata incongruamente esclusa dalla Corte d’appello pur dopo l’ammissione che dalla sua lettura si evinceva che il legale fosse comunque a conoscenza degli esatti termini della questione.

3. I motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondati per le ragioni che seguono.

Mette conto evidenziare che il giudice di merito, ricostruiti i fatti che avevano dato origine alla controversia, ha escluso che gli elementi costitutivi della pretesa attrice fossero stati dimostrati.

Nel dare conto del suo convincimento, ha analizzato singolarmente le varie deposizioni acquisite, soffermandosi sui momenti salienti delle risposte date dai testimoni e incrociando le informazioni dagli stessi fornite con i dati ricavabili dalla documentazione versata in atti.

L’assunto dell’appellante di avere conferito all’avvocato A. mandato alle liti con riferimento alla causa di opposizione all’ingiunzione di riconsegna della trattrice è stato quindi ritenuto indimostrato all’esito di un esame estremamente accurato di tutte le emergenze istruttorie e con argomentazioni logicamente e giuridicamente ineccepibili: ciò che, in definitiva, in questa sede unicamente rileva.

4.1 In proposito non sembra invero inutile ricordare che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione dell’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta prevista da una disposizione, e quindi, implica necessariamente questioni interpretative, laddove l’allegazione dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna all’ermeneutica normativa, attenendo piuttosto alle valutazioni proprie del giudice del merito, valutazioni la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione. La linea di demarcazione tra l’una e l’altra ipotesi è segnata, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dal contestato scrutinio del materiale istruttorio.

Resta tuttavia fermo che non può essere considerato vizio logico della motivazione la maggiore o minore rispondenza della ricostruzione operata dal giudice di merito alle circostanze emerse nel corso del processo o una esposizione dei dati che non instauri tra gli stessi il collegamento ritenuto più opportuno e più appagante, in quanto tutto ciò rimane all’interno della possibilità di apprezzamento del contesto fattuale di riferimento e, non contrastando con la logica e con le leggi della razionalità, appartiene al convincimento del decidente, senza renderlo viziato ai sensi dell’art. 360 c.p.c. (confr. Cass. civ. 26 febbraio 2003, n. 2869).

4.2 Sotto altro, concorrente profilo, va poi osservato che spetta esclusivamente al giudice di merito stabilire se fare o meno ricorso alle presunzioni semplici, individuando i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutandone; la rispondenza ai requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c., per valorizzare elementi di fatto come circostanze idonee a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit. L’unico sindacato riservato in proposito al giudice di legittimità è, ancora una volta, quello sulla congruenza della relativa motivazione. Peraltro il vizio in ordine al ricorso al ragionamento presuntivo deve farne emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà, restando escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa essere considerato omesso esame di un punto decisivo della controversia (confr. Cass. civ. 21 ottobre 2003, n. 15737; Cass. civ., 4 maggio 2005, n. 9225; Cass. civ. 8 gennaio 2010, n. 76).

5.1 In tale contesto ritiene il collegio che le critiche formulate in ricorso, attraverso la surrettizìa evocazione di violazioni di norme giuridiche e di vizi motivazionali, affatto inesistenti, siano in realtà volte esclusivamente a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove, preclusa in sede di legittimità.

Valga al riguardo considerare che ciò di cui la ricorrente si duole è esclusivamente la difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove operato dalla Corte territoriale rispetto a quello da essa preteso, in spregio al principio per cui spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo, salvo i casi tassativi in cui è la legge stessa ad assegnare alla prova un valore legale (confr. Cass. civ., 6 marzo 2008, n. 6064).

5.2 Non è superfluo aggiungere che neppure troppo chiaro è il senso dell’asserito malgoverno della lettera dell’avvocato A. in data 5 giugno 1986, oggetto, in particolare, del secondo mezzo, perchè la circostanza che il professionista fosse a conoscenza dei fatti di causa nulla ha a che vedere con il conferimento allo stesso di un incarico professionale.

Il ricorso è respinto.

5 Resta assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato, volto a far valere l’insussistenza, in ogni caso, della responsabilità professionale di cui agli artt. 1176 e 2236 c.c..

6 Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.000 (di cui Euro 2.000 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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