Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14258 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. III, 28/06/2011, (ud. 13/04/2011, dep. 28/06/2011), n.14258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17152-2006 proposto da:

COOPERATIVA AGROZOO SICILIANA SOCIETA’ (OMISSIS), in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore signor D.

C.G. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALLISNERI 11,

presso lo studio dell’avvocato PACIFICI PAOLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GRECO MARIA giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G. (OMISSIS), selettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato SPALLINA

BARTOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE GERONIMO FEDERICO,

con studio in 95124 CATANIA, Via Androne, 73, giusta delega a margine

del controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.S.A., S.G., S.M.,

S.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 112/2005 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, emessa il 09/05/2001, depositata il 29/04/2005; R.G.N.

189/1997.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato PACIFICI PAOLO (per delega Avvocato GRECO MARIA);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del 1^

motivo, assorbito il 2^ del ricorso Agrozoo, rigetto ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

C.G. con citazione dell’8 gennaio 1990 convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Nicosia C.M. e la Società Cooperativa Agricola Agrozoo Siciliana, chiedendo il riconoscimento del suo diritto di riscattare il fondo rustico che la prima aveva venduto alla società cooperativa, in violazione del diritto di prelazione spettantegli per legge.

Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono l’avversa pretesa.

Con sentenza del 2 ottobre 1996 il giudice adito rigettò la domanda.

Proposto gravame da C.G., la Corte d’appello, con sentenza depositata il 20 giugno 2001, non definitivamente pronunciando, dichiarò ammissibile il gravame. Quindi, con sentenza depositata il 29 aprile 2005, lo ha respinto, compensando integralmente tra le parti le spese del grado.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione la Società Cooperativa Agricola Agrozoo Siciliana, formulando due motivi e notificando l’atto a S.G., M., A. e S. A., eredi di C.M., nonchè a C.G..

Solo quest’ultimo resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato affidato a due mezzi.

Nessuna attività difensiva hanno invece svolto gli altri intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi proposti dalla Cooperativa Agrozoo e da C.G. avverso la stessa sentenza.

2 Il resistente ha dedotto, nel suo controricorso, di avere, con atto del 20 marzo 2006, impugnato per revocazione la sentenza d’appello, lamentando il mancato esame della documentazione volta a dimostrare la sussistenza dei presupposti per il valido esercizio del diritto di riscatto. Ha aggiunto che il presidente della Corte, con provvedimento del 20 aprile successivo, aveva sospeso il termine per proporre ricorso in sede di legittimità. Ha quindi ricordato che detta sospensione opera nei confronti di tutte le parti del processo.

3 Osserva il collegio che le ragioni ostative alla decisione del ricorso sono venute meno, avendo questa Corte, con l’arresto 15 marzo 2011, n. 6020, respinto l’impugnazione proposta contro la sentenza di rigetto della domanda di revocazione, che è, conseguentemente, passata in giudicato.

4 Passando quindi all’esame dei motivi, la ricorrente denuncia in primis, con riferimento alla sentenza non definitiva n. 77 del 2001, violazione del R.D. 22 gennaio 1934, art. 82, comma 1, art. 58 disp. att. cod. proc. civ., artt. 170, 285 e 330 cod. proc. civ.. La critica ha ad oggetto il rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’esponente per asserita tardività del mezzo di impugnazione proposto, rigetto argomentato dalla Curia territoriale con la ritenuta irregolarità della notifica della sentenza di primo grado – e quindi della sua inidoneità a far decorrere il termine breve di impugnazione – in quanto eseguita presso la cancelleria del giudice del gravame alla parte medesima, piuttosto che al suo procuratore.

5 La censura è inammissibile per difetto di interesse. Come innanzi esplicitato, la Corte d’appello, ritenuta ammissibile la proposta impugnazione, l’ha tuttavia rigettata nel merito.

E’ principio fondamentale del vigente ordinamento processuale (sia civile che penale) quello secondo cui l’interesse alla impugnazione – manifestazione del generale principio dell’interesse a agire – presuppone, da un lato, la soccombenza di colui che lo propone, per essere stati i suoi assunti disattesi in sede di merito (cfr., ad esempio, Cass. 11 febbraio 2010, n. 3185; Cass. 10 novembre 2009, n. 26291); dall’altro, una utilità concreta derivabile, alla parte che propone la impugnazione, dall’eventuale accoglimento del gravame (cfr., Cass. civ., sez. un., 19 maggio 2008, n. 12637; Cass. civ. 23 maggio 2008, n. 13373; Cass. civ. 21 dicembre 2007, n. 27006). In tale prospettiva è stato segnatamente evidenziato che detto interesse non può, in ogni caso, consistere in un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una questione giuridica, a una soluzione non avente cioè riflessi sulla decisione adottata, e quindi priva di rilievo pratico (confr. Cass. civ., sez. un. 21 giugno 2010, n. 14889; Cass. civ., 25 giugno 2010, n. 15353 e, con riguardo alla giurisprudenza penale, confr., ad esempio, Cass. pen., 7 ottobre 2009, n. 45330; Cass. pen., 30 settembre 2009, n. 39689;

Cass. pen., 23 gennaio 2009, n. 6181).

Se è dunque alla utilità effettiva della pronuncia che occorre avere riguardo e, in particolare, al bene della vita conteso e alla destinazione allo stesso impressa dalla statuizione giudiziale, deve convenirsi che del tutto indifferente è, per il convenuto con azione di retratto, che il rigetto dell’iniziativa giudiziaria della controparte passi in giudicato per inammissibilità dell’appello, ovvero per infondatezza, nel merito, delle prospettate doglianze. Nè il ricorrente ha in alcun modo illustrato le ragioni per le quali, pur non essendo soccombente, rispetto all’esito finale del giudizio di appello, ha tuttavia interesse a insistere sul rilievo preliminare della sua inammissibilità.

Si ricorda, in proposito che le sezioni unite di questa Corte, ragionando con riferimento ai rapporti tra sentenza relativa all’an debeatur e sentenza relativa al quantum, hanno già avuto modo di precisare che, mentre il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento relativa al quantum debeatur, essendo obiettivamente condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull’an, non fa venire meno l’interesse all’impugnazione proposta contro quest’ultima, altrettanto non avviene ove sia passata in giudicato la pronuncia di rigetto della domanda di liquidazione dei danni, venendo in tal caso meno ogni interesse a proseguire il giudizio sull’an, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione contro la stessa proposta (confr. Cass. sez. un. 19 maggio 2008, n. 12642).

6 Con il secondo mezzo l’impugnante denuncia violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., perchè la Corte d’appello, pur avendo rigettato il gravame, aveva compensato le spese tra le parti, così violando il principio della soccombenza.

7 Le critiche sono infondate.

Mette conto rilevare che, nei giudizi ai quali, ratione temporis, non si applica la L. 28 dicembre 2005, n. 263, che, modificando l’art. 92 cod. proc. civ., ha introdotto l’obbligo del giudice di indicare le ragioni della compensazione delle spese di lite, la decisione di provvedere in tal senso non è censurabile in sede di legittimità, salvo i casi di mancanza assoluta di motivazione – integrando siffatta ipotesi gli estremi della violazione di legge di cui all’art. 92 cod. proc. civ. (confr. Cass. civ. 19 novembre 2007, n. 23993) – ovvero di enunciazione di ragioni palesemente e macroscopicamente illogiche, idonee cioè a inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale (Cass. civ., 11 febbraio 2008, n. 3218).

Peraltro le ragioni giustificatrici del provvedimento di compensazione ben possono desumersi dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito, di talchè l’obbligo di motivazione può ritenersi assolto anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare l’adottata regolazione delle spese di causa (Cass. civ. sez. un. 30 luglio 2008, n. 20598). Nella fattispecie la ratio decidendi della compensazione delle spese del primo grado è stata individuata nella posizione difensiva assunta dalla Cooperativa, la quale aveva chiesto di dichiarare improponibile la domanda, rilevando che il contratto preliminare era stato notificato al C., il quale lo aveva anche accettato, di talchè la vendita era già stata conclusa, laddove, in realtà, proprio la Cooperativa, effettuando essa stessa la denuntiatio, ancorchè a tanto non abilitata, aveva provocato una dichiarazione di accettazione priva di effetti ai fini del trasferimento della proprietà del bene, in quanto rivolta a soggetto diverso dal proprietario.

La motivazione della compensazione dunque c’è e non è affatto arbitraria. In definitiva il ricorso principale deve essere rigettato.

8 Resta assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato, volto a denunciare violazione degli artt. 160 e 326 cod. proc. civ., con riferimento alla ritenuta leggibilità della relata di notifica della sentenza di prime cure, nonchè violazione dell’art. 285 cod. proc. civ., per non avere il giudice di merito affermato l’inefficacia della medesima relata per impossibilità di identificare l’istante.

9 Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.200 (di cui Euro 1.000 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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