Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14258 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 25/05/2021), n.14258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13222-2020 proposto da:

N.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato STEFANIA RUSSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 46/2020 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

15/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con decreto n. 406/2020 depositato il 31-1-2020 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di N.N., cittadino del Pakistan, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito il rigetto della relativa domanda da parte della competente Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito sia perchè il cugino del padre, che voleva impossessarsi dei suoi terreni, lo aveva accusato falsamente di aver ferito il figlio durante una partita di cricket, sia perchè, sempre ad opera dello stesso cugino, era stato denunciato in relazione all’episodio di violenza sessuale perpetrata dal suo socio in affari nel loro negozio. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Pakistan, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5”; “2. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3″. Con il primo motivo deduce che il giudizio di non credibilità era stato espresso dal Tribunale senza esercitare il dovere di cooperazione istruttoria e che le dichiarazioni del richiedente, in base ai parametri di legge, erano state coerenti, lineari, approfondite e non generiche. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della mancanza di indagine ufficiosa con fonti aggiornate e precise sulla situazione del Pakistan, caratterizzata da instabilità e insicurezza, e anche sulla situazione dei Paesi in cui era transitato (Turchia e Libia).

4. In via pregiudiziale, va dichiarata la procedibilità dell’odierno ricorso, benchè depositato (il 23 maggio 2020) oltre il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, in relazione alla data (2 marzo 2020) di sua notificazione, attese le misure adottate dal legislatore per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19, in particolare quanto disposto dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2020), che ha sospeso, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, successivamente allungato fino all’11 maggio 2020 dal D.L. n. 23 del 2020, art. 36 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 40 del 2020), il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.

5. Sono inammissibili i due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, involgendo le censure, sotto distinti ma collegati profili, il giudizio di non credibilità della vicenda personale narrata e la valutazione della situazione del Paese di origine.

5.1. Il Tribunale ha, motivatamente, escluso la credibilità del racconto del ricorrente, procedendo anche all’audizione dello stesso (pag.n. 3 decreto impugnato), in dettaglio esaminando i fatti allegati e rimarcando la genericità e inverosimiglianza della narrazione (pag. nn. 4 e 5). Le censure, espresse sub Jpede del vizio di violazione di legge, si risolvono in deduzioni astratte e generiche, senza attinenza al percorso argomentativo del decreto impugnato, nonchè dirette, inammissibilmente, a prospettare una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dai Giudici di merito, anche con riferimento alla situazione generale del Paese (Cass. n. 30105/2018), che è stata descritta ampiamente, con indicazione delle fonti di conoscenza aggiornate (Easo 2018 pag. n. 6 decreto). Anche le deduzioni circa la violazione dei parametri legali sono espresse genericamente, considerato altresì che il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 cit., infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e nella specie neppure è svolta censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Quanto al riferimento ai Paesi di transito, non v’è menzione di tale allegazione nel decreto impugnato e il ricorrente non specifica quando, come e dove ha effettuato quell’allegazione nel giudizio di merito, nè precisa quale sia il collegamento tra la domanda di protezione internazionale e il transito in quei paesi (Cass. n. 16347/2018; Cass. n. 31676/2018; Cass. n. 29875/2018; Cass. n. 13096/2019).

6. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis” ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

 

 

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