Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14257 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. III, 08/07/2020, (ud. 24/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 19735-2018 R.G. proposto da:

D.S.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Alberto Tarlao,

con domicilio eletto in Roma presso lo Studio dell’Avv. Luigi

Favino, via Cola di Rienzo, n. 190;

– ricorrente –

contro

JIULIA VIAGGI SRL, in persona dell’amministratore delegato pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Claudio Miglioris, con

domicilio eletto in Roma presso lo Studio dell’Avv. Achille Reali,

via Isonzo 42/1;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 68/2018 del Tribunale di Gorizia, depositata

il 28/02/2018.

Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha chiesto il rigetto

del ricorso.

Uditi gli Avv.ti Luigi Favino e Luca Di Gregorio, rispettivamente,

per D.S.M. e Julia Viaggi Srl;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 febbraio

2020 dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.S.M. ricorre per la cassazione della sentenza n. 68/2018 del Tribunale di Gorizia, depositata il 28 febbraio 2018.

Resiste con controricorso Julia Viaggi S.r.l..

La ricorrente espone in fatto di avere convenuto in giudizio, insieme con D.P.E., Julia Viaggi S.r.l., con cui avevano stipulato un contratto di viaggio turistico collettivo di nove giorni che prevedeva la permanenza di cinque giorni in Siria e di tre in Giordania, per ottenere il ristoro di tutti i danni, anche non patrimoniali da vacanza rovinata, derivanti dall’essere state costrette, una volta fermate all’aeroporto di (OMISSIS), per la presenza sul passaporto di un timbro giordano, indicativo di un loro precedente ingresso in Israele ed essere state trattenute dalla polizia siriana per dodici ore, a proseguire a proprie spese e con organizzazione a proprio carico il trasferimento verso (OMISSIS), ove erano state di nuovo bloccate e da cui avevano potuto proseguire il viaggio, ricongiungendosi al resto del gruppo, solo dopo alcuni giorni.

Ciò che veniva imputato alla Julia Viaggi era la violazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, artt. 87 ed 88 (Codice del Consumo, applicabile ratione temporis), per non essere state informate adeguatamente circa le condizioni applicabili al cittadino di uno Stato membro della UE in materia di passaporto e visto per entrare in Siria.

La Julia Viaggi si dichiarara esente da responsabilità, assumendo di avere fornito una nota informativa in una riunione tenuta cinque giorni prima della partenza.

Il Giudice adito, con sentenza n. 722/2012, rigettava la domanda e compensava le spese di lite, reputando che, a fronte dell’inadempimento dell’obbligo informativo da parte di Julia Viaggi S.r.l., prima della conclusione del contratto, sarebbe stato possibile per le attrici, avendo ricevuto l’opuscolo informativo prima della partenza, chiedere l’annullamento del contratto e la restituzione della somma versata.

Il Tribunale di Gorizia, cui si rivolgeva in sede di gravame solo D.S.M., con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, confermava la sentenza di primo grado.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con riferimento del D.Lgs. n. 260 del 2005, art. 87, per avere il giudice a quo ritenuto che la consegna dell’opuscolo informativo cinque giorni prima del viaggio, anzichè “prima delle trattative e comunque prima della conclusione del contratto” avesse comportato l’adempimento.

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 93, perchè il Tribunale avrebbe violato le regole del riparto degli oneri probatori che imponevano all’organizzatore e venditore del pacchetto turistico di rispondere dei danni in mancanza di prova che l’inadempimento o l’inesatto adempimento fosse stato determinato da impossibilità della prestazione dovuta a causa non imputabile.

3. Con il terzo motivo la ricorrente imputa al giudice a quo la violazione dell’art. 132 c.p.c., perchè il Tribunale, con motivazione apparente e contraddittoria, avrebbe, da un lato, riconosciuto la ricorrenza dell’inadempimento e, dall’altro, avrebbe individuato nella trasmissione di informazioni scritte, tramite la consegna dell’opuscolo informativo cinque giorni prima della partenza piuttosto che prima della conclusione del contratto, l’avvenuta ottemperanza a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 87.

4. I primi due motivi possono essere esaminati unitariamente, perchè sono collegati dal punto di vista logico oltrechè giuridico.

Va osservato, in primo luogo, che il ricorso, nell’esposizione sommaria del fatto, risulta alquanto carente, perchè non esplicita quali danni la odierna ricorrente abbia in concreto lamentato: si fa un generico riferimento ai danni patrimoniali ed a quelli non patrimoniali, questi ultimi per essere stata privata per dodici ore della libertà personale, subendo gravi stress e disagi.

A p. 1, si riferisce della necessità di organizzarsi autonomamente, previo pagamento di Euro 107,50, per arrivare dall’aeroporto di (OMISSIS), ove era intervenuta la polizia siriana a trattenervela per dodici ore, a quello di (OMISSIS), alla mancata fruizione delle prestazioni turistiche riguardanti l’intero gruppo, all’impossibilità di visitare la Siria.

Altrettanto laconica è la descrizione del comportamento tenuto dalla Julia Viaggi che avrebbe potuto eventualmente assumere rilievo agli effetti dell’art. 91 del Codice del Consumo, cioè al fine di verificare se avesse posto in essere il cosiddetto adempimento sanante ivi previsto: esponendo il contenuto della decisione di prime cure si allude al fatto che l’odierna ricorrente avesse usufruito di una permanenza compensativa in Giordania ed a pag. 3 si lamenta la mancata attivazione di ogni soccorso per consentire la prosecuzione del viaggio, lasciando intendere che fossero state del tutto omesse prestazioni diverse da quelle previste nel regolamento contrattuale idonee a soddisfare l’interesse dell’odierna ricorrente per la loro sostanziale equivalenza con quelle previste nel pacchetto originario.

Al netto di tali censure, la questione sottoposta all’attenzione di questa Corte è quella relativa alla violazione di uno specifico obbligo di informazione precontrattuale di cui era destinataria la odierna ricorrente, nella veste di consumatrice/acquirente di un contratto di viaggio organizzato.

Costituisce una costante della normativa consumeristicamente orientata che l’obbligo di trasferire informazioni da chi agisce come professionista o imprenditore nel mercato verso chi versa, per definizione normativa, in una situazione di svantaggio informativo opera anche nella fase che precede la conclusione del contratto, perchè assolve tanto la funzione di impedire menomazioni volitive dipendenti dall’ignoranza di fatti e di circostanze rilevanti quanto quella di disvelare notizie utili al pieno controllo dello svolgimento del rapporto: circostanze note alla controparte, ma difficili da acquisire o acquisibili solo a titolo oneroso per il consumatore, per definizione collocato, come si è detto, in una situazione di minorità informativa.

Nel caso di specie, a prescrivere tale obbligo era l’art. 87, comma 1, del Codice del Consumo, a mente del quale “Nel corso delle trattative e comunque prima della conclusione del contratto, il venditore o l’organizzatore forniscono per iscritto informazioni di carattere generale concernenti le condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro dell’Unione Europea in materia di passaporto e visto con l’indicazione dei termini per il rilascio, nonchè gli obblighi sanitari e le relative formalità per l’effettuazione del viaggio e del soggiorno”; dalla prescrizione normativa in parola si evince che la disciplina degli obblighi di comunicazione e di informazione si inverava tanto nell’essenzialità dell’informazione nella fase precedente la conclusione del contratto – solo nel caso di contratto stipulato nell’imminenza della partenza, le indicazioni contenute nel comma 1, avrebbero potuto essere fornite contestualmente alla stipula del contratto, ai sensi dell’art. 87, comma 3 – quanto nell’incremento delle possibilità di conoscenza, stanti i vincolanti obblighi di ricorso alla cosiddetta Textform, cioè ad una forma modulo, indicante un corredo documentale concepito quale strumento volto a permettere all’acquirente del pacchetto turistico un controllo ulteriore – documentale, appunto – delle condizioni previste dal contratto, destinata a restare distinta dal formalismo dell’atto e funzionale all'”avviamento al contratto”. In altri termini, per il legislatore il consumatore era esonerato dalla fatica di procurarsi le informazioni di cui necessitava e che, come quelle rilevanti nel caso di specie, avrebbe potuto persino procurarsi autonomamente.

Tanto premesso, i binari lungo i quali è stata instradata la controversia, la richiesta di risarcimento del danno, escludendo l’invocazione della nullità virtuale di protezione (se ne trae conferma da quanto riferito a p. 3 del ricorso, benchè tale precisazione sia stata spesa incomprensibilmente allo scopo di confutare l’applicabilità dell’art. 1427 c.c.), la quale, quand’anche avesse potuto essere richiamata anche perchè posta a presidio di una previsione di carattere formale, avrebbe dato luogo ad un giudizio di mero diritto, cioè neutro rispetto all’assolvimento dell’onere della prova, hanno dato forma ad un giudizio di accertamento della violazione di una regola di comportamento.

Infatti, il Tribunale ha ritenuto, per un verso, che sussistesse l’inesatto adempimento della Julia viaggi, per l’altro, che non risultasse provato il nesso di causa tra l’inesatto adempimento e i danni lamentati, perchè la odierna ricorrente non aveva nè dedotto nè provato circostanze concrete e specifiche a causa delle quali non aveva potuto prendere visione delle informazioni ricevute il 5 marzo 2009 e quindi evitare il viaggio, chiedendo l’annullamento del contratto e la restituzione del corrispettivo versato.

La conclusione, che, tuttavia, va corretta nella parte in cui allude all’annullabilità del contratto anzichè al rimedio del recesso, non merita censure.

Essa, infatti, appare in linea con la tendenza più recente ad individuare una misura di ragionevolezza cui devono attenersi le misure consumeristiche, onde non sbilanciare la tutela del consumatore, favorendone gli abusi, (cfr., ad esempio, Corte di Giustizia, causa C-412/06, causa C-489/07, causa C-511/08): cioè quanto sarebbe avvenuto, nel caso di specie, ove avesse assecondato la richiesta di tutela di chi lamentava un pregiudizio informativo solo nominale e che, non potendo addurre una parzialità informativa che avesse davvero inciso sul suo consenso, non risultava affatto realmente pregiudicato.

Infatti, piuttosto che anteporre formalisticamente il c.d. dogma consumeristico che vuole il consumatore in una situazione di presunzione assoluta di debolezza, sempre e comunque meritevole di protezione, e che ragiona degli obblighi di informazione come di obblighi funzionali al soddisfacimento dell’interesse pubblico -ritenendo, quindi, che l’informazione non pervenuta nella sfera di conoscibilità del consumatore ovvero pervenutagli in forma incompleta o tardiva, quale che fosse la capacità o la possibilità di utilizzare a suo vantaggio le informazioni avute, non è mai immune da conseguenze – il giudice a quo ha privilegiato l’opposta soluzione ispirata evidentemente al principio di autoresponsabilità del consumatore, correggendo le conseguenze che sarebbero derivate dall’applicazione dello strictum ius. Infatti, ha ritenuto che la disponibilità per iscritto, qualche giorno prima della partenza, da parte di D.S.M. dell’informazione di cui aveva bisogno e che la stessa, evidentemente con negligenza non aveva utilizzato, non le avesse provocato alcuna conseguenza pregiudizievole suscettibile di essere risa rcitoria mente compensata.

3. Il terzo motivo è inammissibile, perchè il Tribunale ha soddisfatto l’obbligo motivazionale, giustificando il mancato accoglimento della richiesta risarcitoria non perchè non ricorresse l’inadempimento, come erroneamente ritenuto dalla ricorrente, ma perchè quest’ultima non era stata in grado di fornire la prova di avere subito un danno.

4. Ne consegue che il ricorso va rigettato.

5. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto del il presente provvedimento è stato sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento del relatore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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