Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14248 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 25/05/2021), n.14248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28176/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

Te.Al. Alimentare Dolciaria s.n.c. di T.A. & C., in persona

del legale rappresentante pro tempore, T.A. e

D.P.D., domiciliati in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli avv.ti

Edmondo Monda e Maria Grazia Mastino, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 558/31/14 della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, depositata in data 11 aprile 2014;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 23 febbraio

2021 dal Consigliere Paolo Fraulini.

 

Fatto

RILEVATO

CHE

1. La Commissione tributaria regionale del Piemonte ha confermato la decisione di primo grado che aveva annullato gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e le relative cartelle di pagamento, contenenti recupero a tassazione del maggior reddito di impresa, esteso per trasparenza ai soci, determinato con metodo analitico-induttivo in relazione agli anni di imposta 2004 e 2005, accogliendo l’impugnazione a tale scopo proposta dalla Te.Al. Alimentare Dolciaria s.n.c. di T.A. & C. e dai suoi soci T.A. e D.P.D..

2. Ha rilevato il giudice di appello che la presunzione di maggiore produzione, ancorata dall’Ufficio a una nota tecnica che avrebbe dimostrato l’utilizzo eccessivo di margarina e burro nella preparazione dei dolci e il relativo acquisto non dichiarato di farina, era smentita dall’esame degli atti. Invero, tenuto conto del calo fisiologico dei grassi e della lievitazione naturale del prodotto, la riduzione dei grassi del 30% era ampiamente giustificata, laddove alcun indizio dimostrava l’acquisto” in nero” della farina, posto che era “improbabile” che chi acquista un prodotto finito non richieda a tale scopo l’emissione di fattura. Quanto, infine, all’acquisto da parte della società di un immobile del valore di Euro 2.134.00,00, la società non era proprietaria dell’immobile, avendo dimostrato che, dopo otto anni, l’investimento doveva ancora essere completato.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi; la Te.Al. Alimentare Dolciaria s.n.c. di T.A. & C., T.A. e D.P.D. hanno resistito con controricorso.

4. La Procura generale di questa Corte, in persona del sostituto procuratore Dott. Giovanni Giacalone, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE

1. Il ricorso lamenta:

a. Primo motivo: “In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di fatti decisivi sui quali vi è stata discussione tra le parti”, deducendo l’erroneità della sentenza laddove avrebbe omesso di esaminare tutta una serie di elementi di fatto, puntualmente richiamati, dai quali emergeva la gestione antieconomica della società, la contraddittorietà tra la situazione economica esposta dalla società e l’acquisto di un fabbricato di rilevante valore (oltre due milioni di Euro) e le risultanze degli inventari, che dimostravano la correttezza della presunzione contestata dall’erario.

b. Secondo motivo: “In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’art. 115 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2”, deducendo l’erroneità della sentenza laddove avrebbe considerato attendibili le stime di consumo e di scarto fornite dalla contribuente, senza indicare le fonti di tale convincimento.

2. I controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, svolgono argomentazioni a sostegno della sua infondatezza.

3. Il ricorso va accolto, nei limiti e per le considerazioni che seguono.

4. Alla presente controversia, risultando la sentenza impugnata depositata in data 11 aprile 2014, si applica l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta a seguito dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134. Ciò comporta che il vizio di motivazione è denunciabile in cassazione, ai sensi del citato articolo, solo per anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

5. Nel caso di specie, alla luce dei citati principi, va rilevato che la questione della coerenza tra gli acquisti e i consumi di margarina e burro è stata esaminata dalla CTR, che ha valorizzato alcuni elementi probatori al fine di pervenire, con ragionamento comunque riconoscibile come tale, a convincersi delle giustificabilità delle riscontrate anomalie tra inventario e quantità di produzione. Tanto determina il rigetto del motivo di ricorso nella parte in cui lamenta l’omesso esame delle altre prove offerte e la falsa applicazione del ragionamento presuntivo.

6. Discorso diverso è da farsi in relazione alla contestazione legata alla mancata giustificazione dell’acquisto immobiliare della società rispetto ai redditi all’epoca dichiarati. La CTR ha, sul punto, reso una motivazione obiettivamente incomprensibile, con conseguente violazione dell’obbligo motivazionale nei sensi dianzi citati.

7. Invero, la CTR ritiene dimostrato che la società non sia proprietaria dell’immobile. Già tale affermazione appare del tutto apodittica, posto che anche la società ha ammesso di avere stipulato nel 2008 un contratto preliminare di compravendita avente a oggetto il suddetto bene per un prezzo di Euro 2.134.000,00. La ragione per cui la proprietà non si sia consolidata in capo alla società è affidata dalla motivazione della sentenza impugnata alla seguente frase: “Anche in relazione all’acquisto di un immobile, del valore di Euro 2.134.000,00, uno degli indicatori posti a base dell’accertamento, la tesi dell’Agenzia delle Entrate è stata smentita dalla Te.Al (..) che ha negato la proprietà dell’immobile non avendo potuto realizzare, ben otto anni dalla data dell’accertamento, quella che era solo un’ipotesi di investimento”. Tale affermazione risulta del tutto incomprensibile. La CTR mostra di ben avvedersi che la circostanza dell’acquisto immobiliare era stata introdotta dall’Ufficio come un indicatore di maggior reddito non dichiarato dalla società. Di più, la stessa CTR dà atto che il valore dell’immobile oggetto di compravendita supera i due milioni di Euro. A quarto punto, tuttavia, il giudice di appello afferma che la società avrebbe dimostrato di non essere proprietaria dell’immobile perchè, dopo otto anni, l’investimento non era ancora realizzato. Tale affermazione è del tutto eccentrica rispetto al thema probandum: ciò che andava accertato era in che modo la società avesse potuto disporre della somma necessaria per sottoscrivere il contratto di acquisto (quand’anche solo preliminare, come deducono i controricorrenti), ovvero accertare che la somma non era mai stata corrisposta, ovvero ancora che la stessa trovava giustificazione nella contabilità della società, del tutto a prescindere dalla contestata omissione dichiarativa dei redditi prodotti. Invece, la motivazione sembra ritenere che la società non sia proprietaria del bene (circostanza, ai fini che ne occupa, si ripete, irrilevante) solo perchè l’investimento (di cui non sia chiarisce alcun contenuto) non si sarebbe ancora realizzato (senza accertare le cause e le conseguenze di tale affermazione).

8. Da tanto consegue che su tale fatto storico, introdotto nel processo e discusso tra le parti, potenzialmente decisivo ai fini del decidere, in quanto in thesi identificabile come indizio grave della contestata omissione dichiarativa a opera della società, la sentenza ha reso una motivazione obiettivamente incomprensibile.

9. La sentenza va, quindi, cassata e le parti rimesse innanzi al giudice del rinvio, individuato nella Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, provvederà, altresì, a regolare le spese di questo grado di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà, altresì, a regolare le spese di questo grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

 

 

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