Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14246 del 12/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 12/07/2016, (ud. 16/05/2016, dep. 12/07/2016), n.14246
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4355/2014 proposto da:
M.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIALE SANTA TERESA 23, presso lo studio dell’Avvocato
PAOLO GRIMALDI, rappresentato e difeso dall’Avvocato GIANCARLO
GRECO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MU.GI., (OMISSIS), elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA LUCREZIO CARO, 62, presso lo studio dell’Avvocato
SEBASTIANO RIBAUDO, rappresentato e difeso dall’Avvocato LUCILIA
CICCARELLO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1846/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del
23/11/2012, depositata il 17/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/05/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
In un procedimento di divorzio tra M.G. e GI., la Corte d’Appello di Palermo, con sentenza in data 17/12/2012, riduceva il contributo complessivo mensile a carico del marito/ per la moglie e per le figlie, tenuto conto che una si era sposata ed un’altra era rimasta a suo carico, ad Euro 650,00 (Euro 250,00 per la moglie ed Euro 400,00 per la figlia).
Ricorre per cassazione il marito.
Resiste con controricorso la moglie, che deposita memoria difensiva.
Con un unico motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., là dove la sentenza impugnata aveva ritenuto che egli stesso avesse limitato la domanda all’importo di Euro 400,00 per una sola figlia. Afferma di aver richiesto la riduzione fino ad un massimo di Euro 400,00 per entrambe le figlie, in quanto il precedente assegno era di Euro 600,00, e precisamente di Euro 300,00 per ciascuna figlia.
Il ricorso appare infondato.
Il ricorrente non allega al ricorso stesso l’atto di appello nè indica specificamente dove esso si trovi. Dunque l’esame del motivo non può che valutarsi alla luce della precisazione delle conclusioni, riportate nella sentenza di appello. Da essa emerge che l’odierno ricorrente aveva chiesto la riduzione fino ad un massimo di Euro 400,00, da intendersi soltanto per una delle figlie (e infatti, nelle stesse conclusioni, si dà atto che l’altra figlia si era sposata, e dunque veniva meno l’obbligo di mantenimento del padre, che eventualmente poteva trasformarsi in un obbligo alimentare, in caso di stato di bisogno della figlia stessa, essendo comunque obbligato preminente il marito). Questa è l’interpretazione corretta e sorretta da motivazione adeguata e non illogica del giudice a quo.
Va pertanto rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 comprensive di Euro 100,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016