Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14244 del 07/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 07/06/2017, (ud. 19/05/2017, dep.07/06/2017),  n. 14244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25008-2015 proposto da:

V.C.V., elettivamente domiciliata in presente

ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI

PIERRO, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO VITTOR;

– ricorrente –

contro

H.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 185/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 19/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste del 19.3.2015 che ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del tribunale di primo grado, la quale aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso su istanza di C.V.V. avverso il coniuge separato H.E., avente ad oggetto la condanna di questi al pagamento delle spese scolastiche e sportive per il figlio minore, nonchè condannato l’opposta al risarcimento del danno per le spese ritenute dall’ H. in occasione delle visite al figlio in – Milano, dove la madre lo aveva arbitrariamente trasferito, sino alla pronuncia giudiziale che aveva stabilito detta permanenza;

– che resiste l’intimato con controricorso;

– che è stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il primo motivo è manifestamente infondato, denunziando la violazione dell’art. 2697 c.c., laddove la corte territoriale ha ritenuto gravante sulla odierna ricorrente l’onere di provare il consenso del coniuge separato con riguardo al trasferimento del figlio in altra città: infatti, l’art. 337 – ter c.c., esige il consenso di entrambi i genitori per simili scelte, onde la sentenza impugnata correttamente ha posto il relativo onere probatorio a carico della madre, che assumeva detto consenso; quanto, poi, alla deduzione circa la sussistenza di questo, essendone stato il marito perfettamente informato senza contestazioni, il motivo impinge in una tipica questione di fatto, inammissibile in questa sede;

– che il secondo motivo, con il quale si censura la violazione dell’art. 337 – ter c.c., perchè, secondo la ricorrente, la mancanza di consenso dell’ H. avrebbe dovuto essere necessariamente manifestata con il ricorso al giudice per dirimere il contrasto, è manifestamente infondato, in nessuna parte della invocata disposizione essendo prescritto un simile obbligo od onere di iniziativa giudiziaria in capo al coniuge che voglia far valere il proprio dissenso;

– che il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono manifestamente infondati, in quanto, con riguardo alla conferma del capo di sentenza condannatoria al risarcimento del danno, non sussiste la dedotta violazione nè dell’art. 2043 c.c., nè dell’art. 337 – ter c.c., integrate invece dall’illecito endofamiliare di sottrazione del minore con trasferimento non concordato in altra sede;

che la condanna alle spese di lite segue la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre all’importo pari al 15% per spese forfetarie, agli accessori di legge e ad Euro 100,00 per esborsi.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00 ed agli accessori di legge.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza, a nonna del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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