Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14241 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. II, 28/06/2011, (ud. 11/03/2011, dep. 28/06/2011), n.14241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6128/2009 proposto da:

P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato LUBERTO

Enrico, che lo rappresenta e difende, giusta procura ad litem in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUCREZIO CARO 38, presso lo studio dell’avvocato

CANESTRELLI ROBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato BERTINOTTI

Gian Franco, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1597/2008 del TRIBUNALE di TORINO del 3.3.08,

depositata il 05/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso notificato il 3 marzo 2009 è impugnata la sentenza resa dal tribunale di Torino, in funzione di giudice di appello, il 5 marzo 2008.

Il tribunale ha respinto, perchè insufficientemente provata, la domanda proposta da P.S. per far cessare le immissioni di fumi provenienti da un camino posto sul tetto dell’immobile di proprietà di C.R., frontistante l’abitazione del P., sita in (OMISSIS).

Il C. ha resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio.

Ha rilevato che il ricorso, che denuncia, con due motivi, vizi di motivazione della sentenza, appare inammissibile per tre profili, oggetto anche di rilievi del controricorrente: a) inidonea indicazione del fatto controverso ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.;

b) difetto di autosufficienza dei motivi; c) richiesta alla Corte di una nuova valutazione di merito della controversia.

1) Quanto al primo aspetto va ricordato che secondo la giurisprudenza consolidata, nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e1 conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Nel caso di specie, quanto al primo motivo, parte ricorrente ha indicato (pag. 6) il fatto controverso indicando soltanto il superamento del limite della normale tollerabilità delle immissioni di fumo, senza precisare, in un momento di sintesi (SU 16528/08), quali siano le ragioni per cui la motivazione e1 conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Con riferimento al secondo motivo, parte ricorrente ha formulato impropriamente un quesito di diritto (richiesto allorquando sia denunciato un vizio riconducibile ai n. da 1 a 4 dell’art. 360 c.p.c.), che si risolve in un mero interpello alla Corte affinchè dica se sulla base delle risultanze istruttorie “debba ritenersi superata, nel caso di specie, la soglia di normale tollerabilità ex art. 844 c.c.”.

2) Quanto al secondo aspetto, occorre rilevare che parte ricorrente, nell’indicare testimonianze e altre risultanze istruttorie asseritamente malvalutate dal giudice d’appello, ha omesso di trascrivere integralmente le deposizioni e gli altri punti rilevanti, poichè si è limitata ad indicare quelli ritenuti a sè utili, trascurando sia talune parti valorizzate dalla sentenza per giungere alla conclusione opposta a quella voluta, sia la necessità di far emergere la decisività delle risultanze a sè favorevoli, il che nella specie era possibile solo mettendole a confronto con i passaggi valutativi della sentenza d’appello.

Si rileva infatti che il giudice di merito non ha malinteso il senso delle frasi valorizzate in ricorso, nè ha ignorato il materiale raccolto, ma lo ha giudicato insufficiente a raggiungere la prova del superamento, in modo apprezzabile e rilevante giuridicamente, del limite di tollerabilità delle immissioni (Cass. 12362/06; 11886/06;

8960/06; 7610/06).

3) Al precedente rilievo è connessa la terza considerazione: la critica svolta in ricorso si risolve in una richiesta di nuova valutazione di merito, preclusa in sede di legittimità.

I vizi della motivazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass., 6064/08; 18709/07).

Il Collegio condivide questa considerazioni, già svolte nella memoria depositata ex art. 380 bis c.p.c., e idonee a giustificare la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Discende da quanto esposto la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 2.000,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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