Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14241 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. III, 08/07/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21245/2018 proposto da:

B.V., L.V., BA.SE.BR.,

BU.AN., F.V., M.F.,

D.A., S.V., SC.VI., C.C.,

R.V., P.S. in proprio e n.q. di Presidente e

Rappresentante Legale del Comitato R.I.T.A., T.R.,

G.M., p.g. n.q. di convivente di G.R.,

A.M., domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato GIUSEPPE

ULIANO;

– ricorrenti –

contro

ENPAM ENTE NAZIONALE PREVIDENZA E ASSISTENZA MEDICI E ODONTOIATRI, in

persona del Presidente e Legale Rappresentante, elettivamente

domiciliato in ROMA, LARGO TRIONFALE 7, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI MANNUCCI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VINCENZO SQUILLACI;

MA.FE., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO XI

13, presso lo studio dell’avvocato MICHELE LIGUORI, che lo

rappresenta e difende;

CA.PA.MA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO

XI 13 presso lo studio dell’avvocato MICHELE LIGUORI, che la

rappresenta e difende;

DA.CHI.RO. S.R.L. in persona dell’amministratore unico e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GREGORIO XI 13 presso lo studio dell’avvocato MICHELE LIGUORI, che

la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

EMME 1 SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1793/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità o il

rigetto;

udito l’Avvocato GIUSEPPE ULIANO;

udito l’Avvocato LUIGI MANNUCCI in proprio e in sostituzione

dell’avvocato AUILLACI V. per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 19/4/2018, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda promossa da B.V., L.V., Ba.Se.Br., Bu.An., F.V., M.F., D.A., S.V., Sc.Vi., C.C., R.V., P.S., T.R., G.M., p.g. e A.M., per l’accertamento, in contraddittorio con l’Enpam, la Emme 1 s.r.l., la Da.Chi.Ro. s.r.l., Ca.Pa.Ma. e Ma.Fe., del diritto degli attori a esercitare i propri diritti di prelazione e/o di opzione in relazione all’acquisto di immobili di proprietà dell’Enpam e dagli stessi attori condotti in locazione.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come agli attori non spettasse alcun diritto di prelazione e/o di opzione in relazione all’acquisto degli immobili dagli stessi condotti in locazione, attesa l’inapplicabilità, all’Enpam, della disciplina sulla prelazione legale di cui alla L. n. 104 del 1996 e L. n. 662 del 1996, attesa la già avvenuta trasformazione di detto ente in persona giuridica di diritto privato all’epoca d’introduzione della nuova disciplina legislativa.

3. Sotto altro profilo, peraltro, la corte territoriale ha evidenziato come, in capo agli attori, neppure potesse predicarsi il diritto all’esercizio della prelazione convenzionale dedotta in giudizio, avendo l’ente previdenziale provveduto alla cessione in blocco (e non frazionata) degli appartamenti detenuti dagli attori, senza peraltro che gli stessi avessero mai formulato un’adeguata o efficace proposta di acquisto in blocco degli immobili condotti in locazione attraverso l’intervento di una figura giuridica collettiva esponenziale dei relativi interessi, come pure agli stessi era stato riconosciuto dall’ente previdenziale proprietario.

4. Avverso la sentenza d’appello, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi d’impugnazione.

5. L’Enpam, la Da.Chi.Ro. s.r.l., Ca.Pa.Ma. e Ma.Fe. resistono con distinti controricorsi, cui ha fatto seguito il deposito di ulteriori memorie.

6. Nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva il Collegio di dover preliminarmente rilevare l’improcedibilità del ricorso per la violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in quanto, pur avendo la parte ricorrente dichiarato che la sentenza impugnata le è stata notificata via PEC in data 11/5/2018 (v. pagg. 3-4 del ricorso), non risulta però depositata la copia autentica di detta sentenza con la relazione di notificazione, essendosi i ricorrenti limitati al solo deposito della copia della sentenza di appello senza la corrispondente relazione di notificazione e, in particolare, il messaggio di avvenuta ricezione della notificazione con relativa attestazione di conformità.

2. Peraltro, nessuna copia autentica della sentenza impugnata munita della relazione di notificazione si rinviene nella produzione delle parti controricorrenti, con la conseguenza che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, non rivelandosi esistenti neppure i presupposti della c.d. “prova di resistenza” circa l’eventuale riscontro di tempestività del ricorso (notificato nel luglio del 2017) rispetto alla data di deposito della sentenza (del 19/4/2018).

3. Al riguardo, neppure può ritenersi applicabile, al caso di specie (quanto alla correttezza del rilievo dell’improcedibilità del ricorso), quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8312/2019 (Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019). Tale decisione (riferita alla specifica ipotesi in cui la sentenza impugnata sia stata notificata a mezzo PEC, come nel caso di specie) ha, infatti, avuto modo di precisare alla pag. 42, sub 2) che ai fini della procedibilità del ricorso si palesa comunque necessario (indipendentemente dalla mancata contestazione di controparte) il tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio PEC con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, posto che solo in tal caso è dato al ricorrente provvedere al deposito sino all’udienza dell’attestazione di conformità del messaggi cartacei.

4. Deve quindi reputarsi che il ricorso resti improcedibile là dove, pur essendosi depositata copia autentica della sentenza (che però si assume essere stata notificata), non siano stati tempestivamente depositati nel termine di cui art. 369 c.p.c., comma 1, anche i detti messaggi PEC con annesse ricevute.

5. Tale conclusione, del resto, risulta conforme all’orientamento già fatto proprio da questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio al fine di assicurarne continuità), ai sensi del quale il ricorso per cassazione è improcedibile qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall’art. 369 c.p.c., comma 1, copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC) e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019, Rv. 654987 – 01).

6. Nel caso in esame, come rilevato, risulta prodotta solo la copia della sentenza d’appello, non rinvenendosi alcuna copia cartacea dei messaggi di spedizione e di ricezione a mezzo PEC della stessa sentenza, nè nella produzione dei ricorrenti nè in quella delle parti controricorrenti.

7. Alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore di ciascuna parte controri-corrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara improcedibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.700,00 per ciascuna parte, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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