Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14239 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 25/05/2021), n.14239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.F., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

stesa in calce al ricorso, dall’Avv.to Francesco Castiello, che ha

indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio

del difensore, alla via Giuseppe Cerbara n. 64 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 711, pronunciata dalla Commissione tributaria

regionale Emilia-Romagna il 3.2.2014, e pubblicata il 7.4.2014;

ascoltata, in camera di Consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Di Marzio Paolo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. In data 17.9.2002, C.F. acquistava un appartamento, sito in Bologna alla (OMISSIS), per l’importo di Euro 120.000,00. A seguito dei necessari lavori di ristrutturazione edilizia, lo frazionava in due appartamenti, uno di mq. 44, che vendeva il 29.7.2004 per la somma di Euro 140.000,00, ed uno di mq. 49, che vendeva in data 19.1.2005, per l’importo di Euro 205.000,00. L’Ente impositore, con avviso di accertamento n. (OMISSIS) rettificava la dichiarazione dei redditi del contribuente, e richiedeva il pagamento dei tributi sulla plusvalenza conseguita mediante la rivendita dell’appartamento ceduto nell’anno 2004, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 67, comma 1, lett. b). In relazione all’appartamento venduto nell’anno 2005, il contribuente aveva dichiarato un reddito di Euro 19.000,00, sottraendo dal prezzo di vendita le spese sostenute per il frazionamento, indicate come pari ad Euro 186.000,00. L’Amministrazione finanziaria, con avviso di accertamento n. (OMISSIS), rettificava le spese, riducendole ad Euro 65.361,00. Anche in questo caso l’Agenzia delle entrate riteneva che trovasse applicazione il TUIR, art. 67, e che pertanto dovessero essere assoggettate a tassazione, quali redditi diversi, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati da non più di cinque anni, non ricorrendo l’ipotesi di esclusione costituita dall’avere il venditore avuto quale abitazione principale proprio l’immobile per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la cessione.

2. Avverso gli avvisi di accertamento, C.F. proponeva impugnazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bologna, che trattava separatamente ed accoglieva entrambi i ricorsi, ritenendo insussistente sia il presupposto oggettivo (il conseguimento di una plusvalenza), sia quello soggettivo (il conseguimento di un reddito tassabile ai sensi del TUIR, art. 67, comma 1), e pertanto annullava ambedue gli atti impositivi.

3. Avverso le decisioni sfavorevoli conseguite in primo grado, l’Agenzia delle entrate ricorreva innanzi alla Commissione tributaria regionale Emilia-Romagna, che accoglieva le impugnative osservando, in particolare, che il contribuente non aveva dato prova del proprio diritto ad usufruire dell’esenzione dal regime di tassazione delle plusvalenze, non avendo dimostrato di aver dimorato nell’immobile, prima acquistato e poi frazionato e rivenduto, per la maggior parte del tempo. In conseguenza gli avvisi di accertamento rimanevano confermati.

4. Le decisioni adottate dalla Ctr sono state impugnate per cassazione con separati ricorsi dal contribuente, che si è affidato a quattro motivi di contestazione in questo giudizio, che ha ad oggetto i maggiori tributi pretesi in relazione all’anno 2004. L’Agenzia delle entrate non si è costituita nei termini di legge, depositando soltanto istanza di partecipazione all’eventuale udienza di trattazione pubblica del giudizio. Il ricorrente ha pure depositato memoria, domandando dichiararsi la propria sopravvenuta mancanza di interesse alla decisione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il suo primo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’affermazione dell’impugnata Ctr secondo cui egli non avrebbe provato il pagamento di utenze che facessero presumere avesse abitato per la maggior parte del tempo l’immobile, da quando lo aveva acquistato a quando l’aveva poi rivenduto, dopo aver proceduto al suo frazionamento.

2. Mediante il secondo mezzo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente censura la violazione del TUIR, art. 67, comma 1, lett. b), in cui è incorsa la Ctr impugnata per aver erroneamente assimilato le nozioni di dimora e residenza anagrafica, mentre ciò che rileva, ai fini della normativa invocata, non è la residenza anagrafica “ma l’utilizzo dell’immobile come abitazione principale” (ric., p. 11).

3. Con il suo terzo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente critica la violazione del principio costituzionale del giusto processo, in cui è incorsa la Ctr, non rispettando il diritto delle parti alla “parità delle armi” (ric., p. 13), negando ogni valore al documento sottoscritto dall’amministratore del condominio di (OMISSIS) in Bologna, attestante la sua presenza sistematica presso l’abitazione acquistata nello stabile, e trascurando il rilievo della posseduta residenza anagrafica nell’immobile, per un certo periodo di tempo, nonchè la documentazione relativa al pagamento delle utenze ENEL.

4. Mediante il quarto motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’impugnante lamenta la violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 56, in cui è incorsa la Ctr, non avendo affatto pronunciato “in ordine al riconoscimento delle spese occorrenti al frazionamento dell’immobile” (ric., p. 14).

5. Non sussistono le condizioni per procedere all’esame nel merito del giudizio. Il ricorrente, infatti, ha depositato una documentata istanza con la quale domanda di dichiarare il proprio sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del giudizio, avendo aderito, in relazione all’accertamento fiscale relativo all’anno 2004, alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 3, come conv., c.d. rottamazione ter. L’istante ha pure depositato copia dell’istanza di adesione, debitamente sottoscritta e rivolta all’Agenzia delle entrate riscossione, con attestazione dell’intervenuto deposito.

6. Invero il contribuente non ha provveduto ad assicurare prova di aver notificato istanza e documentazione allegata alla controparte, l’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. e dell’art. 390 c.p.c., u.p..

Difettando, nel caso di specie, dei requisiti prescritti dalle norme su richiamate, l’atto depositato non sarebbe di per sè idoneo a determinare l’estinzione del processo, non essendo il Collegio in condizione di verificare che ogni ragione di contestazione sia rimasta soddisfatta in conseguenza della ricordata adesione alla definizione agevolata ma, essendo inequivocabilmente indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso da parte del contribuente, comporta comunque la sopravvenuta inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Cass. sez. U, sent. 18.02.2010, n. 3876).

7. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, non avendo l’intimata Agenzia delle entrate svolto difese in questo giudizio.

8. Il ricorrente non deve essere onerato del pagamento del c.d. “doppio contributo”, in applicazione del principio che questa Corte ha già avuto occasione di chiarire e ribadire, spiegando che “l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (nella specie, per sopravvenuto difetto di interesse)”, Cass. sez. VI-II, 2.7.2015, n. 13636 (conf. Cass., sez. III, 10.2.2017, n. 3542, Cass. sez. V, 7.12.2018, n. 31732).

PQM

La Corte:

dichiara l’inammissibilità sopravvenuta per carenza di interesse alla pronuncia, in relazione al ricorso proposto da C.F..

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

 

 

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