Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14239 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. III, 08/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18563/2017 R.G. proposto da:

B.L., rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Cavalli,

domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

F.R., rappresentato e difeso dall’Avv. Lamberto Lambertini,

con domicilio eletto in Roma, piazza Venezia, n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 235 del Tribunale di Belluno depositata il 4

maggio 2017.

Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto

sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO

F.R. veniva nominato consulente tecnico d’ufficio nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, pendente dinanzi al Tribunale di Verona, promosso da B.L. nei confronti della M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a. A titolo di compenso per l’attività prestata, con decreto del 2 maggio 2007, al F. veniva liquidata la somma di Euro 9.905,00. Avverso il decreto di liquidazione il B. spiegava opposizione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 84 e 170, in accoglimento della quale, il Tribunale di Verona, con ordinanza del 29 agosto 2007, riliquidava l’importo in Euro 8.672,00, oltre accessori di legge. L’ordinanza veniva impugnata – sempre dal B. – con ricorso per cassazione (atto notificato il 29 ottobre 2008).

Nel frattempo, la suddetta ordinanza, munita di formula esecutiva, veniva notificata al debitore, una prima volta, il 29 novembre 2008 e, una seconda volta, con atto di precetto in rinnovazione, il 19 novembre 2010; seguiva, il 23 dicembre 2010, la notifica dell’atto di pignoramento immobiliare con cui si dava avvio alla procedura espropriativa.

In data 23 marzo 2012 il B. proponeva opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., per denunciare il difetto di notifica dell’atto di pignoramento. Sosteneva di aver avuto conoscenza solo casualmente della procedura espropriativa intrapresa in suo danno.

Il F. si costituiva ed eccepiva la tardività dell’opposizione, sul presupposto che l’opponente non avesse dato prova del momento in cui aveva avuto conoscenza del provvedimento opposto; nel merito, domandava il rigetto dell’opposizione.

Il giudice dell’esecuzione, rigettata l’istanza di sospensione assegnava alle parti un termine per introdurre il giudizio di merito, che veniva instaurato dall’opponente dinanzi al Tribunale di Belluno.

Nelle more del giudizio, veniva pubblicata la sentenza n. 4016 del 2015 di accoglimento del ricorso per cassazione proposto dal B. avverso l’ordinanza del 29 agosto 2007 del Tribunale di Verona; la Corte, decidendo nel merito, liquidava in favore del F. la somma di Euro 2.000,00 a titolo di onorario professionale.

Il 16 giugno 2015, nel giudizio di opposizione agli atti, il B. eccepiva la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo conseguente alla pronuncia della Suprema Corte – e domandava pronunciarsi la cessazione della materia del contendere; egli sosteneva, infatti, che la somma di Euro 2.000,00, non fosse in contestazione tra le parti – somma, a suo dire, già pagata – per cui non residuavano ulteriori legittime pretese del F..

Due giorni dopo, il 18 giugno 2015, il B. proponeva, dinanzi al Tribunale di Belluno, opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., comma 2, deducendo l’inesistenza del credito. Non essendo introdotta la fase di merito, con ordinanza del 6 novembre 2015, il giudice dell’esecuzione dichiarava estinta la procedura esecutiva e disponeva la cancellazione della trascrizione dell’atto di pignoramento.

Il 4 maggio 2017 veniva pubblicata la sentenza n. 235/2017 che definiva la fase di merito del giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c. (che qui interessa); dichiarata inammissibile la questione relativa alla sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo, il Tribunale di Belluno rigettava l’opposizione e condannava il B. al pagamento, in favore del F., delle spese di giustizia liquidate in Euro 3.235,00, oltre accessori di legge.

B.L. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, articolando due motivi. F.R. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

La sentenza impugnata ha respinto la doglianza relativa alla nullità della notificazione dell’atto di pignoramento (pag. 7-8 “L’eccezione deve essere respinta (…) La notificazione dell’atto di pignoramento immobiliare presso l’indirizzo di Via Agrigento 17, Roma, deve dunque ritenersi correttamente eseguita”). Tale capo della sentenza non costituisce oggetto di impugnazione in questa sede, sicchè deve oramai ritenersi incontrovertibilmente accertato che l’atto di pignoramento venne ritualmente notificato al B..

Una volta accertata la validità della notificazione dell’atto di pignoramento (23 dicembre 2010), deve ravvisarsi la tardività dell’opposizione agli atti esecutivi, proposta con ricorso depositato solamente in data 23 marzo 2012, quindi in netta violazione del termine perentorio di venti giorni previsto dall’art. 617 c.p.c..

Non osta a tale conclusione la circostanza che il Tribunale abbia, ciononostante, esaminato nel merito l’opposizione, rigettandola.

Infatti, la questione della tardività dell’opposizione può essere rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità, riguardando l’esistenza dei presupposti di validità dell’azione e del conseguente giudizio (Sez. 3, Sentenza n. 29021 del 13/11/2018, Rv. 651659-01; Sez. 3, Sentenza n. 26703 del 23/10/2018, Rv. 651169-01).

Il rilievo di tardività dell’opposizione e la sua conseguente nullità, solleva questa Corte dall’onere di esaminare le censure esposte in ricorso, che attengono solo al merito della lite.

In conclusione, deve essere rilevata d’ufficio, ora per allora la tardività dell’opposizione agli atti esecutivi. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata senza rinvio e le spese della causa di merito e del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Poichè il ricorso non viene esaminato nel merito, prevalendo l’inammissibilità originaria dell’opposizione, rilevata d’ufficio in questa sede, non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta con ricorso del 23 marzo 2012, perchè tardiva.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, liquidate in Euro 3.250,00, e in quelle del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfettarie nella misura del 15%, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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