Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14235 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/06/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 28/06/2011), n.14235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.M.M.R., elettivamente domiciliata in Roma, v.le Carso

n. 23, presso lo studio dell’Avv. Damiza Maria Rosaria, che la

rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del

legale rappresentante pro tempore, eletrivamente domiciliato in Roma,

via della Erezza n. 17, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avv.ri Lancetta Elisabetta e

Massimiliano Morelli, per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4914/2008 della Corte d’appello di Roma,

pronunziata in causa n. 6331/05 r.g., depositata in data 19.5.2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 10.05.2011 dal Consigliere Dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- D.M.M.R., dipendente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), in servizio presso la sede di Latina, adiva il locale giudice del lavoro chiedendo l’accertamento dell’illegittimità: a) della trattenuta sulla retribuzione operata dall’Istituto dall’1.10.99 a titolo di contributo di solidarietà del 2%, ai sensi della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5; b) della determinazione della retribuzione annua utile ai fini del calcolo del trattamento di previdenza e di quiescenza, con obbligo per l’Istituto di inserirvi tutte le voci retributive previste dal regolamento del Fondo integrativo (art. 5), dal c.c.n.l. 1998-2001 (art. 28) e dall’integrativo nazionale per lo stesso periodo (art. 19), in particolare inserendo il salario di professionalità.

In subordine chiedeva che fossero riviste le modalità di calcolo del contributo di solidarietà.

Il Tribunale del Lavoro di Latina rigettava il ricorso con riferimento alla trattenuta del contributo di solidarietà e lo accoglieva quanto alla richiesta di rideterminazione della retribuzione annua utile ai fini del calcolo del trattamento di previdenza e quiescenza.

2.- Proposto appello da entrambe le parti, l’INPS in via principale ed il dipendente in via incidentale, ognuna per ottenere la riforma della prima sentenza in relazione alla parte di propria soccombenza, la Corte d’Appello di Roma con sentenza del 19.5.09 accoglieva l’impugnazione dell’INPS e rigettava quella del dipendente.

Quanto alla determinazione della retribuzione utile per la pensione integrativa ed il trattamento di fine rapporto, rilevava che le voci stipendiali invocate dal dipendente non avevano carattere fisso e continuativo per modalità di concreta erogazione e tenore della fonte di prensione. Quanto alle trattenute, la natura solidaristica propria del contributo di solidarietà, sosteneva la Corte di merito, imponeva di prescindere da qualsivoglia corrispettività tra il prelievo e la prestazione pensionistica integrativa, così, da doverne considerare destinatari non solo i dipendenti già titolari di prestazioni integrative ma anche i dipendenti ancora in servizio alla data del 30.9.1999.

3.- Proponeva ricorso per cassazione la dipendente, cui rispondeva l’INPS con controricorso.

Il consigliere relatore ai sensi del art. 380 bis e art. 375 c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

L’INPS ha depositato memoria.

4.- I morivi di ricorso dedotti dal ricorrente possono essere così sintetizzati:

4.1.- violazione degli artt. 112, 334, 346, 434, 342, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostenendo che l’INPS aveva appellato la sentenza di primo grado solo in punto di determinazione della buonuscita, di modo che la statuizione relativa al trattamento di previdenza integrativa era da ritenere passata in giudicato e non passibile di riesame da parte del giudice di appello.

4.2.- violazione degli artt. 5 e 34 del regolamento 18.3.71 per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale INPS, nonchè della L. n. 70 del 1975 e della L. n. 144 del 1999, art. 64, art. 2120 c.c., art. 28 c.c.n.l. 1998-2001 e art. 19 c.c., integrativo INPS 1998-2001. Il primo giudice aveva statuito che gli emolumenti menzionati dal ricorrente sono computabili ai fini sia della buonuscita che, in ragione dell’identità della fonte normativa, del trattamento integrativo previdenziale; in particolare aveva inserito nel computo della buonuscita tutti gli emolumenti aventi carattere fisso e continuativo, ed in particolare le indennità previste da detti artt. 28 e 19 e le quote di salario accessorio attribuite a titolo di salario di professionalità, altrimenti denominato assegno di garanzia. Avendo l’INPS impugnato la sentenza solo per gli aspetti inerenti l’indennità di buonuscita, la sentenza sarebbe passata in giudicato per quanto riguarda il computo del trattamento di previdenza; in ogni caso, la sentenza di appello è errata nella parte in cui, tanto ai fini della buonuscita che del trattamento di previdenza, esclude le dette indennità dal computo.

4.3.- violazione ed errata interpretazione della L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 3, e dell’art. 72 del regolamento di previdenza e quiescenza, nella parte in cui il giudice di merito ritiene dovuto, per il personale ancora in servizio, il contributo di solidarietà del due per cento gravante sulla retribuzione e da calcolarsi sulla pensione integrativa.

5.- I motivi primo e secondo sono inammissibili per la parte con la quale si censura la sentenza impugnata per la statuizione adottata a proposito del computo della pensione integrativa. La D.M. al momento della proposizione della domanda era, intatti, ancora dipendente dell’INPS e non vantava un interesse attuale alla determinazione delle modalità di calcolo della pensione integrativa, in forza del principio generale secondo cui le prestazioni pensionistiche vengono liquidate facendo applicazione della disciplina normativa vigente ai momento della liquidazione stessa, salva l’esistenza di espresse disposizioni in senso contrario.

6.- I motivi in questione sono invece infondati per la parte con cui si censura la statuizione in punto di trattamento di fine rapporto.

Al riguardo deve rilevarsi che le Sezioni unite (sentenza 25.3.10 n. 7154 ed altre coeve), esclusa l’assimilazione del regime di computo della pensione integrativa e di quello del trattamento di quiescenza o di fine rapporto sostenuto dal ricorrente, hanno affermato che per determinare la base di calcolo del trattamento di quiescenza o di ime rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del cd.

parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di.

fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo di godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio.

TI riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione L. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per 1 dipendenti dell’INPS) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere, fisso e continuativo.

7.- E’, invece, fondato il terzo motivo, atteso che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che in materia di contribuzione previdenziale, la L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5, si interpreta nel senso che il contributo di solidarietà del due percento ivi introdotto si applica, a decorrere dall’1.10.99, soltanto sulle prestazioni integrative contemplate dai soppressi fondi per la previdenza integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria, per le quali sussistano tutti i presupposti voluti dalla legge e dalle disposizioni regolamentari, nel cui ambito va ricompresa l’intervenuta cessazione dal servizio, dovendosi invece escludere l’applicabilità del contributo a carico dei lavoratori ancora in servizio dopo detta data (Cass. 3.6.10 n. 13454, 31.5.10 e 20.5.09 n. 11732).

8.- In conclusione, i primi due motivi debbono essere ritenuti inammissibili per la censura inerente la quantificazione della pensione integrativa e debbono essere ritenuti infondati per la censura inerente il trattamento di fine rapporto.

Per questa seconda parte il rigetto dell’appello è conforme a diritto e quindi, seppure con la diversa motivazione appena indicata, la pronunzia impugnata deve essere sul punto confermata.

E’, invece, fondato il terzo motivo, attinente la non debenza del contributo di solidarietà, atteso che la ricorrente D.M. al momento del ricorso introduttivo era ancora in servizio. Il morivo deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione all’accoglimento.

Ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, può provvedersi nel merito, dichiarando non dovuto dalla D.M. il contributo di solidarietà del due per cento previsto dalla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5.

Essendo i definitivi orientamenti della Corte di cassazione intervenuti solamente dopo la proposizione del ricorso, sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte così provvede:

– rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo e cassa l’impugnata sentenza in relazione alla censura accolta;

– provvedendo nel merito dichiara non dovuto da D.M.M.R. il contributo di solidarietà del due per cento previsto dalla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5;

– compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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