Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14235 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/06/2017, (ud. 01/03/2017, dep.07/06/2017),  n. 14235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6484/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato GEMMA PATERNOSTRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato OLINTO RAFFAELE VALENTINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1798/6/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALI di BARI, depositata il 02/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’ 01/03/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 25 maggio 2015 la Commissione tributaria regionale della Puglia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1481/22/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso di P.N. contro l’avviso di accertamento IRPEF ed altro 2007. La CTR osservava in particolare che le contestate spese di pubblicità derivanti da un contratto di sponsorizzazione tra il contribuente quale sponsor e la Pallacanestro Fortitudo Molfetta ASD dovevano considerari inerenti, anche in virtù del disposto speciale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, dunque integralmente deducibili dal reddito di impresa del P..

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso il contribuente, che ha poi anche depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 109, commi 1-5 T.U.I.R., L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, art. 2697 c.c., poichè la CTR ha affermato l’inerenza del costo de quo.

La censura è inammissibile e comunque infondata.

Per un primo verso infatti, va ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015).

Lo sviluppo della censura in esame a ben vedere è in chiaro contrasto con tale principio di diritto, poichè mira a provocare un riesame del merito della causa, certamente non consentito in questa sede.

In ogni caso risulta pacifico che la spesa in questione riguarda la sponsorizzazione di una ASD, sicchè in diritto è corretta la sussunzione della CTR pugliese della fattispecie concreta nella previsione normativa speciale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, che poi altresì correttamente interpreta.

Bisogna ricordare che il testo normativo de quo dispone che “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonchè di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 Euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’art. 74, comma 2 del Testo Unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917”.

Come già precisato da questa Corte (Sez. 5. n. 5720/2016), tale norma agevolativa ha introdotto una “presunzione legale assoluta” circa la natura pubblicitaria e non di rappresentanza di dette spese di sponsorizzazione, peraltro ponendo precise condizioni per la sua applicabilità e precisamente che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (es. apposizione del marchio sulle divise, esibizione di striscioni e/o tabelloni sul campo da gioco, etc.).

La CTR, appunto pacifico che l’associazione sponsee ha qualità di ASD, ha valutato in concreto la sussistenza di tali requisiti, in particolare rilevando che vi era la prova di un contratto di sponsorizzazione per Euro 10.000 contenente specifiche previsioni circa le prestazioni delle parti, che il corrispettivo è stato versato e che la documentazione fotografica in atti asseverava l’esecuzione delle sue prestazioni da parte della sponsee.

Nessuna violazione/falsa applicazione è dunque ravvisabile nella sentenza impugnata in ordine al punto decisionale de quo.

Con il secondo mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’Agenzia fiscale ricorrente si duole di omesso esame di un fatto decisivo controverso sempre con riguardo alla deducibilità del costo in oggetto.

La censura è inammissibile.

Trattandosi di questione di fatto sulla quale nel giudizio di merito si è concretizzata una “doppia conforme”, il mezzo non è proponibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5 (cfr. Sez. U, 8053/2014).

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater (Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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