Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14230 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. un., 08/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19003/2018 proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE

44, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, rappresentato

e difeso dagli avvocati MARIO VIVIANI ed ANGELA SARLI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

contro

PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI

CONTI PER LA LOMBARDIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 533/2017 della CORTE DEI CONTI – I SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 12/12/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

udito l’Avvocato Angela Sarli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato Il giugno 2016, il Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Lombardia della Corte dei Conti – muovendo dai capi di imputazione desunti dalla sentenza del Tribunale di Milano n. 1658 del 10/02/2009, con la quale l’ing. I.F. era stato condannato e pana detentiva e pecuniaria per il delitto di turbativa d’asta aggravata – contestava al medesimo, all’epoca dei fatti (anni 2000/2002) Direttore centrale Patrimonio-Servizi generali della Provincia di Milano, alcune condotte illegittime, a parere dell’Ufficio poste in essere mediante affidamento dei lavori “a trattativa privata e cottimo fiduciario”, dalle quali sarebbe derivato alla Provincia di Milano un pregiudizio economico qualificato come “danno alla concorrenza e danno da disservizio”, e quantificato in complessivi Euro 241.213,00. Le condotte ascritte all’ I. si sarebbero concretate – secondo la Procura Regionale nell’affidamento diretto dei lavori, mediante trattativa privata e cottimo fiduciario, ricorrendo altresì all’artificioso frazionamento delle opere da eseguirsi – da considerarsi, invece, unitarie – al fine di consentire la loro assegnazione in prevalenza all’impressa F.lli M. s.a.s.

1.1. La sentenza penale succitata veniva, poi, parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Milano che – con sentenza n. 5174/2012 – dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’ing. I. per essersi i reati ascritti al medesimo estinti per intervenuta prescrizione, confermando, peraltro, con statuizione passata in giudicato ex art. 585 c.p.p., per omessa impugnazione da parte del convenuto, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall’ente, costituitosi parte civile nel processo penale, quantificati in Euro 20.000,00.

1.2. Con sentenza n. 222 del 20/12/2016, la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia, disattendeva l’eccezione di violazione del principio del “ne bis in idem”, sollevata dall’ I., per essersi sulla domanda risarcitoria proposta dalla Procura Regionale già pronunciato il giudice penale, dichiarava prescritto il diritto al risarcimento del “danno da disservizio”, non essendovi stata – al riguardo – domanda risarcitoria in sede penale, e rigettava, per difetto di prova, la pretesa di risarcimento del “danno alla concorrenza” avanzata dalla Procura Regionale.

2. Quest’ultima proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, chiedendo la condanna del convenuto al risarcimento del “danno alla concorrenza”, prestando acquiescenza alla decisione relativa al “danno da disservizio”. Proponeva, a sua volta, appello incidentale l’ing. I. nei confronti del capo di sentenza che aveva respinto l’eccezione di violazione del principio del ne bis in idem. Con sentenza n. 533 depositata il 12/12/2017, la Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’appello accoglieva il gravame della Procura regionale, condannando il convenuto al pagamento di Euro 280.000,00, somma già rivalutata, oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo, mentre respingeva l’appello incidentale proposto dall’ I..

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’ing. I.F., affidato ad un solo motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. Resiste con controricorso il Procuratore generale presso la Corte dei Conti. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’ing. I. denuncia il difetto assoluto di giurisdizione, ex art. 362 c.p.c., comma 1, sub specie dell’eccesso di potere giurisdizionale, per essersi la Corte dei Conti pronunciata sulla domanda risarcitoria proposta dalla Procura Regionale, sebbene la sentenza penale della Corte d’appello di Milano, n. 5174/2012, passata in giudicato, avesse condannato il convenuto al risarcimento dei danni per i medesimi fatti materiali.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Va osservato che il rapporto tra giurisdizione contabile e giurisdizione ordinaria è stato sottoposto più volte al giudizio di questa Corte, sotto lo specifico profilo della violazione del principio del ne bis in idem, per avere la Pubblica Amministrazione – prima dell’instaurazione del giudizio dinanzi alla Corte dei Conti – proposto l’azione di risarcimento del danno dinanzi al giudice civile o costituendosi parte civile nel giudizio penale.

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha sempre affermato che non sussiste violazione del principio del “ne bis in idem” tra il giudizio civile introdotto dalla P.A., avente ad oggetto l’accertamento del danno derivante dalla lesione di un suo diritto soggettivo conseguente alla violazione di un’obbligazione civile, contrattuale o legale, o della clausola generale di danno aquiliano, da parte di soggetto investito di rapporto di servizio con essa, ed il giudizio promosso per i medesimi fatti innanzi alla Corte dei Conti dal Procuratore contabile, nell’esercizio dell’azione obbligatoria che gli compete. Ed invero, la prima causa è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola Amministrazione attrice, mentre l’altra, invece, è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria (Cass., 14/07/2015, n. 14632; Cass., 20/12/2018, n. 32929).

2.2. La relazione di reciproca indipendenza e complementarità sussistente tra le due azioni è stato, dipoi, evidenziata – per quel che rileva in questa sede – sotto il profilo del rapporto tra le giurisdizioni, con specifico riferimento alla potestà regolatrice assegnata dall’ordinamento a queste Sezioni Unite (art. 111 Cost., comma 8, art. 65 ord. giud.).

Si è – per vero – affermato, al riguardo, che, in tema di responsabilità erariale, la giurisdizione civile e quella penale, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità da far valere davanti alla Corte dei Conti, senza dar luogo ad una questione di giurisdizione (Cass. Sez. U., 28/11/2013, n. 26582).

Deve, pertanto, escludersi l’ammissibilità del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., avverso le decisioni della Corte dei Conti, per violazione del “ne bis in idem”, risolvendosi tale vizio in un error in iudicando, sui limiti interni della giurisdizione, sotto il profilo della proponibilità o proseguibilità della domanda per effetto di una precedente pronuncia del giudice penale (o civile). Deve osservarsi, infatti, che il sindacato del giudice di legittimità è circoscritto al controllo dei limiti esterni della giurisdizione, laddove l’eventuale interferenza tra il giudizio penale (o il giudizio civile) e quello contabile pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità erariale, essendo le giurisdizioni reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche in relazione allo stesso fatto materiale (Cass. Sez. U., 28/12/2017, n. 31107).

2.3. Il principio suesposto – da tempo enunciato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. già Cass. Sez. U., 30/03/1990, n. 2614, che ha dichiarato inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione, proposto sotto il profilo in discussione) – è stato di recente ribadito da queste Sezioni Unite, essendosi affermato che l’azione di responsabilità per danno erariale e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali. Ed invero, la prima di tali azioni è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria, mentre la seconda è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare dell’amministrazione attrice.

Ne discende che le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione, non di giurisdizione, ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile, sempre che non sia contestata dinanzi a quest’ultimo la configurabilità stessa, in astratto, di un danno erariale, in relazione ai presupposti normativamente previsti per il sorgere della responsabilità amministrativa contestata dal P.G. contabile. Solo in tale ultimo caso, invero, – profilo nella specie, peraltro, neppure adombrato dal ricorrente, che si duole esclusivamente della violazione del principio del “ne bis in idem” – viene a configurarsi una questione di giurisdizione risolvibile dalle Sezioni Unite, essendo posta in discussione la potestas iudicandi del giudice contabile, la cui definizione è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario, non essendo la Corte dei Conti “il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela da danni pubblici” (Cass. Sez. U., 19/02/2019, n. 4883).

3. In conclusione, non risultando proposti motivi inerenti alla giurisdizione, il ricorso – su conforme parere del Procuratore Generale – deve essere dichiarato inammissibile. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, in considerazione della natura di parte in senso solo formale della Procura Generale presso la Corte dei Conti.

PQM

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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