Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14228 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 25/05/2021), n.14228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO G.M. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6319/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Eco Garden s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, piazza Mazzini n. 8,

presso lo studio dell’avv. Eugenio Della Valle, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 52/18/12, depositata l’11 luglio 2012.

Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto

procuratore generale Dott. Giacalone Giovanni, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 gennaio

2021 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 52/18/12 dell’11/07/2012 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (di seguito CTR) ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Modena (di seguito CTP) n. 61/01/10, la quale aveva accolto il ricorso proposto dalla Eco Garden s.r.l. avverso un avviso di accertamento concernente IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2006;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, con l’avviso di accertamento veniva contestata la sottofatturazione in relazione alla vendita di diciannove cessioni di immobili, con conseguente accertamento di un reddito di impresa quasi doppio rispetto a quello dichiarato e con conseguente rettifica anche ai fini IRAP e IVA;

1.2. la CTR, per quanto ancora interessa in questa sede, respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate, evidenziando che: a) l’accertamento fondato sui soli valori OMI era nullo, sicchè “in presenza di un’incongruenza tra il prezzo dichiarato e il valore O.M.I., non potrà più considerarsi tale fatto una presunzione legale ma un elemento indiziario che potrà essere valutato come semplice media di settore”; b) l’ufficio aveva fatto ricorso ad una serie di presunzioni, con conseguente violazione del principio praesumptum de praesumpto non admittitur; c) “il confronto di una ristrutturazione completa e il prezzo di acquisto di un immobile, dopo aver rilevato che un mutuo dovrebbe essere stato stipulato per un prezzo più elevato rispetto a quello dichiarato, non possono costituire da parte dell’Ufficio presunzioni tali da poter sostenere che le due cessioni siano state poste in essere a prezzi superiori”; d) l’Ufficio aveva erroneamente presunto che tutte e diciannove le cessioni fossero avvenute a prezzi superiori a quanto dichiarato; e) l’accertamento in via indiziaria deve seguire i criteri di cui all’art. 2727 c.c.;

2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

3. Eco Garden s.r.l. resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate contesta la violazione o la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., della L. 7 luglio 2008, n. 88, art. 24, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 265, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, commi 2 e 3 conv. con modif. nella L. 4 agosto 2006, n. 248 e della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 307, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che i valori OMI costituirebbero una presunzione semplice utilizzabile ai fini dell’accertamento tributario, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR;

2. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa e insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo del giudizio, evidenziando che la CTR, a dispetto delle prove raccolte: a) avrebbe erroneamente ritenuto che i valori OMI fossero l’unico elemento indiziario idoneo a giustificare la ripresa in ordine a sedici delle diciannove cessioni contestate; b) avrebbe svalutato la valenza indiziaria degli ulteriori elementi raccolti con riferimento a tre delle cessioni contestate;

3. i due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono complessivamente ammissibili e fondati;

3.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (così Cass. n. 9474 del 12/04/2017);

3.1.1. in questo quadro normativo, è stato precisato, in particolare, che, sebbene il giudice tributario possa fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purchè dotato dei requisiti di precisione e di gravità, tale elemento non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori elementi indiziari (Cass. n. 2155 del 25/01/2019; Cass. n. 24550 del 04/11/2020; in tema di imposta di registro si veda anche Cass. n. 21813 del 07/09/2018);

3.2. la CTR ha dimostrato di conoscere il superiore principio, che ha anche puntualmente enunciato, ma ne ha fatto, in concreto, una non corretta applicazione;

3.3. i valori OMI, infatti, sebbene non siano idonei a costituire l’unico elemento su cui fondare l’accertamento, costituiscono, nel caso di specie, solo uno degli elementi indiziari su cui lo stesso si fonda, diversamente da quanto sembra ritenere il giudice di appello;

3.4. come puntualmente documentato dalla difesa erariale e come emerge anche dalla stessa sentenza impugnata, che ne riporta ampi stralci, l’accertamento si fonda, infatti, anche su ulteriori elementi indiziari, quali la vendita di un immobile a prezzo di poco inferiore a quello di ristrutturazione, la cessione di altro immobile a prezzo di gran lunga inferiore a quello per il quale è stato contratto il mutuo, la presenza di una percentuale di ricarico così bassa da essere fuori mercato, con conseguente antieconomicità dell’attività esercitata (sulla importanza decisiva di tale ultimo elemento si veda, da ultimo, Cass. n. 4410 del 20/02/2020);

3.5. trattasi di indizi che sono stati correttamente valorizzati dall’Amministrazione finanziaria ai fini dell’accertamento e che poggiano su dati di fatto e non su altre presunzioni, per cui non è pertinente il richiamo al c.d. divieto di presunzione su presunzione, che attiene “alla correlazione tra una presunzione semplice con altra presunzione semplice, e non può quindi ritenersi violato nel caso in cui da un fatto noto si risalga ad un fatto ignorato” (Cass. n. 1023 del 18/01/2008; Cass. n. 10157 del 28/04/2010; Cass. n. 245 del 09/01/2014; Cass. n. 15003 del 16/06/2017);

3.5.1. vale, comunque, la pena di sottolineare – in via generale che il cd. divieto di praesumptio de praesunto “non è previsto dall’ordinamento” in quanto “detto principio (…) non è riconducibile nè all’evocato art. 2727 c.c. nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più adeguate presunzioni può legittimamente costituire la premessa per una inferenza presuntiva idonea – in quanto, a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto” (in termini, in motivazione, Cass. n. 18915 del 24/09/2015; in senso conf., sempre in del 10/01/2018; Cass. 5402 del 26/08/2015; Cass. n. 9348 del 26/01/2015; Cass. n. 19598 del 17/09/2014);

3.6. in definitiva, la CTR avrebbe dovuto prendere atto della legittimità dell’accertamento, fondato su elementi indiziari ulteriori rispetto a quelli concernenti i valori OMI, e valutare in concreto la prova contraria eventualmente offerta dalla società contribuente, secondo la regola di cui all’art. 2697 c.c.;

3.7. il giudice di appello ha, invece, omesso di valutare nel loro complesso gli indizi forniti dall’Ufficio, e ha ritenuto di dovere annullare integralmente l’accertamento, anche con riferimento a quelle cessioni per le quali la presunzione della sottofatturazione si avvicina di molto ad una prova piena;

4. in conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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