Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14227 del 05/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14227 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 13055-2012 proposto da:
CASTELLONE VITTORIO (CSTVTR63P15G309C

elettivamente
)

domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avv. MARIA TERESA MARRA,
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
1478

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587
– intimato –

avverso il decreto nel procedimento R.G. 58757/07
della CORTE D’APPELLO di ROMA del 10.5.2010,
depositato il 13/05/2011;

Data pubblicazione: 05/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
PASQUALE D’ASCOLA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Pd

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Roma con decreto n. 3436 del 13 maggio 2011
ha negato l’indennizzo richiesto da Vittorio Castellone ai sensi
della legge n. 89/01 (c.d. legge Pinto) in relazione a un
giudizio per differenze retributive intrapreso davanti al pretore

La Corte ha rilevato che il giudizio era stato interrotto il 28
maggio 2004 ed era stato riassunto il 16 giugno 2004; che il
ricorrente era incorso nella decadenza prevista dall’art. 4 della
legge citata, perché non aveva riassunto il giudizio entro il
termine decorrente dalla declaratoria di interruzione;che il
diverso giudizio instaurato in sede fallimentare era durato circa
tre anni, essendosi chiuso con sentenza 17 maggio 2007.
Castellone ha proposto ricorso per cassazione notificato il 12
maggio 2012.
Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

moTrvI

DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso il ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt. 24 e 52 R.D. n. 267/1942 e degli
artt. 300 e 305 c.p.c.
Fondatamente il ricorrente sostiene: – che erroneamente la Corte
ha negato l’unitarietà del processo presupposto, giacchè
l’interruzione del processo comporta un temporaneo stato di
quiescenza dello stesso fino alla riassunzione, o, in mancanza di
questa, fino all’estinzione, ed ha quindi carattere ordinatorio e
preparatorio (Casa. 4733/07).
n.13055 – 12 D’Ascola rei ‘/ /1

3

di Napoli nel 1995.

- che la riassunzione del processo interrotto non da’ vita ad un
nuovo processo, diverso ed autonomo dal precedente, ma mira
unicamente a far riemergere quest’ultimo dallo stato di quiescenza
in cui versa (Cass. 14100/03).
Ne ha correttamente desunto, dopo ampia trattazione, che il

del lavoro, è proseguito davanti al tribunale fallimentare,
concludendosi nel maggio 2007, data rispetto alla quale l’istanza
di indennizzo era tempestiva.
A tal fine nel secondo motivo, che denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 4 della legge 89/01, il ricorso si sofferma
sulla natura non decisoria dell’ordinanza di interruzione del
processo e sulla tesi secondo cui il termine di sei mesi per la
proponibilità del ricorso ex lege Pinto decorre dalla definitività
del provvedimento reso nel processo presupposto.
Anche questa doglianza è fondata.
Va infatti ripetuto che in tema di equa riparazione per violazione
del termine ragionevole di durata del processo, per
“definitivita’” della decisione concludente il procedimento nel
cui ambito la violazione si assume verificata, la quale segna il
“dies a quo” del termine di decadenza di sei mesi per la
proponibilità della domanda, s’intende il momento in cui si
consegue il fine al quale il singolo procedimento e’ deputato, e
cioè, in relazione al giudizio di cognizione, il passaggio in
giudicato della sentenza che lo definisce (Cass. 5212/07;
17446/11).
J/1
f) / ‘L

n.13055 – 12 D’Ascola rei

4

processo di cognizione, nella specie interrotto davanti al giudice

Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso.
Il decreto impugnato va cassato e la cognizione rimessa alla
stessa Corte di appello, in diversa composizione, per l’esame
della domanda di indennizzo, della quale è stata erroneamente
ritenuta la decadenza.

di giudizio.
PQM
La Corte accoglie

il ricorso,

cassa il decreto impugnato e

rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in
diversa composizione.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile tenuta il 20 febbraio 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questo grado

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