Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14223 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2297-2019 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLLINENSE

16, presso lo studio dell’avvocato ANGELA COLACURCIO, rappresentato

e difeso dagli avvocati CHRISTIAN CECERE, ANTONIO CECERE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE di AVELLINO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5070/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata

il 28/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, decidendo in sede di rinvio disposto da questa Corte con ordinanza n. 12643/2017, accoglieva parzialmente l’appello proposto da V.G., esercente la professione di commercialista, ritenendo che con riferimento ai prelevamenti fosse venuta meno la presunzione nascente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, non avendo per converso il contribuente fornito alcuna prova idonea a dimostrare la provenienza dei versamenti, rispetto ai quali si era limitato ad una scarna indicazione dei nominativi beneficiari di tali somme.

V.G. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle entrate non si è costituita.

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata che, nel rilevare la fondatezza del ricorso del contribuente quanto alla presunzione relativa ai prelevamenti, ormai caducata dalla sentenza n. 228/2014, avrebbe poi escluso l’esistenza di prova quanto ai versamenti, riferendosi all’assenza di elementi probatori, tenuto conto che il contribuente si era limitato a fornire una scarna indicazione dei beneficiari di tali somme, in tal modo confondendo il piano d’indagine individuato con riferimento ai prelevamenti.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La CTR avrebbe pretermesso l’indicazione dei versamenti da ritenere giustificati, tralasciando gli elementi prodotti per giustificare i versamenti.

Il primo motivo di ricorso è infondato. La CTR, nell’escludere la rilevanza dei prelevamenti ai fini della ripresa a tassazione operata dall’Ufficio sulla base di quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, venuta meno per effetto della sentenza resa dalla Corte costituzionale n. 228 del 2014, ha escluso che il contribuente avesse fornito la prova idonee a superare la presunzione nascente dai rilevati versamenti sui conti correnti del professionista. Ha aggiunto in motivazione che il contribuente non aveva operato una rigorosa ricostruzione di ogni singola operazione, essendosi limitato ad una “scarna indicazione di nominativi beneficiari di tali somme”. Orbene, secondo il ricorrente tale ultima parte della motivazione dimostrerebbe che il giudice di appello avrebbe omesso di esaminare la documentazione concernente i versamenti, invece incentrando l’analisi sui prelevamenti che lo stesso giudice di appello aveva pacificamente esclusi dall’ambito della presunzione per le ragioni già esposte.

E tuttavia, tale ricostruzione non trova alcun riscontro nel ricorso e nella sentenza, non ravvisandosi alcun elemento idoneo ad asseverare l’esistenza dell’intima contraddittorietà della pronunzia che, al contrario, ha escluso l’esistenza della prova rigorosa che il contribuente – professionista avrebbe dovuto fornire per superare la presunzione (persistente) in tema di versamenti. Il ricorrente ha infatti totalmente tralasciato di allegare gli elementi che lo stesso avrebbe posto a sostengo del superamento della presunzione concernente i versamenti e che la CTR avrebbe tralasciato di esaminare. Tanto esclude di potere ravvisare il vizio di nullità della sentenza impugnata.

Il secondo motivo di ricorso è invece inammissibile, prospettando un omesso esame di fatti che il contribuente non ha in alcun modo riprodotto nel motivo di censura, impedendo a questa Corte di verificare la fondatezza di quanto dedotto.

Il ricorso va per l’effetto rigettato.

Nulla sulle spese, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà–atte della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater,4à-atte della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 8 luglio 2020

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