Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14222 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14222

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2147-2019 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NAZIONALE,

200, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GIOVANNI DE’ CAPITANI DI

VIMERCATE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3884/26/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata

il 20/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lombardia indicata in epigrafe che ha accolto l’appello dell’ufficio, ritenendo legittimo l’accertamento redditometrico emesso a suo carico per la ripresa a tassazione di vari tributi per l’anno 2008.

La CTR ha ritenuto che il reddito del contribuente fosse inferiore alla capacità contributiva accertata e che il contribuente, pur avendone l’onere, non aveva dimostrato di avere coperto le ulteriori spese con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte.

L’Agenzia delle entrate si è costituita in giudizio. Il ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il giudice di appello, nell’accogliere l’impugnazione proposta dall’Agenzia, avrebbe dovuto prendere atto della cessazione della materia del contendere parziale derivante dall’autoannullamento parziale della pretesa disposta dall’ufficio all’interno della proposta di mediazione con riduzione e sanzioni e accoglimento parziale disposta dall’ufficio in seguito alla presentazione dell’istanza di accertamento con adesione.

Con il secondo motivo si deduce il vizio di ultrapetizione ai sensi dell’art. 112 c.p.c. correlato a quanto già dedotto nel primo motivo con riguardo alla mancata rilevazione dell’annullamento parziale della pretesa.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce, infine, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non dovendo il contribuente provare l’impiego dei redditi esenti per coprire le spese contestate, come invece avrebbe erroneamente ritenuto la CTR.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che meritano un esame congiunto in relazione alla loro stretta connessione, sono infondati.

Ed invero, questa Corte ha chiarito che la formulazione di una proposta di accertamento con adesione volta all’adozione, da parte del Fisco, di un atto unilaterale, privo di valenza transattiva, costituente esercizio di potestà impositiva – non determina nè la rinuncia a far valere la pretesa tributaria, nè il disconoscimento della valenza probatoria degli atti istruttori acquisiti nella fase amministrativa, sicchè, nell’ipotesi di mancata adesione, è legittima l’emissione dell’avviso di accertamento, il cui contenuto, peraltro, deve necessariamente tenere conto degli eventuali chiarimenti e prove fornite dal contribuente -cfr. Cass., n. 13907/2018, Cass., n. 29529/2018.

La censura che dunque propone il ricorrente tende a sostenere la vincolatività dell’annullamento parziale proposto dall’Ufficio in seno alla procedura di adesione tuttavia pacificamente non conclusa, come dà atto lo stesso ricorrente.

Da qui l’infondatezza dei due rilievi censori esposti dal contribuente non assumendo particolare valere la circostanza che nella proposta di mediazione l’ufficio avesse inteso disporre l’autoannullamento parziale dell’atto, rimasto travolto dalla mancata adesione.

Anche il terzo motivo è infondato.

Ed invero, questa Corte ha più volte sottolineato che la disciplina del cd. redditometro introduce una presunzione legale relativa (cfr. Cass., n. 17487/2016; Cass., n. 9549/2011; Cass., n. 4646/2011; Cass., nn. 22936 e 22937/2007; 16284/2007) che dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacchè codesti restano individuati nei decreti (Cass. n. 7284/2017; Cass., n. 1142/2016; Cass., n. 16912/2016; Cass., n. 9539/2013).

Ne deriva che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tali elementi la capacità presuntiva contributiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma (Cass., 23 Luglio 2007, n. 16284; Cass., 30 Settembre 2005, n. 19252).

Nel caso concreto il giudice di appello ha escluso che il contribuente abbia provato l’esistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte idonei a giustificare le spese contestate, risultando dunque irrilevante il riferimento alla prossimità dei redditi stessi rispetto alle spese, una volta che tali redditi non furono ritenuti provati nè di ciò si è doluto il ricorrente.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater dei D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 8 luglio 2020

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