Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14221 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 25/05/2021), n.14221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Italpannelli Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa in calce al

ricorso introduttivo, dagli Avv.ti Lorenzo Del Federico e Laura

Rosa, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio dei difensori, alla via Denza n. 20 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 179, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale dell’Abruzzo l’11.11.2013 e pubblicata il 9.12.2013;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

a seguito di accertamento fiscale concluso con Processo Verbale di Costatazione ritualmente notificato alla società, la Italpannelli Srl riceveva, l’8.11.2011, la notificazione dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS), mediante il quale l’Agenzia delle Entrate procedeva alla rettifica del reddito dichiarato, contestando violazioni fiscali per complessivi Euro 2.344.096,00 (controric. p. 1), conseguendone proporzionali maggiori importi a titolo di Ires ed Irap, in relazione all’anno 2008. In particolare, l’Ente impositore contestava l’apposizione al passivo in bilancio, alla voce “oneri su prodotti derivati”, dei costi sopportati in relazione a contratti di (OMISSIS) ((OMISSIS)), di cui non poteva riconoscersi l’inerenza con l’attività dell’impresa (sent. CTR, p. 2). La società impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo ed il giudice di primo grado accoglieva il ricorso.

La decisione sfavorevole conseguita era gravata da appello dall’Amministrazione finanziaria innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo che, a seguito di ampia disamina delle caratteristiche, natura e finalità, dei contratti di IRS, giudicava pienamente fondato il ricorso proposto dall’Ente impositore, e corretta l’impostazione seguita dall’Agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento che, in riforma della decisione di primo grado, veniva confermato nella sua piena validità ed efficacia.

Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione la Italpannelli Srl, affidandosi a cinque motivi di ricorso. Resiste mediante controricorso l’Ente impositore.

Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del S. Procuratore Generale Giovanni Giacalone, ed ha domandato il rigetto del ricorso. La società ricorrente ha quindi depositato memoria, anche al fine di contrastare le valutazioni espresse dal P.M..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società contesta la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, (TUIR), art. 109, comma 5, e art. 96, in cui è incorsa l’impugnata CTR, perchè gli oneri finanziari conseguenti ai contratti in strumenti finanziari derivati sono assimilabili agli interessi passivi di cui all’art. 96 del TUIR”, e perciò “sono sottratti al sindacato di inerenza ai fini Ires” (ric., p. 6).

1.2. – Mediante il secondo strumento di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente lamenta la violazione, da parte della CTR, del disposto di cui all’art. 109, comma 5, del TUIR, per aver “ritenuto erroneamente che gli oneri afferenti i contratti derivati stipulati dalla società siano indeducibili dal reddito” (ric., p. 7), in base a valutazioni di inerenza e congruità.

1.3. – Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società critica la violazione degli artt. 109, comma 5, e 112 TUIR, in cui è incorsa la decisione impugnata per aver ritenuto che l’omessa menzione nei documenti sociali dei contratti su strumenti derivati comporti che agli stessi debba attribuirsi funzione speculativa e non di copertura.

1.4. – Mediante il suo quarto mezzo di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la contribuente censura la nullità della sentenza pronunciata dalla CTR, in conseguenza della violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 329 c.p.c., per non aver considerato che i giudici di primo grado avevano ritenuto che gli oneri conseguiti alla stipula di contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati, da parte della società, costituivano oneri assimilati agli interessi passivi, e per questo risultavano deducibili, senza che sul punto fosse intervenuta impugnazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, essendosi pertanto formato il giudicato sul punto.

1.5. – Con il suo quinto ed ultimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la società impugnante contesta il vizio di motivazione in cui è incorsa la CTR, per effetto dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla funzione di copertura che ha assunto il contratto di (OMISSIS) stipulato con la CREDEM, finalità che è stata pure specificamente indicata nel contratto.

2.4. – Per ragioni di possibile pregiudizialità, sembra opportuno esaminare per primo motivo di impugnazione esposto come quarto dalla contribuente, la quale censura la nullità della sentenza adottata dalla CTR perchè avrebbe trascurato che, sulla natura di oneri assimilati agli interessi passivi dei costi sostenuti in conseguenza della stipula dei contratti su strumenti derivati, si era pronunciata affermativamente la CTP con decisione, non impugnata in materia dall’Agenzia delle Entrate, che sarebbe pertanto passata in giudicato sul punto.

In proposito occorre preliminarmente ricordare che l’ordinamento vigente non prevede, al fine di contestare una decisione in grado di impugnazione, che sia necessario utilizzare formule predefinite. La CTP, come trascritto dal ricorrente (ric., p. 17) ha affermato che il comma 5 “dell’art. 109 esclude con chiarezza ed in ogni caso gli interessi passivi da tale necessaria correlazione” (evidenza aggiunta), ed il riferimento è da intendersi proposto in relazione al principio di inerenza. Prosegue quindi il giudice di primo grado: “Il problema è ora di verificare se gli oneri conseguenti ai contratti derivati siano essi da considerare interessi passivi o, in ogni caso, oneri assimilati. Su questo punto il Giudice si esprime in senso positivo, nel senso che tali oneri devono essere considerati interessi passivi per il fatto che vengono calcolati rapportando il tasso di interesse al tempo e al capitale. Peraltro dal momento che l’art. 96 TUIR, nello stabilire i limiti di deducibilità degli interessi passivi li estende anche agli oneri a questi assimilati non vi è dubbio che, a prescindere da quanto sopra gli oneri provenienti da contratti derivati debbano in ogni caso essere considerati per loro stessa natura oneri assimilati agli interessi passivi e per questo soggetti ai soli limiti di deducibilità stabiliti dal citato art. 96 TUIR, comma 1”. A fronte di questa decisione, l’Agenzia delle Entrate ha fondato la stessa struttura del suo atto di impugnazione avverso la sentenza adottata dalla CTP, anche mediante citazioni dottrinali, nell’affermare che la deducibilità dei costi sopportati in conseguenza della stipula di contratti finanziari derivati avrebbe potuto ammettersi soltanto qualora gli esborsi sopportati avessero potuto ritenersi inerenti con l’esercizio dell’attività d’impresa, come emerge indubbio, ad esempio, dal passaggio in cui l’Amministrazione finanziaria afferma che la “valutazione della legittimità fiscale di tali strumenti, cioè la deducibilità fiscale dei costi da essa scaturenti, viene condotta sulla base del disposto degli artt. 109 e 112 TUIR, là dove da una parte si disciplina esplicitamente la funzione di copertura (art. 112, commi 4, 5 e 6) e dall’altra si ribadisce il principio di inerenza dei costi per attività da cui scaturiscono ricavi (art. 109, comma 5)”. Pertanto, la CTP afferma che i costi sostenuti in conseguenza dei contratti derivati sono assimilabili agli interessi passivi e perciò risultano sempre deducibili, l’Agenzia impugna e contesta che la deducibilità fiscale di simili costi è possibile solo in casi specifici e limitati, quando l’operazione finanziaria abbia funzione di copertura (art. 109, commi 4, 5 e 6, TUIR) ed a condizione che gli oneri sopportati si riferiscano ad attività da cui derivino ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito dell’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi (art. 109, comma 5, TUIR), pertanto dotati del requisito dell’inerenza. La critica della decisione adottata dalla CTP sul punto appare quindi esplicita ed intellegibile, ed in conseguenza il quarto motivo d’impugnazione risulta infondato e deve essere respinto.

Solo per completezza sembra quindi opportuno ricordare, non rinvenendosi specifiche pronunce del giudice di legittimità sul punto, come appaia condivisibile la dottrina quando osserva che gli interessi passivi sono oneri finanziari che l’imprenditore o la società sostengono a fronte dell’ottenimento di una somma di capitale, i quali rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 96 del Tuir, insieme con gli oneri e proventi “assimilati”, che sono comunque collegati alla messa a disposizione di una provvista di denaro, titoli o altri beni fungibili, per i quali sussiste l’obbligo di restituzione e in relazione ai quali è prevista una specifica remunerazione.

2.1. – 2.2. – Mediante i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della loro connessione, la società contesta la decisione assunta dall’impugnata CTR, per essere incorsa nella violazione di legge, avendo ritenuto che gli oneri dipendenti dai contratti in strumenti finanziari derivati stipulati dalla società non potessero ritenersi deducibili dal reddito in difetto del requisito dell’inerenza, che in realtà non sarebbe affatto richiesto nel caso di specie. Secondo la ricorrente, ai sensi dell’art. 109 del TUIR “sono deducibili tutte le componenti negative ove concorrano alla formazione del reddito complessivo” (ric., p. 7). Non solo, non potrebbe comunque disconoscersi l’inerenza di un costo quando l’oggetto sociale prevede che l’attività imprenditoriale possa svolgersi anche mediante la stipula di simili contratti, e l’oggetto sociale della Italpannelli “prevedeva qualsiasi operazione commerciale e finanziaria, comunque utile ed avente pertinenza con l’oggetto sociale” (ric., p. 8).

Pare opportuno ricordare che i caratteri propri del contratto di (OMISSIS), sono stati recentemente ricostruiti dalla Cassazione la quale ha statuito, pronunciando a Sezioni Unite, che “l'(OMISSIS) è un contratto derivato, le cui caratteristiche sono: a) è “over the counter”, vale a dire ha un contenuto fondamentale non eteroregolamentato, ma deciso dalle parti sulla base delle specifiche esigenze dell’interessato; b) è non standardizzato e, quindi, non destinato alla circolazione, essendo privo del requisito della cd. negoziabilità; c) l’intermediario è in una situazione di naturale conflitto di interessi poichè, assommando le qualità di offerente e consulente, è tendenzialmente controparte del proprio cliente. Elementi essenziali di tale derivato sono la data di stipulazione, quelle di inizio di decorrenza degli interessi, di scadenza e di pagamento, nonchè il capitale di riferimento (cd. nozionale) ed i diversi tassi di interesse ad esso applicabili”, Cass. S.U., 12.5.2020, n. 8770.

Tanto premesso, questa Corte di legittimità ha avuto occasione di esaminare ripetutamente la problematica qui introdotta dalla ricorrente, ed ha raggiunto un orientamento condivisibile e consolidato, che le osservazioni proposte dalla società non inducono a rivedere. E’ stato infatti chiarito che “in tema di deducibilità dei costi ai fini fiscali, vanno esclusi dai componenti negativi del reddito d’impresa gli accantonamenti per la copertura del rischio inerente il contratto denominato (OMISSIS), quando la società non operi nel settore creditizio o finanziario, perchè manca il requisito della inerenza del costo alla attività d’impresa, richiesto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 all’epoca vigente (ora art. 109 del medesimo D.P.R.)” (evidenza aggiunta), Cass. sez. V, 28.2.2017, n. 5160, specificandosi pure che “in tema di deducibilità dei costi ai fini fiscali, devono essere esclusi dai componenti negativi del reddito d’impresa gli accantonamenti per la copertura del rischio inerente il contratto di “(OMISSIS)”, quando la società non operi nel settore creditizio o finanziario, in ragione dell’insussistenza del requisito dell’inerenza del costo che non può essere correlato alla mera idoneità dell’operazione a produrre reddito, dovendo essere riferibile all’oggetto dell’attività di impresa” (evidenza aggiunta), Cass. sez. V, 23.5.2018, n. 12738.

Oltre a confermarsi questi solidi principi, nel caso di specie appare anche opportuno segnalare, in considerazione di specifiche censure proposte dal ricorrente, che il riferimento relativo alla congruità dei costi, operato dalla CTR, è stato proposto al fine di segnalare gli elementi che possono rilevare ai fini della valutazione dell’inerenza, e non costituisce autonoma ratio decidendi. Inoltre, nessun rilievo può assumere, in relazione alla complessa e rischiosa stipulazione di contratti di (OMISSIS), la formale previsione negli atti costitutivi della società della generica possibilità di svolgere attività in ambito finanziario, da cui praticamente nessuna attività d’impresa può prescindere, neppure dovendo trascurarsi che, nel caso di specie, lo stesso oggetto sociale prevedeva che l’attività finanziaria potesse essere svolta, ma comunque rispettando il requisito della pertinenza con le finalità dell’impresa.

Anche il primo ed il secondo motivo di ricorso risultano pertanto infondati, e devono perciò essere rigettati.

2.3. – 2.5. – La società ricorrente lamenta, con il suo terzo motivo d’impugnazione, la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR per aver erroneamente ritenuto indispensabile la menzione dei contratti su strumenti derivati nei documenti sociali, affinchè potesse attribuirsi ai patti la funzione di copertura e non speculativa. Con il quinto motivo di ricorso la Italpannelli Srl critica poi, in relazione al vizio di motivazione, l’omessa valutazione del fatto decisivo che uno dei contratti aventi ad oggetto gli strumenti finanziari derivati, quello stipulato con la CREDEM, era stato specificamente qualificato come avente finalità di copertura nello stesso testo del patto. Le critiche risultano tra loro connesse e possono essere trattate congiuntamente.

Le censure introdotte dalla società risultano mal proposte, e sono frutto di una lettura parziale della sentenza impugnata. La questione da affrontare ai fini della deducibilità dei costi sopportati, come correttamente ritenuto dalla CTR, non è se i contratti su strumenti finanziari derivati fossero stati indicati nei documenti sociali, oppure se in un contratto la finalità di copertura fosse stata specificamente indicata, bensì se la società abbia, o meno, provato la natura di copertura dei contratti finanziari stipulati. Il profilo risulta ben colto dal Pubblico Ministero il quale, nelle sue conclusioni scritte, osserva che “la società, nell’invocare l’applicazione della deduzione, avrebbe dovuto allegare e provare la correlazione concretamente ravvisabile tra la perdita derivante dalla stipulazione di un contratto di (OMISSIS) ed i ricavi ed i componenti positivi derivanti dalle attività d’impresa” (conclusioni P.M., p. 1).

La CTR ha ritenuto la prova della natura di copertura dei contratti di (OMISSIS) stipulati dalla società non essere stata fornita, e la ricorrente non allega nel suo atto d’impugnazione elementi che inducano invece ad affermare che detta prova fosse stata assicurata. Si osservi che, come ricordato dalla CTR (sent. CTR, p. VII), anche la Banca d’Italia, nelle Istruzioni per la redazione del bilancio dell’impresa impartite con provvedimento del 30 luglio 2002, ha specificato che gli strumenti finanziari derivati per i quali non sia possibile dimostrare la loro qualifica di copertura, difettando il requisito dell’inerenza, devono essere considerati strumenti speculativi. La CTR ha quindi esemplificato una delle modalità con le quali la società avrebbe potuto fornire elementi per individuare la specifica finalità di copertura dei contratti derivati: provvedendo all’annotazione nei documenti sociali – come del resto previsto dalla normativa civilistica, art. 2427 bis c.c. e art. 2428 c.c., comma 3, n. 6 bis, disposizioni che la società ha pertanto violato indicando natura e finalità degli stessi, ma la ricorrente non vi ha provveduto, ed il discorso si estende anche al contratto stipulato con il CREDEM, del resto esplicitamente richiamato dalla CTR (sent. CTR, p. IV), prima di esporre le ragioni che la inducevano a qualificare come speculativi tutti i contratti su strumenti finanziari derivati stipulati dalla Ialpannelli Srl, incluso quello concluso con la CREDEM, con la conseguenza che i costi sostenuti in dipendenza dagli stessi non risultavano deducibili. Del resto, la mera indicazione di una qualificazione del contratto stipulato nel testo del patto non è certo vincolante per il giudice che sia chiamato ad esaminarne il reale contenuto.

La ricorrente non coglie la ratio decidendi adottata dalla CTR, non essere stata fornita la prova della inerenza dei contratti in questione con le finalità dell’impresa, e pertanto della natura non speculativa dei contratti su strumenti derivati stipulati dalla società, e si impegna piuttosto nella critica di esemplificazioni proposte dal giudice dell’appello al fine di dimostrare che la prova richiesta alla società ben avrebbe potuto essere fornita, ma non lo è stato. Si osservi che le conclusioni e le argomentazioni proposte dalla CTR non si discostano dall’orientamento indicato da questa Corte di legittimità, che ha avuto recentemente occasione di statuire che “in tema di deducibilità degli accantonamenti per la copertura del rischio inerente ad operazioni su derivati, la società non operante nel settore creditizio o finanziario che invochi l’applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 112 ha l’onere di allegare e di provare che la finalità del contratto di (OMISSIS) è di coprire operazioni che attengono all’esercizio dell’attività imprenditoriale, atteso che l’inerenza sussiste non ogni qual volta la componente negativa sia riferibile a una qualsiasi operazione idonea a produrre reddito, bensì in relazione all’oggetto dell’impresa”, Cass. sez. V, 15.1.2020, n. 559, confermando quindi il principio, anche affermando che “in tema di redditi d’impresa, il requisito dell’inerenza dei costi deducibili attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione di detti costi non ai ricavi in sè, bensì all’attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso tale requisito non avendo la società contribuente provato la correlazione esistente tra la perdita derivante dalla stipulazione di un contratto di (OMISSIS) e la finalità di copertura di operazioni attinenti all’attività d’impresa)”, Cass. sez. V, 17.1.2020, n. 902.

Le critiche proposte dalla ricorrente rimangono pertanto non rilevanti ai fini del giudizio da esprimere, ed anche il terzo ed il quinto motivo di ricorso devono essere rigettati.

In definitiva, il ricorso introdotto dalla Italpannelli Srl deve essere rigettato. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, risultando dovuto anche il c.d. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto dalla Italpannelli Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, e la condanna al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate, delle spese di lite del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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