Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14221 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/06/2017, (ud. 09/03/2017, dep.07/06/2017),  n. 14221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4151-2016 proposto da:

AUTOPIU’ DI G.G., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ALBERTO FURLANI;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo;

– controricorrente –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 592/2015 del TRIBUNALE di VICENZA, depositata

il 07/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

la ditta Autopiù di G.G. convenne in giudizio l’avv. M.E. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti alla negligenza con cui aveva espletato l’incarico professionale nella controversia promossa dalla stessa Autopiù per il risarcimento dei danni conseguiti alla distruzione di un proprio caravan;

la Corte di Appello di Venezia ha dichiarato inammissibile, ex artt. 348 bis e ter c.p.c. l’appello proposto dall’Autopiù avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda attorea;

ricorre per cassazione l’Autopiù di G.G. affidandosi ad un unico motivo (che deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2).

Diritto

CONSIDERATO

che:

la sentenza di primo grado ha affermato che “non è in discussione l’inerzia che parte attrice ricollega all’operato dell’avv. M.” (in relazione all’omessa citazione di testi e alla mancata comparizione all’udienza fissata per la loro escussione), ma ha ritenuto che non sia “emersa dimostrazione alcuna di un pregiudizio concreto eziologicamente riconducibile alla condotta omissiva”, atteso che le prove testimoniali non espletate erano dirette a dimostrare danni (correlati alla demolizione del mezzo sinistrato) in realtà insussistenti in quanto il veicolo non era stato demolito, ma rivenduto a terzi;

l’unico motivo del ricorso non coglie la ratio decidendi della sentenza, che non è basata sul contenuto degli obblighi di diligenza qualificata gravanti sul professionista, ma sul distinto profilo del nesso di causa tra negligenza professionale e danno lamentato dalla parte attrice, che è stato motivatamente escluso dal Tribunale;

il ricorso risulta pertanto inammissibile per difetto di pertinenza rispetto alle ragioni della decisione impugnata; le spese di lite seguono la soccombenza;

trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 3.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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