Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14213 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19506/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

OLIMPO SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso lo

studio dell’avvocato GIONTELLA Marco, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 131/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 5/03/08,

depositata il 30/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata

depositata in cancelleria la seguente relazione:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Struttura centralizzata per l’esame

preliminare dei ricorsi civili, Sezione Tributaria;

RELAZIONE AI SENSI DELL’ART. 380 bis c.p.c., sulla causa n.

19506/2009;

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti

depositati:

Fatto

OSSERVA

La CTR di Roma ha accolto l’appello di “Olimpo srl”, in liquidazione – appello proposto contro la sentenza n. 249/08/2006 della CTP Latina che aveva respinto il ricorso del medesimo contribuente – ed ha così annullato l’avviso di accertamento per IVA-IRPEG-IRAP relativo all’anno 1998 adottato in rettifica della dichiarazione dei redditi ed in ragione di un metodo induttivo.

La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che l’avviso di accertamento sia stato “erroneamente notificato” all’ex rappresentante legale della società, anzicchè al liquidatore regolarmente nominato; che il metodo induttivo sia stato fondato su presunzioni “disancorate dai fatti noti” (in specie per essere stato determinato il reddito d’impresa sulla base di una percentuale di redditività di settore pari al 20%, definita “sedicente”); che fossero carenti i presupposti per l’applicazione del metodo induttivo, “avendo il contribuente regolarmente ricostruito la propria contabilità e regolarmente presentato la dichiarazione annuale 1998 sulla base di tale contabilità”; che il reddito sia stato induttivamente determinato per tutto il 1998 pur avendo avuto la verifica ad oggetto i primi quattro mesi dell’anno; ed infine perchè l’accertamento induttivo era stato applicato anche ai fini IVA, pur risultando la contabilità IVA regolarmente tenuta.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

La parte contribuente si è costituita con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con i tre ultimi motivi di impugnazione (rubricati tutti tre come: “Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” ed assistiti da idonei quesiti di diritto), motivi che qui possono essere simultaneamente esaminati per il loro stretto collegamento, la ricorrente Agenzia si è doluta della sostanziale disapplicazione della previsione della predetta norma, nella parte in cui abilità l’Amministrazione ad effettuare la determinazione induttiva del reddito d’impresa allorchè le scritture contabili prescritte “non sono disponibili per causa di forza maggiore”.

Nella specie di causa è pacifico che le predette scritture siano risultate non disponibili all’ispezione dei funzionari fiscali che procedevano alla verifica, siccome risulta descritto nell’avviso di accertamento per cui è causa, in considerazione dello “smarrimento” (dichiarato peraltro in data successiva a quella di inizio della verifica fiscale) di detta documentazione contabile da parte del soggetto presso cui detta documentazione risultava tenuta.

Non vi è dubbio perciò che – contrariamente a quanto assume il giudice del secondo grado di giudizio – sussistessero i presupposti per la rideterminazione induttiva del reddito d’impresa (in termini Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11813 del 06/08/2002 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10344 del 07/05/2007) con estensione all’intero periodo di imposta (e per quanto la contabilità smarrita si riferisse al primo quadrimestre del periodo), apparendo così carente il complessivo quadro contabile da non potersi più fare affidamento sulla contabilità dei successivi periodi.

Non di meno, competeva all’Amministrazione – sulla scorta del medesimo presupposto del difetto grave ed esteso della contabilità d’impresa – il potere di rideterminare induttivamente il volume d’affari ai fini IVA, apparendo ciò conforme ai principi di diritto insegnati da questa Corte in riferimento a casi precedentemente risolti: “In tema di IVA, l’accertamento condotto secondo il disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, può aver luogo mediante l’utilizzazione dei dati esposti dal contribuente in altra dichiarazione, relativa allo stesso periodo ed a diverso tributo o accertati da altro ufficio tributario per i propri fini. L’ufficio IVA non è tuttavia vincolato al rispetto di tali dati, essendo titolare di un autonomo potere-dovere di accertamento, nell’esercizio del quale può utilizzare dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza con l’obbligo, però, di indicare, almeno in sede di contenzioso, le ragioni per cui ha disatteso quelli derivanti dalle predette dichiarazioni” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17619 del 27/06/2008).

Apparendo d’altronde manifesta la violazione delle regole fissate nel menzionato art. 39, in ordine alla sussistenza dei presupposti di applicazione del metodo induttivo di accertamento e salvo l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla coerenza degli esiti di detto accertamento, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Quanto poi al primo dei motivi di impugnazione (rubricato come “Violazione dell’art. 112 c.p.c.; ultrapetizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, assistito da idoneo motivo) risulta dalla diretta consultazione degli atti di causa, alla Corte consentita dalla tipologia del vizio valorizzato, che la parte contribuente non abbia effettivamente formulato alcuna censura a riguardo di detta asserita nullità della notifica del provvedimento impositivo, sicchè non vi è dubbio che anche per questo aspetto il ricorso possa essere deciso per manifesta fondatezza.

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto, che le spese di lite posso essere in sede di rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla medesima CTR del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche sulle pese di questo grado.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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