Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14211 del 05/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14211 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA

sul ricorso 10296-2008 proposto da:
ZANI ANGELO, titolare dell’omonima ditta individuale,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI
1, presso lo studio dell’avvocato MANCA BITTI
DANIELE, rappresentato e difeso dall’avvocato MINA
ANDREA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

900

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, 80078750587 in persona del suo Presidente e
legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

Data pubblicazione: 05/06/2013

mandatario della S.C.C.I.

S.P.A.

Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e
difesi dagli avvocati CALIULO LUIGI, CORETTI

– controricorrente nonchè contro

EQUITALIA

ESATRI

SPA

già

ESATRI

S.P.A.

Concessionaria del Servizio Nazionale di riscossione
per la Provincia di Brescia;
– intimata –

avverso la sentenza n. 501/2007 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 14/12/2007 R.G.N. 312/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/03/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO per delega CALIULO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso. ,

ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, giusta delega in atti;

R. Gen. N. 10296/2008
Udienza 13/3/2013
Zani Angelo c/ I.N.P.S. +2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Brescia, Angelo Zani, nella qualità di titolare
dell’omonima impresa individuale, conveniva in giudizio l’I.N.P.S. e la S.C.C.I.

nonché la ESA.TRI S.p.A., quale concessionario per la riscossione, proponendo
opposizione alla cartella di pagamento n. 2004 00427819 77 000 avente ad oggetto il
pagamento di contributi previdenziali relativi al periodo maggio 1998 – maggio 2002
per l’importo complessivo di E 375.525,43. Il Tribunale respingeva l’opposizione
ritenendo infondata l’eccezione di prescrizione e sussistente l’interposizione fittizia
di manodopera rispetto alla utilizzazione da parte dello Zani di lavoratori provenienti
dalla cooperative La Rapida s.r.l. posta a base delle pretese contributive dell’I.N.P.S.
A seguito di impugnazione da parte dello Zani, la Corte di appello di Brescia riteneva
l’appello inammissibile ex art. 342 cod. proc. civ. per difetto di specificità dei motivi
di impugnazione rispetto all’iter logico argomentativo della sentenza di primo grado.
Contro la sentenza di appello ricorre Angelo Zani con un motivo.
L’I.N.P.S., anche nella qualità di mandatario della S.C.C.I. S.p.A., resiste con
controricorso.
E’ rimasta solo intimata l’ESA.TRI. S.p.A.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con unico articolato motivo il ricorrente denuncia: “Violazione e/o falsa
applicazione, ex art. 360, n. 3, cod. proc. Civ., degli artt. 434 e 342 cod. proc. civ.”.
Censura la pronuncia di inammissibilità della Corte di merito evidenziando che
l’indicazione dei motivi di appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ. e, nel rito del
lavoro, dall’art. 343 cod. proc. civ., non deve necessariamente consistere in una

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S.p.A., rispettivamente quale ente impositore e società cessionaria del credito,

R. Gen. N. 10296/2008
Udienza 13/3/2013
Zani Angelo cl I.N.P.S. +2

rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello
richiedendosi invece soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria,
sia della domanda rivolta al giudice del gravame – che può validamente consistere

della domanda iniziale – sia delle ragioni della doglianza.
2. Il motivo non è fondato.
Va ribadita la giurisprudenza di questa Corte per la quale alla parte volitiva
dell’appello deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e
contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (cfr. Cass. Sez. U, 9 novembre 2011 n.
23299; Cass. 14 marzo 2006, n. 5445; id. 18 aprile 2007, n. 9244; 13 aprile 2010, n.
8771); infatti, il requisito della specificità dei motivi dell’appello postula che alle
argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle
dell’appellante, finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime
(cfr., più di recente, Cass. 27 gennaio 2011, n. 1924), in modo che le ragioni di
censura si vengano a specificare correlandosi appunto con la motivazione della
sentenza impugnata (cfr. anche Cass. 29 ottobre 2004, n. 20987; id. 24 giugno 2005,
n. 13625; 11 ottobre 2006 n. 21816; 18 aprile 2007 n. 9244; 19 febbraio 2009 n.
4068).

anche nella mera richiesta di riforma della sentenza impugnata e di accoglimento

Su un piano generale è da osservare che l’onere della specificazione dei motivi di
appello ex art. 342 cod. proc. civ., assolve alla duplice funzione di delimitare l’ambito
di esame concesso al giudice di secondo grado (in conformità del principio tantum
devolutum quantum appellatum: di questo principio, fondato sul potere della parte di
delimitare lo spazio della controversia, è risonanza – in primo grado – il principio
della non contestazione: Cass. 23 gennaio 2002, n. 761), sia di consentire

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i

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Udienza 13/3/2013
Zani Angelo c/ I.N.P.S. + 2

l’identificazione, attraverso il contenuto e la portata delle censure, dei punti investiti
dall’impugnazione e delle ragioni per le quali si invoca la riforma della decisione. Il
requisito della specificità dei motivi di appello, prescritto dall’art. 342 cod. proc. civ.,

alla motivazione della sentenza impugnata, nel senso che la manifestazione volitiva
dell’appellante deve risultare formulata in modo da consentire di delimitare con
chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le specifiche critiche indirizzate alla
motivazione, e deve quindi contenere l’indicazione, sia pure in forma succinta, degli
“errores” attribuiti alla sentenza censurata, i quali vanno correlati alla motivazione di
quest’ultima, in modo da incrinarne il fondamento logico-giuridico (v., Cass. S.U. 25
novembre 2008, n. 28057, Cass. 29 novembre 2011, n. 25218). Così non è sufficiente
il generico rinvio alle difese in precedenza svolte, risultando l’onere soddisfatto solo
quando l’atto di appello esprima articolate ragioni di doglianza su specifici punti
della sentenza di primo grado (Cass. 16 dicembre 2005, n. 27727). Egualmente il
requisito della specificità non è soddisfatto dalla sola pretesa implicazione logica
dell’erroneità di una parte della sentenza, impugnata attraverso formulazione di un
motivo di appello riguardante altra parte ed altra questione di diritto (Cass. 9 giugno
2008, n. 15166) ovvero da una censura incentrata solo su un aspetto argomentativo
che, nell’economia complessiva della motivazione, non abbia costituito elemento
fondante del decisum.
In applicazione dei detti principi, la Corte di appello di Brescia ha ritenuto che
difettasse una critica specifica rispetto alle argomentazioni contenute nella sentenza
di primo grado. Ciò ha fatto puntualmente esaminando i motivi di appello e ritenendo
che gli stessi si limitassero a ribadire principi affermati nella stessa decisione ovvero

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non può, dunque, essere definito in via generale ed assoluta, ma deve essere correlato

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Udienza 13/3/2013
Zani Angelo c/ I.N.P.S. +2

a contrapporre una autonoma e diversa lettura di alcune deposizioni testimoniali
senza tuttavia sottoporre ad un vaglio critico i passaggi motivazionali basati su
plurime emergenze istruttorie ovvero ancora che fossero affetti da genericità.

così come riprodotti nel presente ricorso.
Ed infatti, quanto al motivo afferente l’eccezione di prescrizione non si rinviene
nell’esposizione dello stesso una idonea censura al ragionamento del primo giudice
che ha ritenuto interrotta la prescrizione dalla notifica del verbale di accertamento del
30/5/2003 rispetto al momento in cui il credito previdenziale è esigibile, essendosi
limitato, sul punto, l’impugnante ad esprimere un mero dissenso rispetto
all’argomentazione addotta a sostegno della decisione senza svolgere alcuna
argomentazione idonea a confutarne il fondamento.
Quanto al motivo afferente la validità del rapporto contrattuale in essere tra le
parti, effettivamente l’appellante, dopo aver premesso in modo del tutto apodittico
che l’istruttoria svolta consentisse di escludere la sussistenza, nel caso di specie,
degli elementi qualificanti l’ipotesi di interposizione illecita di manodopera, ha solo
riportato frasi di deposizioni testimoniali asseritamente significative della circostanza
che i lavoratori della società La Rapida avessero svolto le loro mansioni con
l’utilizzo di attrezzatura fornita da detta società, la quale impartiva anche le direttive
lavorative ed organizzative al proprio personale dipendente. Manca tuttavia ogni
rilievo critico al ragionamento svolto dal Tribunale di Brescia che, con ampia ed
articolata motivazione, prima ancora di esaminare nel dettaglio le risultanze delle
prove orali, ha posto a base del proprio decisum molteplici elementi anche
documentali “già in sé sufficienti a far ritenere la sussistenza dell’interposizione di

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Siffatta conclusione del giudice di appello trova riscontro nei motivi di gravame

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Udienza 13/3/2013
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manodopera” (si veda il riferimento agli elementi acquisiti dalla Direzione
Provinciale del Lavoro ed in particolare al contenuto del contratto di fornitura
stipulato con La Rapida prevedente la realizzazione dei lavori di assemblaggio con le

evidenziante la cessione delle attrezzature in uso gratuito, alle dichiarazioni rese agli
ispettori dallo stesso Zani, all’oggetto dell’attività svolta dallo Zani ed alla inerenza a
quest’ultimo delle prestazioni rese dai lavoratori). Non si rileva, inoltre, in che
termini i pur evidenziati elementi istruttori fossero tali da inficiare il ragionamento
decisorio del giudice di primo grado.
Poiché i principi giurisprudenziali di cui sopra presuppongono che l’appellante
risponda agli argomenti della sentenza impugnata non con mere generiche perplessità
bensì controbattendo agli argomenti medesimi in termini specifici e specificando gli
errori di fatto e di diritto attribuibili alla sentenza, non può condividersi la
prospettazione dell’odierno ricorrente secondo la quale il richiamo al contenuto di
alcune deposizioni testimoniali, mediante la riproduzione di frasi da queste
estrapolate, integrasse una critica del ragionamento decisorio (come detto sorretto da
altri elementi) e dunque risultasse idonea ad incrinare il fondamento logico-giuridico
dello stesso.
Quanto, infine, alla ritenuta genericità della censura relativa alla determinazione
di sanzioni ed interessi, la correttezza della decisione della Corte di appello di
Brescia risulta di tutta evidenza solo che si legga il punto D) dell’atto di gravame con
il quale l’appellante si duole dell’omessa effettuazione da parte del giudice di primo
grado di un non meglio precisato “accertamento ulteriore” laddove in sentenza, sulla
base dei chiarimenti forniti dall’Istituto, era stato ritenuto che la quantificazione di

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“attrezzature…fornite” dallo Zani, al contratto di comodato del 10 settembre 1999

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Zani Angelo c/ I.N.P.S. +2

dette somme aggiuntive fosse avvenuta tenendo conto del (più favorevole) criterio di
calcolo di cui alla legge n. 388/2000.
3. Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.

pagamento delle spese processuali in favore dell’I.N.P.S. liquidate come in
dispositivo tenendo conto del nuovo sistema di liquidazione dei compensi agli
avvocati di cui al D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (che, all’art. 41 stabilisce che le
disposizioni regolamentari introdotte si applicano alle liquidazioni successive
all’entrata in vigore del Decreto stesso, avvenuta il 23 agosto 2012) ed avuto
riguardo allo scaglione di riferimento della causa; considerati i parametri generali
indicati nell’art. 4 del D.M. e delle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (fase
di studio, fase introduttiva e fase decisoria) nella allegata Tabella A.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore
dell’I.N.P.S., delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro
50,00 per esborsi ed euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2013.

4. Per il criterio legale della soccombenza il ricorrente va condannato al

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