Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1421 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. III, 21/01/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato

TRAVARELLI ETTORE, che lo rappresenta e difende giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

G.S.;

– Intimato-

avverso la sentenza n. 18320/2005 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione 11^

Civile, emessa il 18/07/2005, depositata il 16/08/2005; R.G.N.

6543/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del 1 e 11

motivo e assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 19 gennaio 2004 E.C. proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Giudice di Pace di Roma, in accoglimento della domanda proposta da G.S., l’aveva condannata al pagamento in favore dello stesso, ai sensi dell’art. 1720 cod. civ., della somma di L. 5.018.000.

Il G. aveva convenuto in giudizio la E. al fine di ottenere il ristoro dei pregiudizi subiti per effetto dell’incarico di assisterla nella fase stragiudiziale finalizzata al conseguimento del risarcimento dei danni riportati in un incidente stradale dall’autovettura di proprieta’ del padre.

Con sentenza del 16 agosto 2005 il Tribunale ha respinto il gravame, condannando l’appellante a rifondere alla controparte le spese di causa, liquidate in complessivi Euro 3.463,00.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione E. C. formulando quattro motivi.

Nessuna attivita’ difensiva ha svolto l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Col primo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 132 e 112 cod. proc. civ., ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonche’ mancanza assoluta di motivazione su punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, Oggetto della critica e’ l’omesso esame, da parte del giudice di merito, del motivo di appello col quale la E. aveva denunziato la nullita’ della sentenza per mancata trascrizione delle conclusioni delle parti, cui aveva fatto seguito il mancato rilievo dell’illegittimo mutamento della domanda. E invero l’attore, il quale aveva esperito in citazione una azione di risarcimento danni ex art. 1720 cod. civ., nelle note conclusive aveva chiesto la condanna della convenuta alla restituzione della somma di Euro 2.582,28, in quanto indebitamente trattenuta.

La sentenza del Tribunale, al pari di quella del Giudice di Pace, era quindi nulla. In ogni caso la mancata pronuncia sul primo motivo di appello, risolvendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, integrava un error in procedendo.

2 Il motivo e’, per certi aspetti inammissibile, per altri infondato.

Nella sentenza impugnata il decidente da atto che l’appellante aveva dedotto nei motivi di gravame la nullita’ della sentenza di primo grado per mancata trascrizione delle conclusioni, non gia’ che tale irregolarita’ avesse inciso sull’attivita’ del giudice, determinando un’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia quale la non consentita mutatio libelli operata dall’attore.

Ora, a prescindere dal fatto che il vizio andava denunciato a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (confr. Cass. civ. 17 dicembre 2009, n. 26598), il ricorrente, in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, avrebbe dovuto trascrivere le parti salienti dell’atto di appello in cui la doglianza era esplicitata, in modo da rendere immediatamente ostensibile alla Corte che egli non aveva lamentato una mera irregolarita’ formale, pacificamente irrilevante ai fini della validita’ della sentenza impugnata, ma le ripercussioni che ne erano derivate sull’attivita’ del giudice, le uniche che possano rendere processualmente vincente una censura di tal fatta (confr. Cass. civ., 5 maggio 2010, n. 10853).

Sotto altro concorrente profilo, va poi rilevato che non si ravvisa alcuna mutatio libelli tra la domanda di risarcimento danni ex art. 1720 cod. civ. e la richiesta di condanna della convenuta alla restituzione di una somma indebitamente trattenuta, essendo di immediata evidenza che tale importo nient’ altro e’ se non che il quantum della pretesa risarcitoria azionata.

In tale contesto il silenzio serbato sul punto dal decidente non vulnera la decisione adottata, alla luce del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, che il giudice non e’ tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione e argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 c.p.c., n. 4, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (confr. Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 407).

3 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, involgendo questioni strettamente connesse, i successivi due motivi di ricorso.

Col secondo l’impugnante denuncia violazione degli artt. 320, 112, 99, 115 e 116 cod. proc. civ., mancanza ed erroneita’ della motivazione su punti decisivi della controversia. Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe nulla, in quanto basata su prove irritualmente articolate e acquisite. Ricorda che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, il giudice di pace non puo’ rinviare la prima udienza al fine di consentire alle parti l’espletamento di attivita’ precluse, trovando tale sistema fondamento e ragione nell’esigenza di garantire la celerita’ e la concentrazione dei procedimenti civili, a tutela non solo dell’interesse del singolo ma anche di quello della collettivita’.

Col terzo motivo deduce violazione degli artt. 2028, 1703 e 1720 cod. civ. , travisamento del fatto e vizi motivazionali. Assume che, nell’affermare l’esistenza del mandato pretesamente conferito dalla E. al G., il giudice di merito aveva fatto malgoverno del materiale probatorio acquisito, dal quale inequivocabilmente si evinceva che ogni rapporto era intercorso esclusivamente tra il G. ed E. padre, su mandato del quale il primo aveva svolto la pratica assicurativa.

4 Le critiche sono infondate, ancorche’ la motivazione della sentenza impugnata debba essere integrata e corretta, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 384 cod. proc. civ..

E’ principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il procedimento davanti al giudice di pace e’ caratterizzato dallo stesso regime di preclusioni che assiste il procedimento dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono applicabili in mancanza di diversa disciplina di talche’, chiusa la fase della trattazione, non v’e’ piu’ spazio per allegazioni assertive o istruttorie o per il rilievo di eccezioni (confr. Cass. civ., 31 maggio 2010, n. 13250;

Cass. civ., 27 maggio 2009, n. 12272).

Ne deriva che e’ errata l’affermazione del giudice di merito secondo cui era irrilevante che G.I. fosse stata indicata come teste in un’udienza successiva alla prima: contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, deve invero considerarsi tardiva l’articolazione della prova orale allorche’ l’indicazione delle persone da assumere come testi sia stata effettuata a preclusioni gia’ maturate.

E tuttavia la sentenza impugnata resiste ugualmente alle critiche formulate in ricorso.

E’ sufficiente al riguardo considerare che il giudice di merito ha ritenuto dimostrato il rapporto oggetto del giudizio, soprattutto in punto di titolarita’ passiva, che e’ il profilo specificamente contestato dall’impugnante, sulla base di emergenze istruttorie ulteriori, rispetto alla deposizione della I., quali la firma apposta dalla E. sulla copia dell’assegno emesso in favore del carrozziere dal G. – il quale aveva in tal modo anticipato la maggior somma necessaria per la riparazione dell’autovettura, con l’intesa che avrebbe poi incamerato gli importi che sarebbero stati riconosciuti dall’assicuratore al danneggiato – nonche’ la missiva in data 17 settembre 1999 dall’attore indirizzata non solo a E.P., ma anche a sua figlia C..

Ora, con riferimento a tali risultanze istruttorie, del tutto prive di consistenza sono le denunce di violazioni di legge e di vizi argomentativi formulate nel terzo mezzo, denunce che, a ben vedere, si risolvono in una sollecitazione alla rilettura dei fatti e delle prove preclusa in sede di legittimita’.

Ne deriva che la sentenza impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate nei due motivi di ricorso in esame.

E invero, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, la fondatezza del motivo di ricorso col quale venga denunciata l’erroneita’ dell’espletamento di una prova dalla quale la parte era decaduta, non puo’ essere posta alla base di una pronuncia di cassazione con rinvio, allorche’ il giudice di merito abbia adeguatamente motivato il suo convincimento con riferimento anche ad altre emergenze istruttorie regolarmente acquisite, di talche’, in definitiva, l’elisione della prova irritualmente assunta non incide sulla tenuta dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

5 Col quarto mezzo l’impugnante lamenta violazione o falsa applicazione delle Tariffe Forensi di cui al D.M. 2 aprile 2004, n. 127, nonche’ vizi motivazionali con riferimento alla liquidazione in Euro 3.463,00 delle spese processuali, somma sperequata rispetto al valore della controversia, che era pari a Euro 2.582,28.

6 La censura e’ fondata, dovendosi riconoscere che la somma liquidata dal giudice di merito a titolo di spese viola i limiti della Tariffa applicabile.

La sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata in relazione al motivo accolto. Peraltro, potendo la causa essere decisa nel merito senza ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 cod. proc. civ., la Corte provvede tout court alla corretta liquidazione delle spese del processo di appello, quantificandole in complessivi Euro 1.500,00 (di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari).

L’esito complessivo del giudizio consiglia invece di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso; accoglie il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di secondo grado in complessivi Euro 1.500,00 (di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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