Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14209 del 05/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14209 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA
sul ricorso 469-2009 proposto da:
IACOPINO

FRANCESCO

cpnfnc33d01g277p,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
ricorrente contro

2013
612

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale

rappresentante

pro

tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190 – AREA LEGALE
TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE, presso lo studio

Data pubblicazione: 05/06/2013


dell’avvocato CLAVELLI ROSSANA, che la rappresenta e
difende e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 3405/2006 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 28/12/2007 r.g.n. 939/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato ROSSANA CLAVELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

..

R. Gen. N. 469/2009
Udienza 19/2/2013
lacopino Francesco c/ Poste
Italiane S.p.A.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Pronunciando sul ricorso proposto nei confronti della Poste Italiane S.p.A. da
Francesco Iacopino, dipendente postale collocato a riposo al raggiungimento della

collettivo integrativo del 26/11/1994, benché avesse acquistato il diritto alla
permanenza in servizio fino al 65mo anno di età, il Tribunale di Roma accoglieva la
domanda, dichiarando la illegittimità del provvedimento di collocamento a riposo,
con ordine di ripristino del rapporto di lavoro e con condanna della società al
pagamento di tutte le retribuzioni globali di fatto non percepite dalla data del
collocamento a riposo. Proposto appello da parte della società, la Corte di appello di
Roma, con sentenza n. 3405/2006 del 28/12/2007, in accoglimento del gravame
rigettava la domanda azionata. Riteneva la Corte territoriale che il lungo lasso di
tempo intercorso tra la risoluzione del rapporto ed il tentativo di conciliazione
nonché il comportamento della parte in relazione alla richiesta di permanere in
servizio fino al raggiungimento del 65mo anno di età fossero significativi di un
disinteresse alla vicenda così da dimostrare che il collocamento a riposo fosse stato
pienamente accettato.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso Francesco Iacopino affidato a
quattro motivi.
Resiste la S.p.A. Poste Italiane con controricorso.
Francesco Iacopino ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE

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massima anzianità contributiva con decorrenza 1/2/1995, in attuazione dell’accordo

R. Gen. N. 469/2009
Udienza 19/2/2013
lacopino Francesco cl Poste
Italiane S.p.A.

1. Con i primi due motivi il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1372 cod.
civ., nonché motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e

consenso. Lamenta che la Corte di merito non ha adeguatamente valutato il
comportamenti tipici posti in essere dal lavoratore in epoca successiva al
collocamento a riposo quali il percepimento del trattamento pensionistico,
l’accettazione del t.f.r. e/o il ritiro del libretto di lavoro (peraltro non dedotti dal
datore di lavoro) trattandosi di fatti, all’evidenza, necessitati dalla ragionevole e
comprensibile esigenza del lavoratore di sostentamento personale e familiare né
adeguatamente valutato il contesto storico nel quale si è incardinato il suo
collocamento a riposo.
2. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 115 cod. proc. civ. dolendosi del fatto che la Corte territoriale ha posto a
base della decisione circostanze non dedotte dalla società datrice.
3. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ.
per avere la Corte di merito ritenuto gravante sul lavoratore l’onere della prova
dell’eccezione di risoluzione del rapporto sollevata dalla società Poste.
4. I motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione,
sono infondati.
Va, infatti, ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il
collegio aderisce, è suscettibile di essere sussunto nella fattispecie legale di cui
all’art. 1372 comma 1, cod. civ., il comportamento delle parti che determini la
cessazione della funzionalità di fatto del rapporto lavorativo a termine in base a

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decisivo per il giudizio, e cioè la presunta risoluzione del rapporto per mutuo

R. Gen. N. 469/2009
Udienza 19/2/2013
lacopino Francesco c/ Poste
Italiane S.p.A.

modalità tali da evidenziare il loro disinteresse alla sua attuazione, trovando siffatta
operazione ermeneutica supporto nella crescente valorizzazione, che attualmente si
registra nel quadro della teoria e della disciplina dei contratti, del piano oggettivo del

contraenti, con conseguente attribuzione del valore di dichiarazioni negoziali a
comportamenti sociali valutati in modo tipico; e ciò con particolare riferimento alla
materia lavoristica ove operano, nell’anzidetta prospettiva, principi di settore che non
consentono di considerare esistente un rapporto di lavoro senza esecuzione (cfr., ad
es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, id. 7 maggio 2009 n. 10526).
In proposito, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la
volontà chiara e certa delle parti di voler porre fine al rapporto grava sul datore di
lavoro che deduce la risoluzione dello stesso per mutuo consenso (cfr. Cass. 2
dicembre 2002 n. 17070; id. 2 dicembre 2000 n. 15403).
È poi consolidato l’orientamento secondo cui il relativo giudizio, sulla
configurabilità o meno, in concreto, di un tale accordo per facta concludentia, viene
devoluto al giudice di merito, la cui valutazione, se congruamente motivata, si sottrae
a censure in sede di controllo di legittimità della decisione (cfr., diffusamente, tra le
altre, le sentenze citate).
Ciò premesso, si rileva che la Corte territoriale ha, nel caso in esame, enunciato e
fatto corretta applicazione di tali principi, escludendo che la mera inerzia del
lavoratore potesse essere interpretata come fatto estintivo del rapporto e facendo
conseguire tale effetto dal concorso di altre circostanze significative accreditanti
l’acquiescenza del lavoratore. Così ha valutato, con un giudizio di fatto riservato ai
giudici di merito, che l’inerzia osservata dallo Iacopino sul piano della iniziativa

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contratto, a discapito del ruolo e della rilevanza della volontà psicologica dei

R. Gen. N. 469/2009
Udienza 19/2/2013
lacopino Francesco c/ Poste
Italiane S.p.A.

giudiziaria ben sei anni dopo il recesso e comunque molto tempo dopo il
superamento del 65mo anno di età (limite dallo stesso dipendente indicato quale
termine ultimo di prosecuzione del rapporto), l’avvenuta percezione del trattamento

potessero essere interpretate, alla stregua di considerazioni di tipicità sociale, quali
manifesta7ioni di un tacito assenso alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Una tale valutazione, cui la Corte di merito è petwenuta correttamente applicando
i principi del libero convincimento del giudice e di libertà delle prove, in forza dei
quali tutti i mezzi di prova hanno pari valore sicché nulla esclude che elementi di
convincimento possano essere tratti dalle risultanze probatorie comunque acquisite
agli atti, proprio perché ragionevolmente ancorata a parametri di tipicità sociale, non
appare censurabile in questa sede di legittimità in quanto congruamente articolata. Le
circostanze prese in considerazione non sono solo manifestazione di ordinari
atteggiamenti di condotta sociale ma anche evidenziazione di un comportamento
negozialmente apprezzabile sul piano del comportamento giuridico (per la
valutazione “della mancanza di operatività di un rapporto caratterizzato dal
complesso intreccio di molteplici obbligazioni reciproche”, quale il rapporto di
lavoro, nel senso di vera e propria dichiarazione risolutoria, si vedano Cass. n. 23114
del 9 settembre 2008; id. n. 5232 del 4 marzo 2011).
6. Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali tutte le altre eccezioni o
obiezioni devono considerarsi assorbite, in conclusione, il ricorso va rigettato.
7. Il diverso esito dei giudizi di merito e l’esistenza di precedenti di legittimità in
senso contrario costituiscono giusto motivo per compensare tra le parti le spese
processuali.

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pensionistico con trattamento adeguato al già lungo periodo di contribuzione,

R. Gen. N. 469/2009
Udienza 19/2/2013
lacopino Francesco c/ Poste
Italiane S.p.A.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del presente giudizio di
legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2013.

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