Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14208 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 24/05/2021), n.14208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 33901-2019 R.G. proposto da:

COMUNE DI LISSONE, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e

difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dagli avv.ti

Valeria RAIMONDI e Francesco CAVALIERE, ed elettivamente domiciliato

in Roma, alla piazza Gentile da Fabriano, n. 3, presso lo studio

legale del predetto ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT LEASING s.p.a., in persona del procuratore speciale, Dott.

P.E., rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al controricorso, dagli avv.ti Cristiano CAUMONT CAIMI,

Giuseppe PIZZONIA, Nicola BORZOMI’ e Francesca ORLANDO, ed

elettivamente domiciliata in Roma, alla via della Consulta, n. 1/B,

presso lo studio legale dei predetti difensori;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1774/24/2019 della Commissione Tributaria

Regionale della LOMBARDIA, depositata in data 16/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del giorno 09/02/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L.. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

La UNICREDIT LEASING s.p.a. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano il provvedimento di diniego di rimborso dell’IMU versata dalla predetta società contribuente nell’anno d’imposta 2012 con riferimento ad immobili concessi in locazione finanziaria alla Cile Immobiliare Castello s.r.l. e il conseguenziale avviso di accertamento emesso dal Comune di Lissone per il recupero del saldo IMU relativo alla medesima annualità d’imposta, sostenendo di non essere soggetto passivo ai fini IMU e, pertanto, di non essere tenuta al pagamento della predetta imposta in quanto, nonostante la risoluzione del contratto di locazione, l’immobile era rimasto nella materiale disponibilità della società locataria, avendone riacquistato la materiale disponibilità soltanto in data 28 gennaio 2013.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano rigettava il ricorso e la sentenza, impugnata dalla predetta società, veniva riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che rigettava l’appello sostenendo che ai sensi del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, ed in applicazione analogica del disposto di cui alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 672, in materia di TASI, soggetto passivo ai fini IMU per gli immobili concessi in locazione deve ritenersi il locatario con decorrenza dalla data di stipula del contratto e per tutta la durata dello stesso, ovvero fino alla data di effettiva consegna dell’immobile al locatore.

Avverso tale pronuncia il Comune di Lissone propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui l’intimata replica con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2011, artt. 8 e 9, sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere che, nell’ipotesi come quella di specie, di mancata riconsegna del bene al locatore a seguito di risoluzione del contratto di locazione finanziaria, soggetto passivo ai fini IMU fosse il locatario fino alla data di effettiva riconsegna dell’immobile nella disponibilità del locatore e ciò alla stregua della più recente giurisprudenza in materia di questa Corte di cassazione.

Con il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 672 (legge di stabilità del 2014), sostenendo che la CTR aveva erroneamente ritenuto applicabile analogicamente alla presente fattispecie la disciplina dettata in materia di TASI dalla disposizione censurata.

I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, sono fondati e vanno accolti.

Con il ricorso viene sottoposta allo scrutinio di questa Corte la questione della individuazione del soggetto passivo dell’IMU relativa ad un bene immobile concesso in locazione finanziaria nell’ipotesi, tutt’altro che infrequente, di risoluzione anticipata del rapporto contrattuale per inadempienza dell’utilizzatore cui non fa seguito l’immediata materiale restituzione del bene. Il problema che si pone è quello di stabilire se nel periodo intercorrente tra la cessazione di efficacia del contratto e la restituzione del bene la titolarità passiva del rapporto fiscale sorga in capo al locatore, nella qualità di soggetto che giuridicamente possiede bene, o all’utilizzatore che materialmente ne dispone.

Nella fattispecie in esame risulta, infatti, pacifico tra le parti che il contratto di locazione finanziaria fu risolto per inadempienza della società locataria in data 05/08/2011 e fu restituito soltanto in data 28/01/2013, ovvero in epoca successiva all’annualità (2012) oggetto di richiesta di rimborso e dell’avviso di accertamento impugnato.

Ciò premesso, va rilevato come ai sensi del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, “Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”.

Orbene, in materia si è recentemente venuto a consolidare un maggioritario indirizzo giurisprudenziale, cui questo Collegio intende dare continuità, secondo il quale “Il D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, individua nel locatario il soggetto passivo, nel caso di locazione finanziaria, a decorrere dalla data di stipula e per tutta la durata del contratto, derivandone, qualora il contratto di leasing sia risolto e l’immobile non sia stato restituito, che il locatore ritorna ad essere soggetto passivo. Ne discende che con la risoluzione del contratto di leasing la soggettività passiva ai fini Imu si determina in capo alla società di leasing, anche se essa non ha ancora acquisito la disponibilità materiale del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore. Ciò in quanto il legislatore ha ritenuto rilevante, ai fini impositivi, non già la consegna del bene e quindi la detenzione materiale dello stesso, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata dell’utilizzatore” (Cass. n. 13793 del 2019, Cass. n. 25249 del 2019, Cass. n. 29973 del 2019 e Cass. n. 6664 del 2020).

Secondo i giudici di appello l’interpretazione dalla norma in esame, che individua il soggetto passivo dell’imposta IMU nel caso di risoluzione del contratto senza l’avvenuta consegna del bene nell’utilizzatore del cespite immobiliare non essendo la società di leasing nel possesso e nel godimento dell’immobile, troverebbe conferma nella L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 672, a tenore della quale “in caso di locazione finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data di stipulazione e per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore comprovata dal verbale di consegna”.

Tale norma applicabile limitatamente al tributo TASI, non può essere analogicamente estesa anche all’IMU, in primo luogo perchè il comma 703 della stessa legge precisa che “l’istituzione dell’IUC (della quale la TASI è una componente) lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’IMU”, in secondo luogo per l’eterogeneità dei presupposti applicativi delle imposte in esame.

L’IMU, imposta di natura prettamente patrimoniale, ha riguardo, nell’individuare il soggetto passivo, ad una nozione di “possesso” civilistica per cui quello che conta è il titolo contrattuale che giustifica il possesso del bene (proprietà, diritto reale di godimento, contratto di leasing vigente) e non la disponibilità di fatto dello stesso. A conferma di ciò il citato D.Lgs., art. 9, stabilisce la titolarità passiva dell’imposta in capo al locatario anche nel caso di beni “non costruiti” o “in corso di costruzione” che, come tali, non possono essere detenuti; in tale ipotesi la stipula del contratto e non la materiale consegna del bene rileva ai fini dell’individuazione del soggetto obbligato al pagamento dell’imposta. La TASI è invece un’imposta destinata al finanziamento dei servizi indivisibili resi dal Comune che possono essere utilizzati anche da chi solo materialmente dispone dell’immobile.

Anche in punto di mancanza di identità tra i due tributi le recenti pronunce della Cassazione sopra menzionate (tra cui v. Cass. n. 13793 del 2019) hanno fatto chiarezza escludendo sia l’applicazione all’IMU della normativa della TASI, riferita a un diverso tributo, sia la valenza interpretativa della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 672, (cfr. Cass. n. 6664 del 2020, par. 2.7, 2.8 e 2.9).

Orbene, i giudici di appello non si sono attenuti alla normativa di settore ed ai principi giurisprudenziali soprarichiamati, dimostrando di aderire ad un orientamento (quello riconducibile a Cass. n. 19166 del 2019) assolutamente minoritario, superato dalle successive pronunce di questa Corte n. 25249 del 2019 e n. 29973 del 2019, sopra citate, nonchè dalla recente ordinanza n. 6664 del 2020.

Con il motivo di ricorso incidentale la società controricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere i giudici di appello omesso di pronunciarsi sulla richiesta di annullamento del provvedimento di diniego di rimborso dell’acconto IMU versata nell’anno 2012 e sulla conseguenziale richiesta di condanna del comune di Lissone alla restituzione di quanto versato a quel titolo.

Il motivo è infondato e va rigettato.

Deve preliminarmente ricordarsi il principio secondo cui “Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017, nonchè Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21968 del 28/10/2015).

In effetti il motivo d’appello con cui la società ricorrente aveva dedotto l’illegittimità del rigetto dell’istanza di rimborso dell’acconto IMU versata nell’anno 2012 e chiesto l’annullamento del relativo provvedimento è manifestamente infondato alla stregua di quanto detto con riguardo ai motivi di ricorso dell’ente comunale.

In estrema sintesi, va accolto il ricorso principale, rigettato quello incidentale, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla CTR territorialmente competente che, nell’uniformarsi ai principi di diritto sopra enunciati, provvederà all’esame delle eventuali questioni rimaste assorbite e alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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