Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14206 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 24/05/2021), n.14206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30095-2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L. SPA di L. Cav. M., in persona del legale

rappresentante pro tempore, Ma.Ma., rappresentata e difesa,

per procura in calce al controricorso, dall’avv. Gaetano SIGNORIELLO

ed elettivamente domiciliata in Roma, al largo Somalia, n. 67,

presso lo studio legale dell’avv. Rita GRADARA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1466/03/2018 della Commissione tributaria

regionale dell’EMILIA ROMAGNA, depositata in data 07/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRES ed IRAP per l’anno d’imposta 2011, emesso nei confronti della L. SPA di L. Cav. M. sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F., con la sentenza in epigrafe indicata la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo illegittimo l’atto impositivo perchè notificato “prima che fossero decorsi gg. 60 dall’incontro, avvenuto a seguito dell’invito a comparire, e nullo per difetto di motivazione in quanto l’amministrazione finanziaria non aveva tenuto conto delle osservazioni e giustificazioni” che la parte aveva fornito in sede di comparizione dinanzi all’Ufficio in data 06/09/2013.

2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’Agenzia delle entrate con due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la difesa erariale censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, denunciando la violazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 32, per avere la CTR dichiarato l’illegittimità dell’avviso di accertamento accogliendo un motivo di ricorso proposto dalla società contribuente tardivamente, con la memoria depositata ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32.

2. La censura è fondata atteso che, come reiteratamente affermato da questa Corte (Cass. n. 13692 del 2019, n. 2855 del 2017 e n. 14395 del 2017), in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il vizio dell’avviso di accertamento derivante dall’inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non è rilevabile d’ufficio e deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo, riguardando la violazione di una norma posta a difesa del diritto dello stesso contribuente al pieno dispiegarsi del contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria e considerata la natura recettizia dell’atto impositivo tributario da porsi in relazione con il suo duplice scopo di impedire la decadenza dell’Amministrazione predetta dalle potestà di accertamento e di riscossione dei tributi e di porre la parte in grado di contestare, anche in sede giudiziaria, la pretesa tributaria. Ne consegue che, poichè il tema dei vizi delle notificazioni degli atti impositivi risulta strettamente correlato a quello del tempestivo e regolare esercizio dell’azione tributaria entro i termini decadenziali previsti dalla legge e che l’inutile decorso di tali termini non estingue il potere impositivo ma obbliga l’Amministrazione finanziaria a non esercitarlo, il vizio dell’atto impositivo non è rilevabile d’ufficio ma deve essere eccepito dal contribuente (cfr. Cass. nn. 28555/2017, 14395/2017; sul principio di conversione dei vizi relativi ad ipotesi di invalidità degli atti impositivi in motivi di gravame in ragione della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto, sicchè le nullità, ove non dedotte con il ricorso originario, non possono essere rilevate d’ufficio nè fatte valere per la prima volta nel giudizio di legittimità, cfr. Cass. n. 12313/2018).

Orbene, nel caso in esame, dal contenuto del ricorso introduttivo della società contribuente, riprodotto per autosufficienza nel ricorso in esame, risulta che in esso nessun riferimento a tale vizio era stato fatto dalla società contribuente, nè ciò risulta dai passi dell’originario ricorso della contribuente riprodotti nel controricorso, non essendo peraltro sufficiente a tal fine, come sostiene la controricorrente, che dalle “premesse dell’atto introduttivo del giudizio” doveva desumersi la contestazione della “violazione del corretto svolgimento del contraddittorio”, posto che il giudizio tributario, essendo caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi che devono essere specificamente dedotti nel ricorso introduttivo in primo grado, con una formulazione chiara ed univocamente diretta far rilevare lo specifico vizio dedotto, e non attraverso una generica prospettazione di invalidità dell’atto (arg. da Cass. n. 25756 del 2014; n. 12313 del 2018).

Ne consegue che la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, essendo stata denunciata per la prima volta con la memoria di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, era motivo di impugnazione nuovo e, pertanto, la CTR avrebbe dovuto rilevarne l’inammissibilità (Cass. n. 19616 del 2018) piuttosto che accoglierlo.

Alla stregua di quanto fin qui detto, consegue l’assorbimento del primo profilo di censura dedotto dalla ricorrente con il secondo motivo di ricorso, con cui viene censurata la sentenza impugnata per avere, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, dichiarato l’invalidità dell’avviso di accertamento per essere stato emesso ante tempus, benchè il processo verbale di constatazione fosse stato consegnato al legale rappresentante della società contribuente il 24/04/2013 e l’atto impositivo notificato in data 23/09/2013.

Fondato è invece il secondo profilo di censura dedotto dalla difesa erariale sempre con il secondo motivo di ricorso, con cui viene censurata la sentenza impugnata là dove la CTR aveva ritenuto l’atto impositivo privo di motivazione per non aver tenuto “conto delle osservazioni e giustificazioni” che la parte aveva fornito in sede di comparizione dinanzi all’Ufficio.

Invero, è principio assolutamente consolidato quello secondo cui è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente L. n. 212 del 2000 ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo” (Cass. n. 8378 del 2017, n. 1778 del 2019).

In estrema sintesi, va accolto il primo motivo ed il secondo profilo di censura del secondo motivo, assorbita la prima censura di tale motivo; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata al competente giudice d’appello per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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