Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14206 del 07/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 07/06/2017, (ud. 26/04/2017, dep.07/06/2017),  n. 14206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10133/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, C.F. (OMISSIS), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ASSENZA E D. S.A.S. DI D.G. C&C, A.R.,

A.C.A., A.L., D.G.C.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 3036/17/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI PALERMO – SEZIONE DISTACCATA DI CATANIA, depositata il

15/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 26/04/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Sicilia indicata in epigrafe con la quale, rigettandosi l’appello proposto dall’Ufficio, è stata confermata, per quel che qui rileva, l’illegittimità degli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) emessi a carico della Assenza e D’Izzia Sas di D.G. c. & c., nonchè dei soci A.R. Assenza Carolina e A.L. relativi all’accertamento di un maggior reddito d’impresa.

Le parti intimate non hanno depositato difese scritte.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e art. 2697 c.c.. Assume, in particolare, che la CTR avrebbe illegittimamente addossato sull’Ufficio l’onere di provare l’accertamento fondato sulla documentazione bancaria riconducibile alla società A. e D..

Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto la CTR avrebbe tralasciato di esaminare il nutrito corredo probatorio addotto dall’Ufficio.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La censura, in effetti, non coglie, per l’un verso, la ratio della sentenza impugnata, che ha rigettato l’appello ritenendo l’impugnazione proposta non idonea a superare gli elementi probatori utilizzati dal giudice di primo grado per annullare gli accertamenti emessi dall’ufficio. In definitiva, la sentenza impugnata, pur nella sua estrema genericità, peraltro non attinta da censura alcuna da parte dell’Agenzia attraverso le censure pur previste dal sistema per aggredire una sentenza priva di un apparato motivazionale adeguato – per cui v. Cass. S.U. n. 8054/2014), non ha affatto violato la disciplina in tema di presunzioni regolata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, questione della quale si duole l’Agenzia ricorrente. Ne consegue che il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile.

Il secondo motivo di ricorso è privo di autosufficienza, non indicando gli elementi che la CTR avrebbe omesso di esaminare.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese.

PQM

 

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta Civile, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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