Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14204 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 24/05/2021), n.14204

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28498/2017 R.G. proposto da:

M.M.L., rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al ricorso, dall’avv. Antonio CRESCENZI, ed elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Muzio Clementi, n. 58, presso lo

studio legale dell’avv. Filippo CALCIOLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 860/19/2019 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, Sezione staccata di LATINA, depositata in data

19/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

In controversia relativa ad impugnazione di avviso di accertamento ai fini IRPEF emesso nei confronti di M.M.L. con riferimento all’anno d’imposta 2010, con cui veniva recuperata a tassazione la plusvalenza derivante da un atto di alienazione di un fabbricato e della relativa area di pertinenza, con previsione di successiva demolizione e ricostruzione dello stesso, che l’amministrazione finanziaria riqualificava come cessione di terreno edificabile, la CTR con la sentenza impugnata respingeva l’appello proposto dalla predetta contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo corretto l’operato dell’Agenzia delle entrate.

Avverso tale statuizione la M. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo con cui deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere che la cessione di un fabbricato, anche ove fosse prevista la sua demolizione e ricostruzione, non poteva essere riqualificato come cessione di terreno edificabile e la relativa plusvalenza soggetta a tassazione separata.

Si è costituita in giudizio con controricorso l’Agenzia delle entrate deducendo l’intervenuta cessazione della materia del contendere stante l’intervenuto annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento impugnato, emesso “alla luce del consolidato e recentissimo orientamento di legittimità, sfavorevole all’Amministrazione Finanziaria formatosi in relazione a tale questione” (così nel provvedimento adottato in autotutela riprodotto per autosufficienza nel ricorso).

La ricorrente ha depositato memoria concordando con la difesa erariale circa la necessaria declaratoria di cessazione della materia del contendere ma insistendo per la condanna dell’Ente impositore al pagamento delle spese processuali.

Ritiene, quindi, il Collegio che la richiesta avanzata dalla difesa erariale sia fondata e vada accolta.

Pare opportuno, preliminarmente, ricordare che “L’art. 372 c.p.c., in tema di deposito di documenti nuovi in sede di legittimità, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibilità del ricorso, consente la produzione di ogni documento incidente sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli diretti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione, ovvero la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l’interesse alla pronuncia sul ricorso purchè riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti” (Cass. n. 3934 del 2016).

Nel caso di specie è innegabile e non contestabile, nè di fatto contestato dalla ricorrente, l’intervenuto totale annullamento in autotutela, con provvedimento prodotto dalla difesa erariale e comunque fotograficamente riprodotto nel ricorso, dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della contribuente e da questa impugnato.

Ciò posto, va osservato che “In tema di processo tributario, la causa di estinzione del giudizio prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, prevale sulle cause di inammissibilità del ricorso per cassazione e va dichiarata con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perchè inidonee a regolare il rapporto fra le parti” (Cass. n. 9753 del 2017; in termini Cass. n. 19533 del 2011; v. anche Cass. n. 5351 del 2020).

In applicazione di tale principio, stante l’intervenuta cessazione della materia del contendere. la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto la causa non può essere proseguita.

La statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali dell’intero giudizio, salva, peraltro, la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale, le cui ragioni possono essere esplicitate, in via integrativa, anche in sede di gravame (Cass. n. 3148 del 2016, che richiama Cass. n. 11494 del 2004 secondo cui “La cessazione della materia del contendere che sopravvenga nel corso del processo di impugnazione non esime il giudice dal provvedere sulle spese dell’intero giudizio, anche in difetto di istanza di parte, valutando, al riguardo, se sussistano giusti motivi di totale o parziale compensazione, ovvero addossando dette spese all’una o all’altra parte secondo il criterio della soccombenza virtuale”). Si è quindi ribadito che “Nel caso in cui la cessazione della materia del contendere sia dichiarata in sede di legittimità, la Corte decide sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale e, stante la natura e gli effetti di quella declaratoria (estinzione del processo e caducazione delle sentenze rese nei gradi di merito), provvede direttamente al regolamento delle spese dell’intero processo, in forza del combinato disposto degli artt. 384 e 385 c.p.c.” (Cass. n. 14267 del 2017, in termini, Cass. n. 17334 del 2005).

Pertanto, tenuto conto che, con riferimento all’oggetto della controversia, l’orientamento giurisprudenziale di legittimità si è consolidato in epoca successiva alla proposizione dell’appello e che ad esso si è tempestivamente uniformata l’amministrazione finanziaria, provvedendo in autotutela all’annullamento dell’atto impositivo, va disposta la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

Deve infine darsi atto che nella specie non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass. n. 3542 del 2017).

P.Q.M.

pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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