Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14204 del 05/06/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 14204 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: MACIOCE LUIGI

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 19717 del R.G. anno 2006
proposto da:
EULISSE Vincenzo-Alberto-Genoveffa-Anna-Antonietta

in

proprio e n.q. di eredi di Daniele Pasqua dom.ti in Roma via Lima 15
presso l’avvocato Mario Ettore Verino che li rappresenta e difende
P,

unitamente all’avv. Franco Zambelli del Foro di Venezia
– c.v-…t..s5 LR:r 15- 1.i40-0 V –

ricorrenti-

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze – Commissione
interministeriale domiciliati in Roma via dei Portoghesi 12 presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e difende per legge

controricorrenti
avverso

la sentenza

710 del

3.05.2010 della Corte di Appello di

Venezia; udita la relazione della causa svolta nella p.u. del 14.05.2013
dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; uditi gli avv.ti M.E. Verino per i
ricorrenti e F.Tortora dell’Avvocatura Generale dello Stato; presente il
P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Pasquale
Fimiani che ha chiesto il rigetto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1996 i signori Eulisse e la signora Pasqua Daniele, figli e vedova del
defunto Francesco EULISSE, il quale negli anni trenta aveva gestito una

Data pubblicazione: 05/06/2013

.:

attività imprenditoriale in Albania – poiché i beni strumentali erano stati
espropriati dallo Stato albanese nel 1946 e lo Stato Italiano aveva provveduto a liquidare con decreti del Ministero del Tesoro, in acconto prima
ed a saldo poi, la complessiva somma di indennizzo di lire 41.729.045
oltre alla liquidazione dell’avviamento in lire 4.283.130 effettuata nel
1995 – convennero il Ministero innanzi al Tribunale di Venezia lamentando la esclusione di numerosi beni dalla stima e la sua inadeguatezza
complessiva. Costituitasi l’Amministrazione, il Tribunale di Roma con

dagli interessati e, costituitasi l’appellata Amministrazione, la Corte di
Venezia con sentenza 3.05.2005 ha respinto le censure.
Nella motivazione la Corte di merito ha, per quel che rileva, affermato:
che non aveva fondamento la censura afferente la pretermissione dalla
valutazione dei beni confiscati di alcuni beni invece presenti nel prodotto inventario, dato che quel che difettava era la necessaria documentazione della avvenuta loro confisca, ed era pertanto irrilevante la prova
orale offerta ed inconferente la richiesta di informazioni (sulla quale le
autorità albanesi avevano a suo tempo già dichiarato non esistere documentazione né reperibilità degli autori della confisca); che andava anche condivisa la decisione del primo giudice di ritenere avverata la decadenza di cui all’art. 2.2 legge 98 del 1994 posto che tanto il provvedimento di liquidazione del 1965 quanto i decreti di riliquidazione e rivalutazione del 1972 e del 1980 e quello del 1987 adottato ex lege 135 del
1985 erano stati adottati di ufficio sì chè la richiesta del 24.7.1995 di

revisione della stima con indicazione di valore di lire 1.250.000.000 per i
beni, di lire 315.000.000 per avviamento e di lire 28.000.000 per crediti
era da considerarsi tardiva e la sua cognizione non rimessa in termini
dall’Amministrazione (la quale aveva solo riconosciuto l’avviamento);
che era poi errata l’interpretazione dell’art. 2 c. 2 della legge 98/1994
proposta dagli appellanti, che ricavavano l’esclusione della natura decadenziale del termine de quo dalla successione di norme in materia, tutte
miranti a conservare efficacia alle domande: infatti la previsione in discorso era quella che limitava fortemente solo la possibilità di chiedere
la revisione di una stima effettuata, senza incidere sul rapporto tra domanda e norme succedute nel tempo; che nondimeno la decadenza dal
diritto di chiedere la revisione non inibiva di contestare la correttezza
della stima effettuata, sol che nella specie non emergevano né elementi
di segno contrario né documenti che inficiassero la correttezza della valutazione resa; che ancora era immune da censure la valutazione afferente l’avviamento, contenuta nella percentuale equitativa (in difetto di

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sentenza 30.1.2001 rigettò le domande. La sentenza venne impugnata

bilanci) del 15%; che nulla spettava per rivalutazione ed interessi posto
che la legge 135 del 1985 all’art. 8 – che prevedeva il coefficiente di rivalutazione unico di 200 – aveva regolato esaustivamente gli accessori in
discorso.
Per la cassazione di tale sentenza i signiori EULISSE (Vincenzo, Alberto,
Genoveffa, Anna, Antonietta), in proprio e quali eredi di Pasqua Daniele
(deceduta medio tempore) hanno proposto ricorso il 19.6.2006, cui hanno opposto difese l’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze e la

I ricorrenti hanno depositato memoria finale e la causa è stata discussa
oralmente dai difensori delle parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ad avviso del Collegio, nessuna delle proposte censure meritando
condivisione, il ricorso deve essere rigettato.
Primo motivo: esso attiene alla “estensione” del beni confiscati.
Il motivo denunzia per violazione di legge e travisamento dei fatti la valutazione della Corte di inesistenza di una prova della pertinenza dei
nuovi beni al compendio sequestrato dalle Autorità albanesi: essi deducenti avevano, infatti, depositato i verbali di confisca acquisiti
dall’Albania il 29.1.2002 e sulla loro base si sarebbe dovuta espletare
una CTU anche al fine di indagare su crediti e disponibilità di cassa necessariamente sussistenti e non distintamente “confiscabili”.
Ritiene il Collegio che quelle sopra sintetizzate siano censure non consistenti là dove, ribadendo la assai generica tesi che la documentazione
negletta avrebbe attestato che i beni avevano consistenza “ben superiore” a quella accertata dall’Amministrazione, non considerano come la
prova della confisca dei compendi è prova decisiva quanto documentale
di una attività ablativa di una Amministrazione statale estera. La Corte
di Appello, che ha considerato le doglianze degli interessati alle pagg.
17,18,19 della sentenza, ha preso in esame tutti i documenti e le richieste di prova orale ed ha rilevato la loro irrilevanza ed inconferenza, in
piena coerenza con i principii posti da questa Corte (Cass.
19687/2009).
Secondo motivo: esso attinge la questione della rivedibilità e conoruità della stima dei beni accertati come confiscati.
Il motivo contesta entrambe le rationes decidendi della sentenza impugnata in punto tardività e genericità della opposizione alla stima adottata dall’Amministrazione, sia negando che il termine fosse perentorio e
che detto termine si potesse applicare alle semplici contestazioni delle
valutazioni fatte sia deducendo che era incongrua ed irragionevole la va-

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Commissione Interministeriale con controricorso del 6.10.2006.

lutazione di condivisione della stima fatta in sentenza.
Va premesso che appare del tutto chiaro quanto ragionevole il sistema
della ripetuta liquidazione (o riliquidazione) offitiosa dei cespiti oggetto
di procedimento di determinazione dell’indennizzo, un sistema diretto ad
adeguare al valore reale della perdita, ed in relazione e nei limiti delle
disponibilità di bilancio, l’erogazione che lo Stato ebbe a disporre in favore dei propri cittadini sottoposti ad espropri all’estero. E la Corte di
Venezia ha mostrato piena consapevolezza della plausibilità delle revi-

La sentenza impugnata, sotto il primo profilo, ha esattamente affermato
la natura perentoria, sostenuta da chiara ratio , dell’art. 2 c. 2 legge 98
del 1994, ed ha poi ritenuto che detta norma avrebbe riaperto i termini della revisione della stima per le vicende anteriori alla sua entrata
in vigore e che, come norma interpretativa, avrebbe esteso
l’indennizzabilità, alle stesse condizioni, al valore di avviamento delle
– attività ablate. La premessa sul carattere perentorio è indiscutibilmente
esatta nel mentre questa Corte non ha ritenuto che la norma interpretativa del 1994 comportasse una generale riapertura dei termini, di contro
l’intervento dovendosi ritenere limitato alla estensione
dell’indennizzabilità al valore di avviamento (Cass. 6371 e 18955 del
2005- ), fermo restando che per le vicende diverse e diversamente regolate dall’art. 2 c. 5 (le confisce e le perdite italiane nello Zaire) il termine di 120 venne previsto come decorrente ex novo (vd. poi Cass.
1888/2010 e 9449/2012).
..

Esattamente poi la sentenza ha negato che le riliquidazioni dei valori via
via operate ex lege significassero la rinunzia della P.A. ad avvalersi delle
decadenze maturate.
Orbene, al di là della impropria estensione del nuovo termine anche alle
mere revisioni della stima dei compendi già valutati, e quindi anche a
non voler considerare inammissibile una istanza di revisione pur tempestiva, resta assolutamente assorbente il rilievo della corretta valutazione – fatta dal giudice del merito – di tardività della domanda di revisione
che occupa, pervenuta all’Ufficio solo il 31.8.1995.
Sotto il secondo profilo, quello che coinvolge la seconda ratio della sentenza (afferente la condivisione della stima come “congrua”), si rileva
che la motivazione della sentenza impugnata (pag. 25) è in realtà fatta segno a dissensi di tipo esclusivamente valutativo, sul valore attribuito agli immobili e sulla pretermissione della esistenza di liquidità e crediti del pari ablate, che non si scorge come possano avere ingresso in
questa sede. Sotto tal versante la censura è quindi inammissibile.

sioni periodiche che attinsero il compendio Eulisse.

Terzo motivo: esso contesta

la effettuata valutazione

dell’avviamento.
Il motivo definisce risibile la valutazione equitativa dell’avviamento, attestata al 15% anziché alla percentuale possibile e realistica del 30%,
prevista nel massimo dalla norma. Ad avviso del Collegio il motivo è una
inammissibile espressione di dissenso che neanche si fa carico di contestare come illogica od omessa la valutazione della sentenza. La Corte di
merito (pag. 26) con motivazione assai chiara ha apprezzato gli atti e

l’ampiezza dei poteri valutativi che avrebbe anche consentito di escludere l’indennizzabilità dell’avviamento (Cass. 20759/2012). Il motivo non
la comprende né la contesta in modo ammissibile.
Quarto motivo: esso contesta la esclusione degli accessori ex art.
1224 c.c.
Il motivo in particolare contesta per violazione delle leggi 16 del 1980 e
98 del 1994 la decisione di escludere interessi e rivalutazione dalla data
della originaria domanda di indennizzo e ciò sulla base di una lettura del
dato normativo (che includerebbe in sé la rivalutazione secondo il coefficiente 200) che è, ad avviso dei ricorrenti, del tutto arbitraria . Il motivo, ad avviso del Collegio, è del tutto infondato, avendo questa Corte
affermato che gli accessori sono compiutamente regolati per legge e correlano la rivalutazione alla data del 1938 con coefficiente unico; e pertanto , se nulla spetta per detti accessori dalla data della domanda dì
indennizzo, essi competono di contro, secondo l’art. 1224 c.c. , sempre
che siano spettanti e salva la prova liberatoria della P.A., dalla data della
costituzione in mora (Cass. 5212/2011). Ma, nel caso che occupa, i
detti accessori sono stati chiesti dalla data della domanda di indennizzo
(il chè è escluso sia accordabile per legge) nel mentre nessun credito a
saldo è emerso sul quale, certamente, sarebbero stati da computare gli
accessori a far tempo dalla domanda.
Rigettato il ricorso, ì ricorrenti saranno tenuti in solido alla refusione delle spese di giudizio in favore della Amministrazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e conda nna i ricorrenti, in solido, a corrispondere le
spese di giudizio alla contro ricorrente Amministrazione dell’Economia e
Finanze, spese che determina in C 5.000 oltre spese prenotate a debito.
Così d ciso nella c.d.c. del 14 Magi. 3.
Il Con .est.

condiviso una valutazione amministrativa dì tipo equitativo stante

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