Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14202 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 27/06/2011), n.14202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

KATIA PESCA srl, in persona del liquidatore, rappresentata e difesa

dall’avv. GENNARI Alberto ed elettivamente domiciliata in Roma presso

l’avv. Gildo Ursini in viale Liegi n. 28;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 35/25/06, depositata il 14 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 marzo 2011 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La srl Katia Pesca in liquidazione propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 35/25/06, depositata il 14 dicembre 2006, che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Verbania, ha ritenuto legittimo il provvedimento con il quale era stata respinta l’istanza di definizione agevolata, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, dell’Iva, dell’IRPEF e dell’IRAP per il 1998, preclusa per la pendenza di un procedimento penale, nei confronti dell’amministratore della società, per reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Il ricorso contiene due motivi, con il primo dei quali si denuncia insufficiente motivazione; con il secondo, si lamenta la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 15.

I motivi articolati nel ricorso sono inammissibile in quanto il secondo, col quale si denuncia violazione di norme di diritto, non viene corredato del quesito prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., mentre il primo, col quale si denuncia vizio di motivazione, è privo della chiara indicazione riassuntiva, sintetica ed autonoma, del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente e delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, come prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (ex plurimis, Cass. n. 2652 e n. 8897 del 2008, n. 27680 del 2009; Cass., sez. unite, 1 ottobre 2007, n. 20603).

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1 e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto inammissibile”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.500,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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