Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14201 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. II, 27/06/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SCP SRL P.IVA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DE CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato PICCIONI ANDREA,

rappresentato e difeso dall’avvocato COLAROSSI GINO;

– ricorrente –

contro

M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato RADICCHI

CRESCENTINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANTONAZZO FRANCO;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 645/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 11/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato ANGELELLI Amedeo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato ANTONAZZO Franco, difensore del resistente che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La SCP s.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 11-8-1992 dal Presidente del Tribunale di Pescara con il quale le era stato intimato il pagamento, in favore di M. R., della somma di L. 30.385.536 più accessori, quale corrispettivo dell’opera prestata per la redazione di un progetto per partecipare alla licitazione privata per la sistemazione del teatro monumentale (OMISSIS). A sostegno dell’opposizione, l’opponente deduceva di non aver mai dato il predetto incarico al M., il quale, peraltro, non l’aveva mai svolto.

Con sentenza in data 23-9-2002 il Tribunale di Pescara rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo opposto.

La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza depositata l’11-7-2005, rigettava l’appello proposto dalla società opponente avverso la predetta decisione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la SCP s.r.l., sulla base di tre motivi.

Il M. non ha depositato controricorso, ma ha partecipato alla discussione orale in udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 1327, 1362, 1363, 1366 e 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia.

Sostiene che la Corte di Appello, nel ritenere che, “dato il tenore delle missive 6-12-90 e 7-12-90”, si era perfezionato il contratto d’opera intellettuale de quo, ha violato le norme poste in tema di interpretazione dei contratti dagli artt. 1326 e 1327 c.c..

Deduce, infatti, che dal tenore letterale delle missive richiamate si evince che il contratto d’opera non si era ancora perfezionato, in quanto la lettera del 7-12-1990, a firma del M., costituiva una mera controproposta alla missiva del 6-12-1990 della CPA s.r.l..

Assume, comunque, che, anche a voler ritenere perfezionato il contratto, lo stesso dovrebbe ritenersi nullo per indeterminatezza dell’oggetto, e che la controparte, nonostante le contestazioni mosse dall’opponente, non ha provato l’ammontare del corrispettivo pattuito.

Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 2227, 2232, 2233 e 2697 c.c., nonchè dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Deduce che, ove si ritenesse perfezionato il contratto e accertato il relativo oggetto, tale contratto dovrebbe ritenersi risolto per fatto e colpa del M., non avendo quest’ultimo fornito la prova di avere effettivamente realizzato le prestazioni professionali alle quali si era obbligato. Assume che la lettera del 6-12-1990, esprimendo il dissenso della SCP d.r.l. circa elementi essenziali dei contratto, deve essere considerata come recesso, ai sensi dell’art. 2227 c.c.; con la conseguenza che il M. potrebbe pretendere solo il compenso per le prestazioni eseguite fino 7-12-1990, data in cui il medesimo ha acquisito piena conoscenza dell’intervenuto recesso della controparte. Fa presente, peraltro, che il M. non ha provato nè offerto di provare di avere eseguito le prestazioni descritte nella parcella anteriormente alla indicata data, ed anzi non ha neppure provato di aver effettivamente eseguito siffatte prestazioni, non avendo prodotto l’elaborato progettuale.

Evidenzia che la motivazione resa sul punto dalla Corte d’Appello è insufficiente e contraddittoria, essendosi il giudice del gravame limitato ad un mero rinvio alla valutazione delle prove compiuta dal Tribunale.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, sotto un ulteriore profilo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 2227, 2232, 2233 e 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Deduce che la Corte di Appello con motivazione assolutamente carente e tautologica ha bollato come mere osservazioni i motivi di appello inerenti alla mancata consegna dell’opera commissionata. Fa presente che tale mancata consegna è stata ammessa dallo stesso appellato nella comparsa conclusionale di appello e, concretando un grave inadempimento, legittimava la domanda di risoluzione del contratto per fatto e colpa della controparte, anche in considerazione dell’essenzialità del termine per la consegna degli elaborati progettuali, indispensabili per poter partecipare alla gara pubblica di cui al bando, che fissava termini perentori per la partecipazione a tale gara.

Il ricorso è improcedibile.

L’art. 369 c.p.p., comma 2, n. 2, esige, a pena di improcedibilità, che con il ricorso abbia luogo il deposito di “copia autentica della sentenza, o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti …”.

Secondo un principio ormai consolidato in giurisprudenza, la previsione dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione -a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale- della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitatale soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Pertanto, nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare detta declaratoria soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la Telata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c, comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui dell’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione (Cass. Sez. 2, 9-6-2008 n. 15232; Cass. Sez. Un. 16-4-2009 n. 9005; Cass. Sez. 3, 11-5-2010 n. 11376).

Nel caso di specie, la ricorrente ha espressamente dichiarato, a pagina 3 del ricorso, che la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila, pubblicata in data 11-7-2005, le era stata notificata in data 3-10-2005. Essa, tuttavia, come emerge dall’esame diretto dei documenti depositati, cui questa Corte ha proceduto, si è limitata a produrre copia autentica della sentenza impugnata, senza la relata detta notificazione.

Per le ragioni esposte, pertanto, mancando la prova della tempestività dell’impugnazione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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