Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 142 del 04/01/2011

Cassazione civile sez. I, 04/01/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 04/01/2011), n.142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15171-2009 proposto da:

L.A.M. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VIGNA DI MORENA 69/A, presso ROSSI ANNA MARIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato AMATO FELICE, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto V.G. 3 581/07 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

27.2.08, depositato l’8/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DIDONE Antonio;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FUCCI

Costantino.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Par. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- L.A.M. impugna per cassazione, formulando un solo motivo concluso da quesito, il decreto della Corte di appello di Napoli con il quale è stata parzialmente accolta la sua domanda di equa riparazione per irragionevole durata del processo promosso dinanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, lamentando l’erronea compensazione delle spese processuali, con violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e L. n. 89 del 2001, art. 2. La Corte di appello hai accertato che la durata del processo si era protratta per tre anni oltre il termine ragionevole e ha liquidato il danno non patrimoniale in Euro 1.333,00. Quanto alle spese processuali, la Corte territoriale ha osservato che la L. n. 89 del 2001, riconoscendo il diritto all’equa riparazione, pone lo Stato in una condizione di soggezione, che la pronuncia del giudice, sollecitata dalla parte privata, può trasformare in una situazione giuridica nuova connotata dalla nascita di un obbligo concreto e specifico, obbligo che non preesiste, quindi, alla richiesta di riparazione.

Pertanto, per la regolamentazione delle spese di parte, doveva trovare necessaria applicazione, come regola fondamentale dell’ordinamento, il principio di causalità, con la conseguenza che l’Amministrazione non poteva essere condannata alla rifusione, in favore della controparte, di spese che non ha in alcun modo provocato. Talchè ha disposto la compensazione delle spese della procedura. Il Ministero intimato resiste con controricorso.

2. – Il ricorso appare manifestamente fondato alla luce della recente giurisprudenza della S.C. secondo la quale i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dagli artt. 91 e seg. c.p.c., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito. Ne consegue che la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione convenuta, non implicando acquiescenza alla pretesa dell’attore, non è sufficiente di per sè a giustificare la compensazione delle spese processuali, la quale postula che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione in tal senso,, dal momento che è pur sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione della giustizia che dipende la necessità per il privato di ricorrere al giudice (Sez. 1, Sentenza n. 1101 del 22/01/2010).

A maggior ragione, nella concreta fattispecie, andava applicato il principio di soccombenza per avere l’Amministrazione, in sede di merito, concluso per il rigetto della domanda.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio. Il decreto dovrà essere cassato e, decidendo nel merito, la Corte potrà liquidare le spese ai sensi dell’art. 384 c.p.c.”.

Par. 2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso. Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato limitatamente al capo concernente le spese e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., la Corte deve procedere alla liquidazione delle spese processuali, nella misura precisata in dispositivo.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato limitatamente al capo concernente le spese e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 280,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e per il presente giudizio di legittimità in Euro 525,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge;

dispone che le spese siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011

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