Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14199 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24716-2018 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 20,

presso lo studio dell’avvocato CARLA RIZZO, rappresentato e difeso

dall’avvocato NERIO ZUCCACCIA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 27/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’UMBRIA, depositata il 17/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA

RUSSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1.-. G.E. ha ricevuto in data 4.11.2009 un provvedimento di diniego alla definizione dei carichi di ruolo relativi a tasse automobilistiche per gli anni 1994,1995 e 1996 iscritti a ruolo il 10.8.2000, 10.10.2000, e 10.11.200. Ha quindi presentato ricorso deducendo la tardività della azione accertatrice e la decadenza della amministrazione al diritto alla riscossione, la illegittimità dell’atto per violazione dei principi di buona fede e correttezza e per difetto di motivazione. La CTP ha accolto il ricorso con sentenza del 5 ottobre 2010. L’agenzia ha proposto appello che è stato respinto dalla CTR dell’Umbria con sentenza del 3 giugno 2012. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia, deducendo la violazione di legge e contestando la applicazione della c.d. rottamazione dei ruoli prevista dalla L. n. 289 del 2000, art. 12, alle tasse automobilistiche, norma che il giudice d’appello ha ritenuto applicabile nel caso di specie, assorbita ogni altra questione.

2.- La Corte di cassazione con ordinanza 6693/2017 ha accolto il ricorso rilevando che la L. n. 289 del 2002, art. 12, è applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR incluse in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione: sicchè la norma non può dirsi applicabile con riferimento a cartelle relative a tasse automobilistiche; ha quindi ritenuto legittimo il provvedimento di diniego del condono chiesto dal contribuente ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12 e, di conseguenza, cassato la sentenza con rinvio della causa alla CTR dell’Umbria in diversa composizione. Il processo è stato riassunto dal contribuente, avente interesse all’esame delle questioni assorbite e la CTR con sentenza del 17.1.2018 ha rigettato l’originario ricorso del contribuente, ritenendo che non fosse maturata alcuna decadenza, in quanto il debito era divenuto definitivo e quindi ad esso si applicava l’ordinario termine di prescrizione decennale, nè può farsi applicazione del principio del legittimo affidamento. La CTR ha compensato le spese di tutti i gradi di giudizio per la oggettiva difficoltà interpretativa della materia.

3. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a tre motivi. Non si costituisce la Agenzia.

Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.

Diritto

RITENUTO

Che:

3.- Con il primo motivo del ricorso, la parte lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.L. n. 953 del 1983, art. 5, commi 51 e 56 e degli artt. 2946 e 2953 c.c. e degli artt. 3,24 e 53 Cost.. La parte lamenta che erroneamente è stato ritenuto il termine di prescrizione decennale in luogo del più breve termine triennale previsto dalla norma speciale.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 dello Statuto del contribuente e degli artt. 2,3,24,53 e 97 Cost. con violazione del principio di buona fede e legittimo affidamento.

Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 e dell’art. 7 dello Statuto del contribuente per difetto di motivazione dell’atto tributario.

Il primo motivo è fondato.

E’ principio già affermato da questa Corte che la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. n. 20425/2017).

Nel caso di specie la definitività del tributo nulla toglie al fatto che si applichi la norma speciale, che prevede un termine di decadenza triennale in materia di tasse automobilistiche.

Il D.L. n. 953 del 1982, art. 5, così come modificato dal D.L. n. 2 del 1986, art. 3, convertito nella L. n. 60 del 1986 dispone infatti che “l’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento”.

Ne consegue, in accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può decidersi nel merito, accogliendo l’originario ricorso del contribuente.

Le spese dei gradi di merito possono essere compensate.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna parte intimata alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 510,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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