Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14198 del 12/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 12/07/2016, (ud. 13/04/2016, dep. 12/07/2016), n.14198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15462/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, C.F. (OMISSIS), AGENZIA DELLE DOGANE

DIREZIONE REGIONALE PUGLIA BASILICATA, in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

I.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 19793/2010 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 03/12/2010 R.G.N. 23637/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Il Tribunale di Roma, con sentenza del 3 dicembre 2010, ha respinto la domanda proposta dalla Agenzia delle Dogane e dalla Agenzia delle Dogane Direzione Regionale per la Puglia e la Basilicata che, con ricorso depositato il 10 luglio 2009, avevano chiesto la dichiarazione di nullità o l’annullamento del lodo con il quale il Collegio Arbitrale di Disciplina, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva annullato la sanzione disciplinare della multa, pari a 4 ore di retribuzione, inflitta a I.G. dal Direttore Regionale per la Puglia e la Basilicata con atto del 23 marzo 2008.

2 – Il Tribunale, respinta l’eccezione di inammissibilità della impugnazione, ha ritenuto perentorio il termine di venti giorni previsto per la contestazione disciplinare dall’art. 66 del CCNL 28.5.2004 ed ha escluso che detto termine fosse stato rispettato nella fattispecie, poichè l’amministrazione era venuta a conoscenza del fatto in data 15 ottobre 2007 e solo il 15 dicembre 2007 aveva provveduto a contestare l’addebito all’ I.”.

3 – Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane e l’Agenzia delle Dogane Direzione Regionale per la Puglia e la Basilicata sulla base di due motivi. I.G. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo le ricorrenti denunciano, ex art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 66, comma 2 del CCNL Agenzie Fiscali 28.5.2004” e rilevano che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la conoscenza del fatto fosse stata acquisita dalla Amministrazione il 15 ottobre 2007, a seguito della notifica della relazione Audit n. 797. Deducono che il dies a quo per il decorso del termine previsto dal contratto collettivo deve essere individuato nella data in cui si realizza la conoscenza completa dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare, non essendo sufficiente una generica segnalazione e non potendo escludersi il diritto, dovere del datore di lavoro di effettuare indagini preliminari. Aggiungono, richiamando giurisprudenza di questa Corte, che il carattere della perentorietà non è rinvenibile in tutti i termini volti a cadenzare l’andamento del procedimento disciplinare ma deve essere riconosciuto solo a quello per l’adozione del provvedimento finale, pacificamente rispettato nella fattispecie.

1.1 – Con il secondo motivo le Agenzie censurano la sentenza impugnata per “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Rilevano che il Tribunale si è limitato a richiamare la valutazione espressa dal Collegio Arbitrale senza specificare le ragioni per le quali riteneva condivisibili le conclusioni alle quali quest’ultimo era pervenuto, e, quindi, senza dare conto del percorso argomentativo seguito.

2 – I motivi, che possono essere congiuntamente trattati perchè connessi, sono Infondati nella parte In cui assumono la natura ordinatoria del termine previsto dall’art. 66 del CCNL 28.5.2004 per le Agenzie Fiscali ed inammissibili per il resto.

La disposizione contrattuale, dopo aver previsto al comma 2, che “l’Agenzia, fatta eccezione per il rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente, se non previa contestazione scritta dell’addebito, da effettuarsi tempestivamente e, comunque, non oltre 20 giorni da quando l’ufficio istruttore secondo l’ordinamento dell’Agenzia, è venuto a conoscenza del fatto…”, al comma 11, richiamato anche nella sentenza impugnata, aggiunge “con riferimento al presente articolo sono da intendersi perentori il termine iniziale e quello finale del procedimento disciplinare. Nelle fasi intermedie i termini ivi previsti saranno comunque applicati nel rispetto dei principi di tempestività ed immediatezza, che consentano la certezza delle situazioni giuridiche”.

La disciplina è sovrapponibile a quella dettata per il Comparto Ministeri dal CCNL 12.6.2003 che, nel modificare l’art. 24 del CCNL 16.5.1995 (che prevedeva l’estinzione del procedimento solo in caso di mancato rispetto del termine finale), ha egualmente affermato la natura perentoria non solo del termine finale ma anche di quello iniziale previsto per l’avvio del procedimento.

I richiami alla giurisprudenza di questa Corte che si leggono nel primo motivo di ricorso non sono, quindi, pertinenti, perchè la sentenza invocata dalla Agenzia si riferisce alla interpretazione dell’art. 24 del CCNL 16.5.1995 per il Comparto Ministeri, che, come già detto, a differenza del successivo CCNL 12.6.2003 e del Contratto Collettivo che qui viene In rilievo non prevedeva la perentorietà del termine iniziale.

Al contrario, una volta che le parti collettive, innovando rispetto alla disciplina previgente, hanno affermato la natura perentoria del termine previsto per l’avvio del procedimento, il mancato rispetto del termine stesso determina la decadenza dall’esercizio del potere disciplinare, giacchè, sino all’entrata in vigore del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, il legislatore ha attribuito alla contrattazione collettiva sia l’individuazione della tipologia delle condotte costituenti illecito e delle relative sanzioni che la disciplina del procedimento.

2.1 – Il ricorso, nella parte in cui contesta la individuazione del dies a quo effettuata dal Collegio Arbitrale e dal Tribunale, è inammissibile per plurime ragioni concorrenti.

La consolidata giurisprudenza di questa Corte è pervenuta alla conclusione che la determinazione arbitrale avente natura di atto negoziale può essere annullata, pur dopo l’entrata in vigore dell’art. 808 ter c.p.c., per vizi idonei ad inficiare la determinazione degli stessi (vizi del consenso ex art. 1427 c.c., ivi compresa l’alterata percezione o falsa rappresentazione dei fatti), ovvero per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi (vedi ex plurimis, Cass. 10.7.2015 n. 14431; Cass. 19 agosto 2013 n. 19182; Cass. S.U. 1 dicembre 2009, n. 25253). Ossia rileva solo l’errore sostanziale o essenziale (artt. 1428 e 1429 c.c.), che attiene alla formazione della volontà degli arbitri e che ricorre quando questi ultimi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà, mentre non è censurabile il lodo in ordine alla ricostruzione e valutazione delle circostanze di fatto.

Nel caso di specie, pertanto, non poteva costituire motivo di impugnazione l’accertamento, effettuato sulla base della documentazione acquisita, della data in cui la amministrazione era venuta a conoscenza del fatto, poi ritenuto di rilevanza disciplinare.

2.2 – A dette assorbenti considerazioni si deve aggiungere che le censure sono state formulate senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, poichè le ricorrenti non hanno trascritto nel ricorso il contenuto della lettera di contestazione, della relazione Audit n. 797, e, soprattutto, della nota n. 22/ris del 20.11.2007, che, a loro dire, sola avrebbe consentito di individuare con certezza gli inadempimenti poi contestati all’ I..

3- Il ricorso va, quindi, rigettato.

La mancata costituzione dell’intimato esime dal provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta Il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016

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