Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14191 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. II, 27/06/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30454/2005 proposto da:

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ROMEO ROMEI 23, presso lo studio dell’avvocato CAPUZZI

Filippo Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PROVVIDENZA MARIO;

– ricorrente –

contro

M.D. (OMISSIS), N.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

M.D.;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 361/2004 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 08/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato MARIO PROVVIDENZA difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato M.D. difensore di se medesimo e della

resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’ing. M.A. aveva chiesto ed ottenuto l’emissione dal Tribunale di Perugia del decreto ingiuntivo per ottenere, da M.D. e N., il pagamento di prestazioni professionali non corrisposte per complessive L. 14.919.294.

Proponevano opposizione M.D. e N.L. sollevando varie eccezioni.

Si costituiva M.A. il quale chiedeva la conferma del decreto ingiuntivo.

Il Tribunale di Perugia con sentenza n. 450 del 2000, a parziale accoglimento della proposta opposizione revocava il decreto ingiuntivo e condannava: M.D. e N. al pagamento in solido della somma di L. 8.801.000, oltre rivalutazione ed interessi dal febbraio 1992.

Proponeva appello M.D. e N.L. riproponendo le censure già svolte nel primo grado di giudizio.

Si costituiva M.A., che chiedeva il rigetto dell’appello.

La Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 361 del 2004, accoglieva l’appello proposto e per l’effetto rigettava la domanda originariamente spiegata da M.A.. Compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio. La Corte territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione di inadempimento per avere il professionista eseguito una progettazione inidonea a sortire l’autorizzazione comunale e non suscettibile di realizzazione pratica, insomma per aver eseguito un elaborato non qualificabile neppure quale progetto di massima. In sostanza – ha ritenuto la Corte territoriale – il progetto in questione si risolveva in un semplice studio interlocutorio che necessitava di ulteriore approfondimento, adeguamento, integrazione, precisazione e quant’altro.

La cassazione della sentenza n. 361 del 2004 della Corte di appello di Perugia è stata chiesta da M.A. con ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. M.D. e N.L., hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo M.A. lamenta il travisamento del contenuto del contratto di prestazione professionale con l’ingegnere, della CTU espletata in primo grado e delle norme di legge generali e particolari i disciplinanti l’obbligo di pagamento delle attività lavorative e professionali. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe travisato e disatteso il contenuto della CTU e si sarebbe fermata ad una lettura parziale della CTU e delle dichiarazioni rese dal CTU a verbale, in udienza. La Corte territoriale, in verità, secondo il ricorrente, non avrebbe tenuto conto che l’attività richiesta non era finalizzata all’ottenimento immediato della concessione edilizia, nè tanto meno a predisporre un progetto completo degli elementi necessari al concreto esercizio di una attività di ristrutturazione, ma gli era stato richiesto un progetto di massima al fine di sondare la possibilità di ottenere le necessarie concessioni edilizie. La Corte territoriale, pertanto non avrebbe quantificato l’onorario spettante al professionista e sia pure tenendo conto che i progetti presentati risultavano essere progetti di larga massima.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il travisamento dell’istruttoria espletata in primo grado (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Secondo il ricorrente, la mancata approvazione del progetto fu dovuta all’esigenze dei committenti in evidente contrasto con l’aspetto caratteristico dei luoghi e con le considerazioni ed i suggerimenti di esperienza consigliati dal tecnico.

3.- Entrambi questi motivi vanno esaminati congiuntamente per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi, tanto che l’uno appare la conseguenza e/o il completamento dell’altro, ed, entrambi, vanno rigettati perchè infondati.

3.a) = Intanto, il ricorrente, con le censure di cui si è detto, sostanzialmente, si propone di ottenere una nuova e diversa valutazione delle risultanze probatorie e, soprattutto, una nuova e diversa valutazione della relazione peritale, che non può essere chiesta, nè effettuata dal giudice di legittimità. A l sua volta, la sentenza impugnata non è priva di motivazione, considerato che il giudice di appello, valutando attentamente le argomentazioni svolte dal CTU con un procedimento logico-giuridico, privo di vizi, ha ritenuto che il professionista non avesse realizzato quanto richiesto dai committenti.

3.b) Se poi il ricorrente intendesse lamentare un’omessa valutazione da parte della Corte territoriale dell’identità dell’incarico che gli era stato affidato dai committenti, nel senso che l’incarico professionale conferito all’ing. M.A.; non fosse quello relativo ad una elaborazione progettuale definitiva e completa che consentisse di ottenere le relative concessioni comunali ma fosse quello di una progettazione di massima per sondare la possibilità di ottenere la concessione edilizia, il motivo del ricorso, sarebbe formulato in modo generico perchè non indica le prove che consentirebbero di identificare l’identità dell’incarico che gli era stato affidato.

3.1.- Piuttosto, la pronuncia impugnata presenta una motivazione priva di vizi logici, laddove afferma che gli appellanti non avevano commissionato uno; studio da approfondire in seguito, ma un progetto astrattamente idoneo all’ottenimento della concessione edilizia per la ristrutturazione dei due, immobili oggetto di causa. Ed è consequenziale la stessa affermazione della Corte territoriale secondo cui, in definitiva, il M.A. non avrebbe eseguito a prestazione richiestagli.

3.2.- Considerato l’inadempimento del professionista, lo stesso non poteva pretendere un compenso relazionato ad una parziale attività, per altro, non utile per il raggiungimento del risultato cui la stessa prestazione era preordinata: inadimplenti non est adinplendum.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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