Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14191 del 12/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 12/07/2016, (ud. 11/01/2016, dep. 12/07/2016), n.14191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in Roma, via

Nazionale, n. 204, nello studio dell’avv. Alessandro Bozza

Venturi, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale

autenticata dal Notaio Dell’Aira di Caltanissetta in data 10

settembre 2015, Rep. n. 3262, unitamente all’avv. Angelo Clarizia;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI

AGRIGENTO;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, n. 312,

depositata in data 22 agosto 2006;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica dell’11 gennaio 2016

dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

Sentito per il ricorrente l’avv. Bozza, munito di delega;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

Dott. Anna Maria Soldi, la quale ha concluso per l’inammissibilità,

o, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con sentenza n. 359 depositata in data 3 luglio 1999 il Tribunale di Caltanissetta rigettava l’opposizione proposta dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale della Provincia di Agrigento (d’ora in avanti, per brevità, Consorzio) avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 3 settembre 1996 per l’importo di Lire 257.944.853, ad istanza dell’ing. B.G., in relazione a compensi per l’attività di progettazione e direzione dei lavori per le opere di adduzione delle acque reflue del versante Nord di Agrigento al depuratore cittadino.

In particolare, veniva rilevata l’infondatezza della tesi sostenuta dall’opponente, secondo cui l’incarico professionale sarebbe stato svolto in maniera negligente, osservandosi che il professionista, pur non avendo provveduto a contestare direttamente all’impresa determinate irregolarità, le aveva comunicate tanto al Consorzio quanto alla Commissione di collaudo, redigendo poi un prospetto relativo alle incongruenze di natura contabile con le indicazioni per farvi fronte. L’inadempimento accertato, pertanto, non assumeva quei caratteri di gravità tali da comportare la risoluzione del contratto e il mancato pagamento del compenso.

1.1 – Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro, accogliendo il gravame proposto dal Consorzio, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e rigettato la domanda proposta dall’ing. B., ponendo in evidenza, all’esito di un esame analitico delle emergenze probatorie, la gravità delle inadempienze del professionista.

E’ stato rilevato, al riguardo, che le irregolarità nella contabilizzazione dei rapporti fra il raggruppamento delle imprese assegnatarie dell’appalto e il Consorzio, riscontrate soltanto dopo che erano stati emessi undici stati di avanzamento e che era stata indebitamente corrisposta la rilevante somma di circa un miliardo e ottocento milioni di lire, erano imputabili all’approvazione e alla certificazione dell’effettività delle lavorazioni eseguite, da parte del direttore dei lavori, in maniera evidentemente non corrispondente alla realtà, così evidenziandosi un’attività di controllo scarsamente diligente se non pressochè inesistente, di certo non attenuata da un’attività di segnalazione del tutto tardiva.

1.2 – Per la cassazione di tale decisione il professionista propone ricorso, affidato a cinque profili di censura, illustrati da memoria.

Il Consorzio non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 16; R.D. n. 350 del 1895, artt. 28, 101 e 102 e artt. 1176, 2236 e 1460 c.c., nonchè insufficienza, contraddittorietà e lacunosità della motivazione su punti decisivi della controversia, sostiene che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente attribuito una condotta negligente al B. nell’attività di contabilizzazione, in assenza di valide prove in tale senso e senza considerare che il predetto, nella qualità di direttore dei lavori, aveva fatto rilevare gli ammanchi alla stazione appaltante.

2.1 – Si afferma, inoltre, che la Corte di appello, omettendo di motivare in merito a punti decisivi della controversia e violando gli artt. 1176, 2236, e 1460 c.c., non avrebbe considerato che la normativa che regola la materia consente di porre rimedio ad eventuali irregolarità formali in sede di conto finale.

2.2 – Si aggiunge, poi, che sempre incorrendo in vizio motivazionale e in violazione dei principi sul giudicato esterno, la corte distrettuale avrebbe erroneamente affermato la sussistenza dell’onere di impugnare statuizioni della sentenza di primo grado, inerenti a profili di negligenza professionale, che tuttavia non avevano condotto a una concreta affermazione di responsabilità, non essendosi individuati, in relazione all’esclusione della gravità dell’inadempimento, i relativi presupposti.

2.3 – Si sostiene, ancora, che la Corte di appello di Caltanissetta, omettendo di motivare su un punto decisivo della controversia, ed incorrendo nella violazione degli artt. 1176, 2236 e 1640 c.c., avrebbe erroneamente qualificato grave la responsabilità del direttore dei lavori, e tale da giustificare l’eccezione di inadempimento sollevata dal Consorzio.

2.4 – Si rileva, infine, che la Corte distrettuale, omettendo la motivazione su un punto decisivo della controversia, avrebbe erroneamente negato al professionista il riconoscimento dei compensi a lui spettanti per la redazione della perizia di variante e per gli aggiornamenti progettuali, del tutto autonomi rispetto alla conduzione della direzione dei lavori, in relazione alla quale si sarebbero manifestate le denunciate negligenze.

3 – Deve premettersi che nella presente vicenda processuale trova applicazione “ratione temporis”, essendo stata impugnata una decisione depositata in data 2 agosto 2006, l’art. 366-bis c.p.c..

3.1- Tale norma è stata introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e resta applicabile – in virtù dell’art. 27, comma 2 del medesimo Decreto – ai ricorsi per cassazione avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entata in vigore del decreto, e cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria del suo art. 58, comma 5 (con ultra-attività ritenuta conforme a Costituzione, tra le altre, da Cass., ord. 14 novembre 2011, n. 23800).

3.2 – I criteri elaborati per la valutazione della rilevanza dei quesiti vanno applicati anche dopo la formale abrogazione, nonostante i motivi che l’avrebbero determinata, attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultra-attività alla norma (per tutte, v.

espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079).

3.3 – Quanto ai quesiti previsti dal comma 1 di tale norma, in linea generale (Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704), essi devono compendiare (e tanto che la carenza di uno solo di tali elementi comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass. 30 settembre 2008, n. 24339): a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Inoltre, essi debbono porre questioni pertinenti alla ratio decidendi, perchè, in contrario, essi difetterebbero di decisività (sulla indispensabilità della pertinenza del quesito, per tutte, v. Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901).

uanto, poi, al capoverso dell’art. 366 bis c.p.c., va rilevato che per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione –

con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso – di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione; tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure.

3.4 – Non è consentita la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, se non accompagnate tanto dal quesito di diritto previsto per il primo vizio che dal momento di sintesi o riepilogo imposto per il secondo (per tutte, a contrario:

Cass. Sez. Un., 31 marzo 2009, n. 7770).

3.5 – I primi quattro quesiti proposti dal ricorrente, riflettendo l’impostazione del ricorso, nel quale vengono denunziati vizi correlati tanto alla violazione di legge quanto a carenze di natura motivazionale, ancorchè articolati sotto distinte prospettazioni, attengono all’evidenza, in ciascuna delle distinte formulazioni, sia alla violazione di norme di legge che al vizio di motivazione.

Deve quindi ribadirsi l’inammissibilità dei motivi cumulativi e, comunque, che si concludano con un quesito che non permetta di riferirlo in modo chiaro ed univoco ad uno di essi (Cass. n. 5471 del 2008; n. 1906 del 2008) e che non evidenzi l’elemento strutturale della norma che si assume violata, non consistendo in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (Cass. S.U. n. 20360 del 2007), soprattutto se – come nella specie – riferiti indistintamente ad entrambi i profili dell’unico motivo, con il quale è stata dedotta, in modo indifferenziato, la violazione di legge ed il vizio di motivazione (Cass. 23 luglio 2008, n. 20360).

3.6 – I primi quattro quesiti, e, quindi, i profili di censura cui si riferiscono, sono inammissibili.

4 – Quanto alla questione che si rispecchia nel quinto quesito, che attiene al vizio di motivazione circa il mancato pagamento di compensi per prestazioni (perizia di variante e aggiornamenti progettuali) non riconducibili alla condotta in relazione alla quale si sarebbero verificate le gravi inadempienze, devesi rilevare che la sentenza impugnata ha congruamente posto in evidenza che “l’inadempimento del professionista ha inciso in modo apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto con il Consorzio, anche in considerazione del pregiudizio causato al Consorzio stesso, il quale è stato costretto ad avviare procedura di recupero delle somme indebitamente percepite dal R.T.I. (ben Lire 864.418.675, n.d.r.) senza certezza di buon esito”.

Premesso che il giudizio sulla frazionabilità dell’oggetto complessivo del contratto e sulla autonomia della singola frazione costituisce valutazione di merito e non può formare oggetto di una questione dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Cass., 2 maggio 2005, n. 10700), e che nella specie, come si afferma nella sentenza impugnata, si tratta di unico contratto avente ad oggetto l’incarico per la progettazione e direzione lavori conferito dal Consorzio A.S.I. della Provincia di Agrigento con Delib.

Commissariale 1 agosto 1981, n. 55/81, va osservato che la risoluzione del contratto, per le ragioni sopra indicate e, per come malamente criticate, ormai irrevocabilmente incensurabili, investa, secondo l’esplicita motivazione come sopra indicata, l’intero rapporto, con conseguente insussistenza del vizio denunciato.

5 – Non si provvede in merito al regolamento delle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016

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