Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1419 del 18/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/01/2019, (ud. 20/11/2018, dep. 18/01/2019), n.1419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12614-2017 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA PINETA

SACCHETTI, 201, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA FONTANELLA,

che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3440/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

21/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

F.M. proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Roma avverso la cartella esattoriale n. (OMISSIS) emessa da Equitalia Sud S.p.A. per crediti vantati dal Comune di Roma e derivanti da sanzioni per violazioni al C.d.S..

Lamentava che non vi era stata la notifica del verbale di accertamento dell’infrazione, il che rendeva illegittima l’emissione della cartella esattoriale, non potendosi in ogni caso reputare legittima la maggiorazione degli interessi per il ritardato pagamento.

Tenutasi la prima udienza di comparizione, alla quale non partecipava alcuna delle convenute, e rinviata la causa per la precisazione delle conclusioni, nelle more si costituiva Roma Capitale, la quale deduceva l’infondatezza dell’opposizione, producendo documentazione attestante l’avvenuta notifica del verbale di accertamento della violazione.

Il Giudice di Pace con la sentenza n. 35224/2015, rigettava l’opposizione ritenendo che fosse stata fornita la prova della regolare notifica dei verbali da parte della convenuta.

Avverso tale sentenza proponeva appello il F., e nella resistenza delle appellate, che insistevano per il rigetto dell’impugnazione, il Tribunale di Roma con la sentenza n. 3440 del 21/2/2017 confermava la decisione di primo grado, osservando che Roma Capitale, nel costituirsi prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni, aveva prodotto le relate di notifica di tutti i verbali impugnati, le quali potevano essere ricollegate agli atti notificati tramite il riscontro del numero della raccomandata.

F.M. ha proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di due motivi.

Le intimate non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 Disp. Att. c.p.c., in quanto con l’atto di appello si era censurata la decisione di prime cure, che aveva rigettato l’opposizione sul presupposto che fosse stata offerta prova documentale dell’avvenuta notifica dei verbali di accertamento, posto che non si era tenuto conto della circostanza che Roma Capitale si era tardivamente costituita in primo grado, oltre la data prevista per la prima udienza di comparizione, allorquando la causa era già stata rinviata per la precisazione delle conclusioni.

Per l’effetto si era eccepito che la documentazione prodotta in occasione della tardiva costituzione non poteva essere utilizzata ai fini della decisione, trattandosi di prove tardivamente introdotte nel giudizio, e per le quali erano ormai maturate le preclusioni istruttorie.

La sentenza oggi gravata, invece, pur dando atto nell’esposizione dei fatti processuali dell’esistenza di tale motivo di gravame, in motivazione si è limitata ad affermare che l’appello andava rigettato, in quanto “correttamente il Giudice non ha dichiarato la contumacia di Roma Capitale che, prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni, ha prodotto tutte le relate di notifica relative ai VAV impugnati ricollegabili agli originali tramite il numero della raccomandata”, omettendo quindi di fornire qualsivoglia motivazione in merito alle doglianze sollevate con il detto motivo di appello.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 320 c.p.c., in quanto, ove anche si ritenga che la sentenza di appello abbia motivato sulle contestazioni dell’appellante, avrebbe fatto erronea applicazione della previsione di cui all’art. 320 c.p.c., che consente la produzione di documenti successivamente allo svolgimento della prima udienza di comparizione dinanzi al giudice di pace, nella sola ipotesi in cui sia stato disposto un rinvio ai sensi della stessa norma, comma 4, laddove nel caso in esame, la causa era stata semplicemente rinviata per la precisazione delle conclusioni, risultando per l’effetto preclusa ogni possibilità di produrre documenti da parte della convenuta tardivamente costituitasi.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono fondati.

In primo luogo, va riqualificata la domanda originariamente avanzata dall’attore ai sensi di quanto autorevolmente precisato da Cass. S.U. n. 22080/2017, la quale ha risolto il contrasto esistente presso questa stessa Corte, affermando che l’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria, comminata per violazione del C.d.S., ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata, in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione, deve essere proposta ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, e non nelle forme dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., e, pertanto, entro trenta giorni dalla notificazione della cartella, avendo essenzialmente funzione recuperatoria della possibilità di fare opposizione avverso il processo verbale di accertamento asseritamente non notificato o tardivamente notificato.

Tuttavia, anche alla luce di tale diversa qualificazione, la domanda del ricorrente si palesa come tempestiva, atteso che a fronte della cartella notificata in data 27/2/2015, l’opposizione, erroneamente qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., è stata notificata in data 29 marzo 2015, nel termine di cui al cit. art. 7.

Esaurita tale doverosa premessa, va rilevato che effettivamente come documentato da parte ricorrente, che ha allegato al ricorso copia del verbale della prima udienza di trattazione dinanzi al giudice di pace del 27/3/2015 (atto al quale la Corte ha il dovere di accedere in ragione della natura del vizio denunciato), nessuna delle convenute ebbe a costituirsi nel termine fissato per la celebrazione di tale udienza, e che la causa venne rinviata alla successiva udienza del 23/7/2015 per la precisazione delle conclusioni.

In data successiva, ma anteriormente a quella fissata per l’udienza di conclusioni, si è però costituita Roma Capitale la quale ha prodotto anche documentazione attestante l’avvenuta notifica dei vernali sui quali si fonda la cartella esattoriale, ed alla quale ha fatto riferimento la decisione di prime cure per pervenire al rigetto dell’opposizione, nonostante già in occasione dell’udienza di precisazione delle conclusioni il ricorrente avesse dedotto la tardività della produzione documentale.

Tale eccezione è stata poi reiterata anche in appello, in quanto con il secondo motivo di gravame si è evidenziata l’inammissibilità del deposito documentale effettuato dalla convenuta, costituitasi in giudizio solo in data 15/7/2015.

A tale doglianza, alla quale lo stesso ente appellato aveva inteso replicare invocando la pretesa applicazione della norma di cui all’art. 320 c.p.c., comma 4, la sentenza di appello non ha fornito alcuna risposta, essendosi semplicemente limitata ad affermare che prima dell’udienza di conclusioni erano state prodotte tutte le relate di notifica relative ai VAV impugnati.

Trattasi di affermazione che denota l’erronea soluzione in diritto.

Ed, infatti, questa Corte ha reiteratamente affermato che (cfr. da ultimo Cass. n. 19359/2017) poichè nel procedimento davanti al giudice di pace non è configurabile una distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, pur essendo il rito caratterizzato dal regime di preclusioni tipico del procedimento davanti al tribunale, la produzione documentale, laddove non sia avvenuta nella prima udienza, rimane definitivamente preclusa, nè il giudice di pace può restringere l’operatività di tale preclusione rinviando ad un’udienza successiva alla prima al fine di consentire la produzione non avvenuta tempestivamente, salvo che ricorra l’ipotesi di cui all’art. 320 c.p.c., comma 4, (conf. Cass. n. 27925/2011; Cass. n. 18498/2006; Cass. n. 11274/2005).

Peraltro, e proprio in relazione all’ipotesi qui verificatasi di tardiva costituzione della parte inizialmente contumace, si affermato che (Cass. n. 1287/2003) se, alla prima udienza, il giudice abbia dichiarato la contumacia del convenuto, autorizzando l’attore a precisare le conclusioni e rinviando la causa per la discussione, il convenuto può costituirsi tardivamente, qualora il giudice revochi, anche implicitamente, la dichiarazione di contumacia; tuttavia, in questo caso al convenuto che non abbia ottenuto la rimessione in termini è preclusa la facoltà di eccepire l’incompetenza per territorio derogabile, in quanto la relativa eccezione, in siffatto giudizio nel quale non è configurabile una distinzione tra prima udienza di comparizione e prima udienza di trattazione – non può essere proposta oltre la prima udienza e l’inapplicabilità dell’art. 180 c.p.c., rende altresì irrilevante la questione della sua deducibilità nella memoria prevista da detta norma, confermandosi quindi che la tardiva costituzione non vale ad esentare la parte dalle preclusioni nelle quali sia già eventualmente incorsa.

Va quindi ribadito il principio secondo cui (cfr. Cass. n. 5626/1999) nel procedimento dinanzi al giudice di pace, non essendo configurabile alcuna distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, al convenuto non costituito alla prima udienza, e costituito – tardivamente all’udienza successiva (fissata, nella specie, per “richieste istruttorie ed eventuale precisazione delle conclusioni”), preclusa la facoltà di proporre domande o eccezioni (da considerarsi nuove) e di produrre documenti.

Ne deriva che erroneamente la causa è stata decisa avvalendosi dei documenti tardivamente prodotti dalla convenuta, e che per l’effetto la sentenza impugnata debba essere cassata, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio, essendo allo stesso rimessa anche la valutazione in ordine alla possibilità di utilizzo dei documenti a mente della previsione di cui all’art. 437 c.p.c..

PQM

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2019

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