Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14188 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. II, 27/06/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 27/06/2011), n.14188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30039-2005 proposto da:

G.R. (OMISSIS), B.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA Q VISCONTI

103, presso lo studio dell’avvocato PELLEGRINI FLAVIANA,

rappresentati e difesi dall’avvocato SISCA SALVATORE;

– ricorrenti –

contro

B.N. (OMISSIS), P.G.

(OMISSIS), B.A.M. (OMISSIS), DITTA

ASOLO COSTRUZIONI DI PIVA ANGELA & C. SAS P. IVA (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA A. CHINOTTO 1, presso lo studio

dell’avvocato PRASTARO ERMANNO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MUNARETTO FRANCESCO;

– controricorrenti –

e contro

B.O., B.T., B.M.,

B.E., B.M.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 721/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato ERMANNO PRASTARO difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 23 ottobre 1986, B.T., E. e M. rappresentati da C.G. e B. M.C., che, avendo espresso rinuncia ex art. 551 cc. al legato in sostituzione di legittima; convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Treviso, gli altri coeredi:

B.O., A.M., N., P.G., G.R. in proprio e quale legale rappresentante del figlio minore B.G., entrambi eredi di B. F., per sentire pronunciare lo scioglimento della comunione ereditaria costituitasi tra le parti per successione in morte di B.G.; e per ottenere il rendiconto dai comproprietari nel possesso esclusivo degli stessi beni ereditari. Si costituivano, P.G., B.A.M., O., N., e G.R. per lei e per il figlio minorenne non si opponevano alla divisione dell’asse ereditario e le prime tre chiedevano l’assegnazione della casa paterna, non essendo facilmente divisibile, eccepivano, altresì la prescrizione del diritto di B.M.C. di rinunciare al legato e di chiedere la quota di legittima.

Il Tribunale di Treviso, con sentenza del 16 settembre 1997, assegnava per intero e pro indiviso a B.T., E., M., M.C., A.M., N. e O. nonchè a P.G., gli immobili di non comoda divisibilità, condannava gli stessi a pagare a R.G. e al figlio di questa G., a titolo di conguaglio, la somma di L. 85.485.714, oltre rivalutazione ed interessi legali; rigettava la domanda di pagamento dei frutti. Proponevano appello G.R. e B.G. chiedendo che venisse attribuita ad essi, in natura, una parte dei beni corrispondenti alla quota di spettanza, nonchè la somma di L. 20.000.000 per frutti non goduti.

Si costituivano B.T., M., M.C., O., A.M. e N. e successivamente la società Asolo costruzioni di Piva Angela e C. s.a.s., acquirente della quota di B.E..

La Corte di Appello Venezia, con sentenza n. 721/2005, accoglieva parzialmente l’appello proposto e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Treviso, assegnava a G.R. e B. G., un appezzamento di terreno dal valore di L. 195.300.000, altro appezzamento di terreno, con annesso la costruzione in esso insistente, del valore di L. 41.500.000, altro appezzamento di terreno, con la pertinente costruzione, dal valore di L. 44.850.000 e così una quota dal valore complessivo di L. 281.650.000. Condannava gli appellanti ad un conguaglio pari a L. 14.918.12. Osservava la Corte territoriale: a) che vi era incompatibilità tra la pluralità dei beni immobili in comunione, alcuni dei quali di valore pressochè coincidente con la quota di spettanza e la valutazione di indivisibilità del compendio immobiliare in oggetto, b) che la CTU espletata nella fase di appello aveva superato il giudizio di non comoda divisibilità dei beni immobili.

La cassazione della sentenza n. 721/2005 della Corte di Appello di Veneziane i stata chiesta da G.R. e B.G. con un ricorso affidato a tre motivi. P.G., B.A.M. e N. nonchè la società Asolo costruzioni di Piva Angela e C. sas., in persona del suo legale rappresentante pro tempore sig.ra Pi.An., hanno resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo, G.R. e B.G. lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia (la valutazione del CTU) ex art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo i ricorrenti, la sentenza impugnata: a) non spiegherebbe quali criteri, la Corte territoriale, abbia adottato nel valutare la prova (cioè la CTU), b) ometterebbe qualsiasi motivazione sulla richiesta istruttoria relativa a dei chiarimenti da parte del CTU. Specificano, ulteriormente, i ricorrenti, che la Corte territoriale si sarebbe limitata ad affermare che la CTU espletata in secondo grado avrebbe superato il giudizio di non comoda divisibilità dei beni; immobili. Epperò, dalla telegrafica e inconsistente motivazione – continuano i ricorrenti non sarebbe possibile comprendere l’iter logico giuridico seguito dai giudici per arrivare al rigetto delle richieste istruttorie.

1.1. La censura non merita di essere accolta perchè la sentenza impugnata è sufficientemente motivata e non presenta vizi logici o giuridici, considerato – come è detto nel dispositivo – che la relazione peritale, unitamente ai suoi allegati (che la Corte territoriale ha ritenuto di accogliere nel suo insieme), è parte integrante della stessa sentenza. La relazione peritale, a sua volta, chiarisce con ampie motivazioni le valutazioni effettuate dei beni che componevano il patrimonio ereditario, ed, ad un tempo i criteri adottati per la individuazione o la composizione delle quote per la divisione di quel patrimonio. Pertanto, ciò che solo apparentemente non chiarisce la sentenza è chiarito dalla relazione peritale unitamente ai suoi allegati.

1.1.a. Altro sarebbe ritenere che i ricorrenti lamentano il contenuto della CTU in ordine alle valutazioni dalla stessa compiute (che poi è come se fossero compiute dal giudice) perchè, questo aspetto, atterrebbe al merito, o solleciterebbe una nuova e diversa valutazione delle risultanze peritali, che non può essere compiuta in questa sede, dal giudice di legittimità.

1.1.b. Per queste ragioni (una lettura della sentenza, integrata dalla relazione peritale e dai suoi allegati, l’esame dei criteri di valutazione e di composizione delle quote così come riportati dalla relazione peritale) la sentenza, in esame, non presenta: a) un’insufficiente motivazione dato che il vizio di insufficiente motivazione di una sentenza sussiste allorchè essa mostri, nel suo insieme, un’obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice del merito alla formazione del proprio convincimento; b) e neppure una motivazione contraddittoria, posto che il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultano sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e, cioè, l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa motivazione e violazione dell’art. 729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La Corte di appello di Venezia, secondo i ricorrenti, avrebbe omesso una qualsiasi motivazione sulla richiesta di procedere all’assegnazione delle quote mediante estrazione a sorte per garantire l’esigenza di imparzialità di cui all’art. 729 cod. civ..

2.1. Anche questa censura non coglie nel segno. Intanto, non appare che gli attuali ricorrenti abbiano avanzato, in sede di appello, alcuna censura alla relazione peritale nella parte in cui prospettava un’assegnazione mirata delle quote e sarebbe stata quella la sede per sollecitare una diversa valutazione.

Tuttavia, la sentenza impugnata, così come integrata dalla relazione peritale che come si è detto è parte integrante della sentenza, chiarisce l’opportunità di procedere all’assegnazione mirata e alla attribuzione a ciascun dividente porzioni ben definite, essenzialmente: a) in considerazione del fatto che “almeno” un bene, la casa di abitazione restava di non comoda divisibilità; b) in ragione delle richieste di buona parte degli appellati di ottenere l’assegnazione della casa che in quel tempo abitavano quali possessori e per la quale avevano profuso notevoli spese al fine di assicurare una certa vivibilità della stessa; c) in considerazione dell’interesse della società Asolo costruzioni di vedersi assegnati beni con vocazione edificabile per utilizzarli in proprio stante l’attività che esplicava; d) in considerazione del fatto che i conguagli in denaro che sarebbero stati necessari per compensare ineguaglianza in natura delle quote sarebbero stati sufficientemente contenuti e nel loro insieme accettabili e) nella considerazione che, comunque, agli attuali ricorrenti venivano assegnati determinati immobili di omogenea consistenza rispetto agli immobili di altre quote e cioè: un terreno coltivabile, una casa di montagna, un’area fabbricabile 2.1.a – E’ opportuno evidenziare che è costante, nella giurisprudenza di legittimità, il riconoscimento di un’ampia discrezionalità, del giudice del merito, nell’esercizio del potere di attribuzione delle porzioni ai condividenti, sia nel caso di porzioni diseguali (Cass. 10 febbraio 1979 n. 925), sia nel caso di porzioni uguali (potendosi derogare alla regola del sorteggio) (Cass. 18 gennaio 2007 n. 1091; Cass. 15 luglio 2005 n. 15079), sia nel caso di immobile ritenuto non comodamente divisibile (potendosi derogare al criterio, indicato nell’art. 720 c.c. della preferenziale assegnazione al condividente titolare della quota maggiore: (Cass. 13gio 2010 n. 11641.;), con l’unico limite (rispettato dalla Corte territoriale nel caso in esame) che siano indicati le ragioni di opportunità per procedere ad un’assegnazione mirata.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la contraddittoria motivazione sulla domanda di rendiconto e pagamento dei frutti (violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte territoriale, secondo i ricorrenti, avrebbe ritenuto non provato il terzo motivo di appello, ma, contraddicendosi con quanto affermato in fase di assegnazione del quesito al CTU ove dava per accertato che alcune parti avessero già il possesso dei beni. Il fatto, oltretutto, ritengono i ricorrenti, non necessitava di prova poichè gli appellanti, nei loro scritti difensivi, hanno ammesso di possedere alcuni beni.

3.1. Anche questa censura non merita di essere accolta perchè il rigetto del relativo motivo di appello è stato motivato adeguatamente senza alcun vizio logico. A ben vedere, la Corte territoriale ha preso atto che gli attuali ricorrenti, in precedenza, appellanti, con il terzo motivo di appello avevano lamentato una pretesa preterizione della domanda di rendiconto e di pagamento dei frutti da parte dei condividenti nel possesso dei beni in comunione.

Epperò, rilevava la Corte territoriale che il primo giudice non aveva omesso di pronunciarsi in ordine all’oggetto di cui si dice ma, piuttosto, aveva rigettato la domanda de qua perchè sfornita di prova. Ed ha, altresì evidenziato che non vi erano state contestazioni specifiche in ordine alla ritenuta mancanza di prova e correttamente, avendo ritenuto che ciò era necessario per l’accoglimento della domanda, rigettava coerentemente l’appello relativo alla domanda di rendiconto e di pagamenti di frutti. Solo in questa sede, il ricorrente evidenzia che la prova che il primo giudice aveva ritenuto non esistente, era, invece, esistente per una serie di considerazioni. Tuttavia, non è questa la sede per proporre questioni di merito o per richiedere un riesame della situazione di fatto esaminata, vagliata e valutata dalla Corte territoriale.

3.1.a. Pertanto, la sentenza impugnata non contiene alcuna contraddizione, nè alcuna violazione di legge.

In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, nel rispetto del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannati al pagamento delle spese del giudizio di cassazione così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in Euro 5.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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