Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14187 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 24/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 24/05/2021), n.14187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24004/2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, rappresentata e

difesa dagli avvocati LUIGI NAVACH, MASSIMO NAVACH;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA

SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 1095/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 15/05/2015 R.G.N. 3105/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con sentenza del 15.5.05, la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza del 14.12.12 del Tribunale di Foggia, che – per quel che qui rileva – aveva parzialmente respinto l’opposizione proposta dalla contribuente P.M. avverso cartella con la quale l’INPS aveva chiesto il pagamento dei contributi per il periodo da luglio 1996 al 1999.

In particolare, riteneva la corte territoriale che dalla perdurante iscrizione della contribuente negli elenchi dei commercianti si desumeva – in difetto di prova contraria, nella specie non offerta – lo svolgimento dell’attività lavorativa, con conseguente debito contributivo previdenziale.

Avverso tale sentenza ricorre il contribuente per due motivi, illustrati da memoria; l’INPS ha depositato procura speciale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la corte territoriale trascurato che l’onere della prova del credito è a carico dell’INPS e che la nota amministrativa prodotta in atti non era sufficiente a dimostrarlo.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità del procedimento e si lamenta la mancata revoca della cartella opposta, nonostante l’assenza di prova sull’an e sul quantum del credito da parte dell’INPS.

Il primo motivo, intitolato come “omesso esame” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile in quanto tale, perchè quel che si rimprovera alla sentenza impugnata non è l’omesso esame d’un fatto, ma una sostanziale violazione dell’onere della prova gravante sull’INPS. Peraltro, anche ad ammettere che il motivo, al di là della norma di rito richiamata, rechi una sostanziale deduzione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il motivo è comunque infondato, atteso che – come giustamente notato dalla Corte territoriale – questa Corte ha già avuto modo di statuire, con Cass. n. 8651/10, che “In materia di previdenza a favore degli artigiani e commercianti, la cessazione dell’attività commerciale o di quella artigiana comporta l’estinzione dell’obbligo di versare i relativi contributi dalla data della stessa cessazione, indipendentemente dalla notificazione dell’evento prevista ai fini della cancellazione dall’elenco dei prestatori della specifica attività autonoma. Tuttavia l’iscrizione negli elenchi e il suo mantenimento possono costituire una presunzione semplice di continuazione dell’attività lavorativa, in quanto chiari indizi di svolgimento attuale della corrispondente attività professionale, sia pure suscettibili di essere smentiti da una prova contraria” (conf. Cass. n. 9006/01 e Cass. n. 6625/96).

Il secondo motivo è inammissibile, atteso che da un lato non viene dedotta alcuna violazione, rilevante in relazione al numero 4 richiamato, di norma processuale; dall’altro lato, il motivo – a ben vedere – non è altro che la mera affermazione delle conseguenze dovute in caso di affermata inesistenza del credito contributivo (la cui esistenza, invece, correttamente è stata ravvisata dai giudici di merito).

Nulla per spese, non avendo l’INPS svolto attività difensiva. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

 

 

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