Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14187 del 12/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 12/07/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 12/07/2016), n.14187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23836/2013 proposto da:

FERROVIENORD S.P.A., (c.f./p.i. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA SAN BERNARDO 101, presso l’avvocato GENNARO

TERRACCIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE GIANNI’, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G., COMUNE DI TURBIGO, REGIONE LOMBARDIA;

– intimati –

nonchè da:

B.G. (c.f. (OMISSIS)), in proprio e nella

qualità di procuratrice di B.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMENUELE II 18, presso lo

STUDIO GREZ E ASSOCIATI, rappresentata e difesa dagli avvocati

ANNAROSA CORSELLI, CARLO LUIGI SCROSATI, giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente incidentali –

contro

FERROVIENORD S.P.A., COMUNE DI TURBIGO, REGIONE LOMBARDIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2158/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato TERRACCIANO che si riporta al

ricorso;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

CORSELLI che si riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

principale e dell’incidentale, in subordine rigetto del quinto motivo

del principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G., in proprio e nella qualità e procuratrice della sorella A., convenne in giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Milano, la Ferrovienord S.p.A., il Comune di Turbigo e la Regione Lombardia chiedendo che fossero determinate le giuste indennità di occupazione ed espropriazione, rispettivamente disposte con Decreto 30 settembre 2009 e Decreto 13 dicembre 2010, di un’area estesa mq. 928, già oggetto di edificazione e situata in zona A 2 del territorio comunale, per la realizzazione del progetto di potenziamento della linea ferroviaria (OMISSIS).

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte adita ritenne, per quanto d’interesse, che: a) la pendenza innanzi al giudice amministrativo del giudizio d’annullamento del decreto di espropriazione non comportava l’inammissibilità della domanda indennitaria, avente oggetto diverso, nè imponeva la sospensione del giudizio, per la pregiudizialità di quello amministrativo, data l’accertata “irreversibile acquisizione del bene alla mano pubblica”;

b) l’indennità di espropriazione andava determinata in Euro 662.480,00, in relazione alla natura edificatoria dell’area ed in conformità con la stima del CTU, che aveva tenuto conto delle caratteristiche costruttive del fabbricato realizzabile sull’area ed aveva disatteso la valutazione di Euro 181.000,00 della CPE, intervenuta nelle more del giudizio, a sua volta maggiore dell’indennità provvisoria offerta pari ad Euro 148.480,00, ed in riferimento a tale valore andava liquidata l’indennità di occupazione; c) la società espropriante andava condannata al deposito delle indennità determinate, non constando il deposito di alcuna somma, con gli interessi dalla data dell’emissione del decreto ablativo e dalla scadenza di ciascuna annualità per l’indennità di occupazione.

Per la cassazione della sentenza, Ferrovienord S.p.A. ha proposto ricorso affidato a cinque mezzi, ai quali le sorelle B. hanno resistito con controricorso, con cui hanno proposto ricorso incidentale, illustrato da memoria. Il Comune di Turbigo e la Regione Lombardia non hanno svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, sollevata dalle espropriate. Infatti, compete a questa Corte di legittimità di stabilire il principio in base al quale determinare l’indennità e non anche di fissarne in concreto l’ammontare (in tesi mediante il rinnovo della CTU).

2. Il terzo ed il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente e con priorità, per il loro carattere più liquido, vanno accolti per le considerazioni che seguono. Con essi, la ricorrente censura la statuizione sub b) di parte narrativa, per violazione e falsa applicazione, rispettivamente, del D.P.R. n. 328 del 2001, artt. 32 e 37, per avere la Corte territoriale determinato le indennità, recependo le conclusioni del CTU, senza far comprendere quale momento aveva considerato per la valutazione delle potenzialità edificatorie del fondo, tenuto conto che il valore venale del bene va valutato alla data del decreto di espropriazione, e dando rilievo alla volumetria assegnata all’area quando, invece, al momento dell’espropriazione, l’area era spoglia, sicchè non poteva assumersi a parametro di calcolo il volume edificato preesistente, ma più semplicemente la superficie dell’area in mq. In particolare, i valori sono erroneamente riferiti al momento dell’apposizione del vincolo espropriativo e non rispecchiano l’effettivo stato dei luoghi alla data del decreto di espropriazione, essendo stato indennizzato il valore del costruito al mc (in riferimento al fabbricato demolito in epoca antecedente al procedimento ablativo), quando invece l’oggetto di stima era un’area edificabile.

3. Muovendo da tale ultimo profilo, la violazione dell’art. 37 del TU sulle espropriazioni appare evidente. La Corte territoriale, dopo aver premesso che è stata espropriata, nel 2010, un’area sulla quale sorgeva un fabbricato, demolito nell’anno 2002, ha determinato il dovuto in riferimento al valore unitario di Euro 140,00/mc applicato ai mc 4732 oggetto della costruzione demolita: l’indennità di Euro 662.480,00 in tal modo liquidata, pari al prodotto tra i predetti fattori, costituisce l’indennizzo di un edificio e non di un suolo edificatorio (la mancata deduzione di alcun costo esclude, già da sola, che il valore sia stato ricavato in base al metodo analitico ricostruttivo). Nè tale stima costituisce una valutazione di merito, come paiono ritenere le controricorrenti, tenuto conto che la questione si riverbera sulla stessa identificazione del bene espropriato; quindi sulla (falsa) determinazione del suo valore venale, compiuta in violazione del parametro di legge, che è costituito dall’art. 37 del T.U. e non dall’art. 38, erroneamente applicato ad un area non edificata, ed, infine, sulla corretta applicazione del criterio analitico-ricostruttivo (cui sostanzialmente si è inteso fare riferimento), che, com’è noto, consiste nella determinazione del valore di mercato degli insediamenti da costruire sul suolo che siano consentiti dalla destinazione urbanistica della zona. La stima avrebbe, quindi, dovuto tener conto di tutti gli elementi che concorrono, in concreto, alla determinazione del costo di trasformazione del terreno e alla formazione del valore venale di quanto su di esso si costruisce, e quindi, non solo, dell’entità del costruibile in base agli indici territoriali d’edificabilità, ma anche del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione (Cass. 9891/2007; 21011/2006;

11477/2006; 7518/2001), inoltre di tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e ad un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni.

4. In riferimento agli altri profili delle censure in esame, va rilevato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’espropriante e l’insorgenza a suo carico dell’obbligo di corrispondere l’indennità trovano la loro fonte nel decreto di espropriazione, sicchè la data di emissione del relativo decreto costituisce quella alla quale occorre fare riferimento ai fini della liquidazione dell’importo dovuto, in tal modo imponendo di tener conto, nella determinazione del valore di mercato dell’immobile, della situazione in atto alla predetta data, indipendentemente dall’epoca dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio:

quest’ultima assume, invece, rilievo esclusivamente ai fini dell’accertamento della classificazione urbanistica del fondo, che deve aver luogo prescindendo dalla destinazione allo stesso impressa in vista della realizzazione dell’opera pubblica, non potendo incidere sulla liquidazione dell’indennità gli incrementi o le diminuzioni di valore del suolo dipendenti dalla procedura ablatoria (cfr. Cass. n. 23380 del 2013 e giurisprudenza ivi richiamata).

5. La sentenza va, pertanto, cassata, restando assorbiti gli altri motivi del ricorso principale (relativi ai punti a) e c) di parte narrativa, nonchè all’incidenza sul presente giudizio di quello, asseritamente pendente in sede di merito, ed avente per oggetto l’opposizione avverso la determinazione della CPE), nonchè il motivo del ricorso incidentale (col quale si denuncia l’omesso esame della domanda volta al conseguimento della maggiorazione di cui del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 2).

6. Il giudice del rinvio, che si indica nella Corte d’appello di Milano in diversa composizione, provvederà a determinare le indennità, in conformità dei principi sopra esposti ed a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione i motivi terzo e quarto, assorbiti gli altri ed il ricorso incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016

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