Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14187 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31299-2018 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANNI ANTONIO GURNARI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 232/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 16/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Reggio Calabria, a conferma della sentenza del Tribunale stessa sede, ha rigettato il ricorso di G.F., rivolto a sentir dichiarare prescritto il credito di Euro 26.168,28 contenuto nella cartella di pagamento avente ad oggetto il mancato versamento di contributi IVS per le annualità 2000, 2002, 2004;

la Corte territoriale ha accertato che l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER) aveva notificato al contribuente la cartella relativa alla predetta intimazione di pagamento il 29 gennaio 2007, e che gli atti interruttivi posti in essere dall’Agenzia successivamente alla notifica della cartella esattoriale (iscrizione di ipoteca del 20.4.2010, fermo amministrativo del 19.2.2011 e pignoramento del 19.11.2012) avevano impedito il decorso del termine di prescrizione quinquennale;

ha, altresì accertato la assoluta genericità del disconoscimento dell’avviso di ricevimento della notifica della cartella esattoriale da parte dell’appellante, oltre che la tardività dello stesso, sì come effettuato dall’appellante soltanto alla prima udienza successiva alla produzione del documento da parte dell’Agenzia della riscossione;

la Corte territoriale ha rilevato la mancata opposizione alla cartella esattoriale nel termine perentorio di quaranta giorni, ed ha escluso la possibilità di valutare la prescrizione eventualmente intervenuta per i contributi afferenti ad annualità relative al periodo antecedente alla notifica dell’intimazione di pagamento;

la cassazione della sentenza è domandata da G.F. sulla base di quattro motivi;

l’Inps e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione hanno resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 c.c., nonchè della L. n. 135 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, per avere la Corte d’Appello ignorato che per i contributi relativi ad annualità precedenti alla notifica della cartella di pagamento (2000-2002) il termine quinquennale di prescrizione era già spirato;

con il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2714-2719 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 662 del 1996 ed omessa motivazione;

sostiene di avere operato il disconoscimento di conformità all’originale della copia fotostatica della ricevuta di ritorno della cartella di pagamento quale prova della notifica, e che la Corte territoriale avrebbe pronunciato sulle eccezioni interposte dall’odierno ricorrente senza entrare nel merito, offrendo una “motivazione di mero stile” (p. 5 ric.);

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, consistente nell’avere la Corte territoriale ignorato l’adesione del G. al condono per contributi in agricoltura, con conseguente estinzione dei crediti contestati mediante pagamento in unica rata, avvenuto in data 9 luglio 2008;

col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, contesta violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 30, nonchè omessa motivazione circa la scelta dei criteri di calcolo seguiti per la determinazione degli interessi accessori, sì come distinti dalla somma capitale, in particolare degli interessi di mora calcolati in Euro 5.591,85;

deduce che la quantificazione abnorme degli interessi sarebbe il risultato di un calcolo errato basato sulla massa del debito indistintamente considerata piuttosto che sul contributo originariamente iscritto a ruolo;

il primo motivo è infondato;

la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto formulati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23397 del 2016, affermando, con motivazione priva di vizi logici ed interpretativi, che in mancanza di opposizione nel merito entro quaranta giorni da parte dell’intimato, il tempo intercorrente fra il sorgere della pretesa e la notifica dell’intimazione di pagamento non può essere fatto valere ai fini del computo della prescrizione quinquennale del credito portato in cartella;

il secondo motivo è inammissibile;

nel caso in esame la Corte territoriale ha espresso il proprio libero convincimento circa il fatto che l’odierno ricorrente ha opposto un disconoscimento del tutto generico e tardivo, dunque privo di efficacia, alla conformità all’originale della copia fotostatica della notifica dell’intimazione della cartella;

la censura appare pertanto inammissibilmente formulata, poichè, nella sua genericità, rimanda all’avvenuto accertamento, da parte del giudice del merito, di un fatto del giudizio il cui riesame è escluso in sede di legittimità;

il terzo motivo è infondato;

il tema del sindacato di legittimità sulla motivazione non ha motivo di porsi nel caso in esame, atteso che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.I. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, lo stesso resta limitato alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr., ex multis, Cass. n. 23940 del 2017);

sul punto la Corte d’Appello ha affermato che il condono (“…su cui molto ha insistito parte appellante nell’atto d’impugnazione…” p. 1 sent.), con il correlativo pagamento in data 9.7.2008 mediante bonifico bancario, non riguardava il debito contributivo di cui alla cartella e all’intimazione di pagamento di cui si controverte, precisando che l’appellante non aveva in alcun modo contestato le note dell’Inps in cui veniva precisata tale circostanza nè la documentazione allegata a comprovarne la fondatezza;

in definitiva, l’omessa motivazione non può certo riscontrarsi in presenza di una precisa statuizione in sentenza sul fatto contestato dal ricorrente;

il quarto e ultimo motivo è inammissibile;

la doglianza relativa alla asserita nullità dell’atto di intimazione di pagamento, per non contenere, lo stesso la specificazione dei criteri di calcolo degli interessi di mora, è del tutto generica;

il ricorrente non trascrive e non produce la cartella di pagamento oggetto di contestazione, in violazione del principio di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 ed all’art. 369 c.p.c., n. 6;

in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, in ragione del principio di specificità, il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti glì elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio e accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

in definitiva, il ricorso è infondato;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei controrìcorrenti, che liquida in Euro 2.500,00 a titolo di compensi professionali in favore dell’Inps e in Euro 2.500,00 al medesimo titolo, in favore dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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