Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14186 del 24/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 24/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 24/05/2021), n.14186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23662/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

LIDIA CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;

– ricorrente –

contro

R.J., RE.LE., B.L., in qualità di eredi di

L.C., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dagli avvocati FABIO PETRACCI, ALESSANDRA MARIN;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 46/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 10/04/2015 R.G.N. 58/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con sentenza del 10.4.15, la Corte d’Appello di Trieste ha confermato la sentenza del 13.12.11 del Tribunale della stessa sede che – per quel che qui rileva – aveva accolto la domanda del signor L. volta alla ricostituzione della posizione assicurativa sulla base dei periodi lavorativi svolti in (OMISSIS) ed alla rideterminazione della pensione.

In particolare, al fine di individuare il parametro retributivo da utilizzare per la ricostruzione della posizione assicurativa della L. n. 269 del 2006, ex art. 1, comma 1264, la Corte territoriale ritenuti inapplicabili sia il minimale retributivo di cui al D.L. n. 338 del 1989, art. 1, convertito in L. n. 389 del 1989, proprio per il suo carattere retributivo, sia per altro verso il minimale contributivo di cui al D.L. n. 463 del 1983, art. 7, convertito in L. n. 638 del 1983, per la necessità di distinguere i settori di attività lavorativa rilevanti per la contribuzione – ha richiamato le tabelle allegate al D.L. n. 402 del 1981, art. 1, convertito in L. n. 537 del 1981, ed in particolare la categoria del personale con qualifica dirigenziale, (essendo stato il L. docente di scuola superiore e poi docente universitario); sulla base di tali tabelle, ha quindi determinato il trattamento pensionistico spettante al lavoratore, ravvisando differenze a credito dello stesso.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo, cui resistono gli eredi del signor L. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1164, D.M. 31 luglio 2007, art. 2, L. n. 843 del 1978, art. 20,D.L. n. 402 del 1981, art. 1, convertito in L. n. 537 del 1981, e del D.L. n. 463 del 1983, art. 7, convertito in L. n. 639 del 1983, per non avere la sentenza impugnata applicato il criterio ex D.L. n. 463 del 1983, nonostante fosse norma speciale sopravvenuta rispetto a quella applicata e per avere considerato la specifica attività lavorativa e noi invece il mero settore di appartenenza della stessa quale elemento rilevante ai fini contributivi.

I controricorrenti hanno eccepito l’irritualità della notifica del ricorso, in ragione del decesso del decesso del signor L. in pendenza del termine per impugnare la sentenza d’appello.

La deduzione è priva di pregio, avendo questa Corte già precisato (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 11203 del 14/05/2009, Rv. 608326-01) che, in caso di morte della parte, avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza e durante il decorso del termine di impugnazione, l’impugnazione stessa, se proposta nei confronti della parte deceduta e notificata presso il suo procuratore costituito nel grado precedente di giudizio, è inammissibile solo se risulti che l’impugnante era a conoscenza del decesso, anche se tale conoscenza non è correlata a specifica dichiarazione del procuratore. Nella specie, ove ricorrono in fatto i presupposti di applicazione del principio, l’indicata conoscenza non risulta in alcun modo.

Nel merito, occorre preliminarmente ricordare che la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1164, nel rimandare a successivo decreto ministeriale le modalità attuative della disposizione, stabilisce che “A decorrere dall’anno 2008, i cittadini italiani rimpatriati dall’Albania possono ottenere a domanda, dall’INPS, la ricostruzione, nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, delle posizioni assicurative relative a periodi di lavoro dipendente ed autonomo effettivamente svolti nel predetto Paese dal 1 gennaio 1955 al 31 dicembre 1997”. Il successivo decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 31 Luglio 2007 all’art. 2 prevede che “La ricostruzione della posizione assicurativa nell’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dà titolo al riconoscimento, ai fini del calcolo della pensione, di una anzianità contributiva corrispondente all’effettivamente lavorato in Albania di valore pari alla retribuzione mensile sul minimale di contribuzione vigente in Italia nei periodi interessati dalla ricostruzione per i rispettivi settori.

Questa Corte, con sentenza Cass. Sez. L n. 17257 del 02/07/2018 (Rv. 649605 – 01) ha affermato che il diritto alla ricostruzione della posizione assicurativa relativa ai periodi di lavoro, sia dipendente che autonomo, prestato in Albania dal 1 gennaio 1995 e fino al 31 dicembre 1997 da cittadini italiani successivamente rimpatriati, ha natura previdenziale e non assistenziale, come emerge dalla lettera della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1164 e del D.M. 31 luglio 2007, art. 2, che fanno riferimento all’effettivo lavoro e ai diversi settori lavorativi, sicchè la disciplina applicabile per individuare il minimale contributivo cui va parametrata la ricostruzione è quella di volta in volta vigente nel tempo in Italia, nei diversi settori di attività e per i periodi corrispondenti, senza che possa applicarsi un unico criterio normativo di riferimento (come si giustificherebbe solo se la prestazione avesse un carattere assistenziale).

La medesima pronuncia ha ricordato che la legge ha voluto assicurare ai cittadini italiani rimpatriati dall’Albania con la normativa sopra riportata è una “posizione assicurativa”, corrispondente ai periodi di lavoro dipendente o autonomo effettivamente svolti in Albania, e di valore pari a quella cui essi avrebbero avuto diritto se avessero lavorato in Italia; ciò al fine del raggiungimento dell'”anzianità contributiva” richiesta per l'”erogazione di una prestazione pensionistica” di natura previdenziale nell’ambito dell’AGO; mentre non rileva per la legge se i medesimi cittadini italiani abbiano o meno conseguito una pensione straniera per effetto della stessa attività svolta in Albania. Si è quindi pure escluso che ai fini in questione si possa applicare sempre e soltanto un’unica normativa in materia di minimale contributivo, posto che la legge fa riferimento invece al “minimale di contribuzione vigente in Italia nei periodi interessati”; inoltre, poichè la stessa normativa dettata in materia è mutata nel corso del tempo, non si può applicare un unico criterio normativo di riferimento, dovendo bensì trovare applicazione i diversi criteri vigenti nel periodo di svolgimento dell’attività lavorativa in relazione alla quale occorre operare la ricostruzione della posizione contributiva, dando rilievo all’attività lavorativa effettivamente svolta nei settori e con le qualifiche di riferimento, se ed in quanto assumano rilievo ai fini dell’applicazione della stessa normativa vigente nel tempo.

Al principio indicato il Collegio intende dare continuità, essendo dunque necessario da un lato distinguere i minimali in relazione al quadro normativo vigente nei diversi periodi lavorativi, e dall’altro lato, dovendo tenersi conto della specifica attività lavorative svolta ove rilevante dalla normativa applicabile.

La sentenza impugnata ha applicato un unico minimale per tutto il periodo lavorativo, senza tener conto dei minimali retributivi applicabili ratione temporis, ed in particolare di quelli relativi al periodo successivo al 1981.

Per le ragioni esposte il ricorso va accolto e la sentenza deve essere quindi cassata; la causa va rinviata alla corte d’appello di Venezia per un nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

In considerazione dell’esito del giudizio non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla corte d’appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2021

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