Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14186 del 12/06/2010
Cassazione civile sez. II, 12/06/2010, (ud. 19/02/2010, dep. 12/06/2010), n.14186
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21475-2007 proposto da:
D.R.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato LOBINA PAUDICE MARIA
GRAZIA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
PREVITERA MARIA RACHELE, BELFIORE CORRADO, giusta mandato a margine
del ricorso;
– ricorrente –
contro
P.C., B.O., elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA BOEZIO N. 14, presso lo studio dell’avvocato LIBERTINI
MARIO, che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– controricorrenti –
e contro
G.P.L., G.P.G.;
– intimate –
avverso la sentenza n. 99/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del
29/11/06, depositata il 27/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;
udito l’Avvocato Lobina Paudice Maria Grazia, difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI che
conferma la relazione scritta.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania ha, in particolare, accolto l’appello incidentale dei sigg.
P.C. e B.O. avverso la sentenza di primo grado e rigettato, pertanto, la domanda di retratto successorio di un fondo rustico proposta dalla sig.ra D.R.V.;
che la Corte di merito ha in proposito premesso, in diritto, che l’art. 732 c.c. si applica soltanto agli atti di alienazione della quota ereditaria o parte di essa, e non di singoli cespiti ereditari, e ha quindi osservato, in fatto, che nella specie le parti avevano inteso concludere la vendita di un singolo cespite, non di una quota ereditaria, atteso che nell’asse rientravano anche altri cespiti (la proprietà di 1/8 di un vano aggrottato e di una casa, nonchè alcuni depositi bancari di importo non rilevante) i quali, pur essendo singolarmente di non rilevante valore, tuttavia concorrevano a determinare l’asse ereditario anche in considerazione del loro valore complessivo, raffrontato al valore del fondo oggetto della controversia; che la sig.ra D.R. ha quindi proposto ricorso per cassazione per un solo, complesso motivo, con cui denuncia violazione dell’art. 732 c.c. e vizio di motivazione;
che i sigg. P. e B. hanno resistito con controricorso;
che, con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
ritualmente comunicata, il Consigliere relatore ha ipotizzato l’inammissibilità del ricorso per difetto del quesito di diritto e della chiara indicazione del fatto controverso, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.;
che la ricorrente ha replicato con memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che indubbiamente il ricorso non contiene rituale formulazione del quesito di diritto previsto dalla norma codicistica, essendo questo formulato in termini assolutamente generici (“Accerti la Corte se vi è stata falsa applicazione dell’art. 732 c.c.”);
che, invece, non può dirsi carente, sotto il profilo del richiamato art. 366 bis c.p.c., la formulazione della censura di vizio di motivazione, essendo sufficientemente chiaro che il fatto controverso, cui si riferisce il vizio, è costituito dall’oggetto della vendita divisato dalle parti (un bene determinato piuttosto che una quota ereditaria), e che le ragioni del vizio consistono in ciò, che la Corte di appello non ha condotto l’indagine sui beni ereditari e sulla volontà delle parti ed ha omesso di indicare su quali basi abbia ritenuto di escludere che la vendita del fondo fosse da considerare come vendita di una quota ereditaria;
che tuttavia detta censura è inammissibile per altre ragioni, ossia perchè la Corte di appello ha invece motivato sul punto in discussione nei termini sopra riferiti nella narrativa in fatto, e perchè la pretesa della ricorrente di dare preponderante rilievo alla circostanza che, mentre il fondo alienato era di proprietà esclusiva del de cuius (sig.ra D.R.G.), gli altri beni ereditari menzionati dalla Corte di appello erano in comproprietà con terzi ed avevano scarso valore, o che la vendita era stata realizzata con più atti notarili distinti, rogati a distanza di tempo l’uno dall’altro, rimanda, a tutta evidenza, a una inammissibile rivisitazione del merito delle valutazioni compiute dal giudice di secondo grado;
che pertanto il ricorso va respinto, con condanna della soccombente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore dei controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui 2.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore dei controricorrenti in solido.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2010