Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14186 del 07/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/06/2017, (ud. 23/02/2017, dep.07/06/2017),  n. 14186

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3685-2012 proposto da:

V.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PINEROLO 22, presso lo studio dell’avvocato MARCO ROSSI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO ANDREUCCI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

CREDITPARTNERS SAS DI B.M. & C., P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 7, presso lo studio

dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 618/2010 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/01/2011 R.G.N. 692/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIORGIO ANDREUCCI.

udito l’Avvocato LUIGI FEDELI BARBANTINI per delega verbale MARIA

TERESA BARBANTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione del 28.5.2004 V.S.conveniva davanti al Tribunale di Forlì la società CREDITPARTNERS sas di B.M. & C. (in prosieguo, CREDITPARTNERS sas) esponendo di avere svolto incarico di procacciatore di affari per conto della società – agente della compagnia di assicurazioni VISCONTEA spa – e chiedendo la condanna della parte convenuta al pagamento delle provvigioni maturate nel periodo da maggio ad agosto 2003, dei conguagli di fine anno, delle provvigioni per le polizze rinnovate; in subordine, chiedeva condannarsi la società al pagamento della indennità di risoluzione del rapporto ed al risarcimento del danno ovvero, in ulteriore subordine, al pagamento dell’indennizzo ex art. 2041 c.c.

Disposto il mutamento del rito, il giudice del lavoro disattendeva la richiesta di parte attrice per la concessione del termine per la integrazione degli atti ex art. 426 c.p.c.; con sentenza del 9.3.2006 rigettava la domanda.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 25-5.2010/26.1.2011 (nr. 618/2010) respingeva l’appello del V..

Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale rigettava il motivo di appello relativo alla mancata applicazione dell’art. 426 c.p.c., osservando che l’appellante non aveva indicato specificamente le conseguenze di tale omissione e trascurato di considerare che in ogni caso il giudice del primo grado aveva consentito il recupero delle prove testimoniali ex art. 421 c.p.c..

Il V. lamentava la mancata audizione della teste O.C., la quale, tuttavia, avrebbe dovuto riferire su una circostanza non rilevante; in ogni caso le prove richieste nel grado di appello erano nuove e vertevano su fatti irrilevanti o generici o non decisivi.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso V.S. articolando due motivi.

Ha resistito con controricorso la società CREDITPARTNERS sas.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 426 c.p.c.. La censura investe la statuizione della Corte territoriale sulle conseguenze della mancata assegnazione da parte del giudice del primo grado del termine per la integrazione degli atti all’esito del passaggio dal rito ordinario al rito speciale del lavoro.

Il ricorrente, pur concordando sul rilievo della necessità, ai fini della integrazione del vizio di nullità della sentenza, che dalla mancata concessione del termine fosse derivato un pregiudizio al diritto di difesa – ha assunto la erronea valutazione da parte della Corte di merito delle allegazioni da lui svolte sul punto.

Egli aveva esposto che nonostante la ammissione di alcuni testi indicati in udienza non gli era stato consentito di formulare nuovi capitoli di prova nè di produrre documenti. In corso di causa era stata ritenuta inammissibile la produzione dei conteggi elaborati da uno dei testi di causa (la teste A.) relativi ai crediti maturati per provvigioni, impedendo l’esame del teste sul punto.

In sede di appello egli aveva chiesto di essere ammesso alla produzione del documento, alla integrazione della deposizione della teste A. nonchè alla audizione della teste O.C. – che era subentrata nella attività svolta dalla A. – sulla stessa documentazione e sollecitato l’espletamento di ctu, previa esibizione da parte della società convenuta della documentazione in suo possesso.

Tali mezzi istruttori non erano stati ammessi perchè nuovi, in palese contraddizione con la affermazione della mancata compressione nel primo grado del suo diritto di difesa.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La censura investe la statuizione, ulteriore e concorrente rispetto al rilievo di novità, di irrilevanza, genericità e non decisività dei mezzi istruttori richiesti in appello.

Il ricorrente ha trascritto in ricorso (alla pagina 7) i capitoli della prova articolati ed ha dedotto che la rilevanza di essi derivava dalle stesse dichiarazioni della teste A. nel primo grado, la quale aveva confermato che egli rilasciava fatture per prestazioni occasionali e veniva pagato senza cadenza fissa.

La teste O., subentrata alla A., avrebbe riferito sui crediti da lui maturati.

I capitoli di prova non erano generici perchè relativi ai conteggi delle provvigioni maturate effettuati dalle medesime testi, di cui si chiedeva la acquisizione agli atti.

Da ultimo, la decisività delle prove doveva valutarsi non già rispetto alle singole emergenze istruttorie ma al complesso degli elementi di prova.

Il teste R.G., subagente della società CREDIPARTNERS sas e dal maggio 2002 dipendente della società, alla udienza del 2.9.2005 aveva confermato la attività di procacciatore di affari da lui svolta per la CREDITPARTNERS sas; tanto bastava a fondare il suo diritto alle provvigioni, da corrispondersi ogni anno sulla base del volume d’affari realizzato dall’impresa.

I due motivi, in quanto connessi, devono essere esaminati congiuntamente. Preliminarmente va data continuità al principio di diritto già affermato da questa Corte (Cass. 16.1.2001 nr. 511; nr. 1274/1991) secondo cui nelle ipotesi di passaggio dal rito ordinario al rito speciale ex art. 426 c.p.c. la circostanza che nella ordinanza di fissazione della udienza di discussione manchi la assegnazione alle parti di un termine perentorio per l’eventuale integrazione degli atti mediante memorie o documenti non determina alcun vizio del procedimento ove non risulti che tale omissione abbia in concreto comportato pregiudizio e limitazioni al diritto di difesa.

L’ art. 111 Cost. assegna rilievo costituzionale al principio della ragionevole durata del processo, al pari del diritto alla difesa; il principio di ragionevole durata del processo porta ad escludere interpretazioni che prevedano la regressione del processo per il mero rilievo della mancata realizzazione di determinate formalità dove, in concreto, la omissione delle stesse non abbia comportato alcuna limitazione delle garanzie difensive.

Dovendo, poi, essere apprezzato in concreto il pregiudizio delle facoltà difensive, la parte non potrebbe genericamente dolersi della mancata possibilità di integrazione delle istanze istruttorie, comunque ammesse ed espletate; diversamente il vulnus delle garanzie difensive sarebbe astratto e sempre presente.

La parte ha dunque l’onere di specificare quali ulteriori istanze istruttorie sarebbero state proposte e non hanno trovato ingresso nel processo in conseguenza della mancata assegnazione del termine per la integrazione degli atti.

Sotto questo profilo il primo motivo si collega al secondo, in quanto la Corte territoriale ha valutato le istanze istruttorie, indicate nell’atto di appello e le ha ritenute non solo nuove (in ciò venendo in rilievo il possibile vizio di falsa applicazione dell’art. 426 c.p.c.) – ma altresì irrilevanti (per i capitoli di prova identificati con i nn. 1, 4 e 5) o generiche (capitoli 2 e 3).

Tale ratio decidendi esclude il vizio del procedimento qui in discussione; la statuizione di inammissibilità delle richieste istruttorie comporta che in concreto la parte non abbia subito pregiudizio alcuno al suo diritto alla prova per effetto della mancata applicazione dell’art. 426 c.p.c..

Il secondo motivo di ricorso, relativo alla predetta statuizione, è infondato.

Il giudizio di rilevanza dei mezzi istruttori costituisce giudizio di fatto sindacabile in questa sede di legittimità sub specie di vizio della motivazione (cfr. Cass. SU nr. 8078/2012,in motivazione).

Nella fattispecie di causa trova applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio”(ex plurimis: Cass. n. 10156 del 2004).

La Corte di merito ha congruamente motivato il proprio giudizio di irrilevanza e di genericità dei capitoli di prova articolati in grado di appello; quanto ai capitoli sub numeri 1, 4 e 5, in quanto vertenti sulle modalità generali di svolgimento del rapporto tra le parti di causa (mentre la Corte di merito ha ritenuto carente la prova non già del rapporto di procacciamento di affari ma degli specifici crediti per provvigioni e conguagli azionati) e quanto ai capitoli 2 e 3, in quanto non contenenti indicazione di concrete circostanze di fatto inerenti ai crediti oggetto di causa.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017

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